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Il Green pass non sfonda, No vax asserragliati: la controffensiva di Figliuolo

Figliuolo No Vax

Grandi manovre al ministero della Salute per far ripartire la campagna vaccinale che il governo non può permettersi di perdere. Dai tamponi che durano 24 ore nelle zone gialle ai green pass solo dietro vaccinazione in quelle rosse: Figliuolo ha dichiarato guerra ai No Vax. A preoccupare soprattutto i 2,7 milioni di over 50 senza copertura

C’è agitazione al ministero della Salute: il Green pass, che pure aveva ottenuto ottimi risultati in estate, quando era divenuto indispensabile per prendere parte alla movida tanto cara ai giovani, non dà i frutti sperati. Anzi, secondo quanto trapela, siamo ben sotto le stime elaborate dai tecnici e che avevano spinto Palazzo Chigi ad accelerare, così da avere l’80% della popolazione over 12  vaccinata a settembre (traguardo raggiunto solo il mese dopo) e il 90% entro la metà di ottobre, target che ora è stato posto a fine anno, ma che potrebbe proprio sfumare. Anche perché parliamo, appunto, degli italiani sopra i 12 anni: includendo la fascia al di sotto, si perde un’ulteriore decina di punti percentuali e si scivola sul 70% del totale. Cosa vuol dire? Che sono ancora troppi coloro che possono fare da serbatoio per il Covid, da cantera per le nuove varianti. A preoccupare sono soprattutto i circa 3 milioni (per la precisione, 2,7) di over 50 senza copertura. E allora, trapela dal dicastero della Salute, è stato già preparato un piano B, anzi, pure un piano C e un piano D, perché il mirino del generale Francesco Paolo Figliuolo  è ora puntato sui No Vax.

Il governo sembra aver cambiato proprio obiettivo: non più guerra al virus, ma guerra a chi, per mille ragioni, ha deciso di sfruttare la libertà di scelta e non vaccinarsi. Pare che Figliuolo scalpiti e abbia già consegnato al ministero diversi piani d’azione per stanare i No Vax. Ma alla linea interventista di Roberto Speranza e del sottosegretario Pierpaolo Sileri si contrappongono non solo i dubbi dell’omologo Andrea Costa, ma anche della maggioranza che sostiene l’esecutivo e che inizia a credere che più di quanto è già stato fatto non si dovrebbe fare, per non esasperare gli italiani, soprattutto se non si vuole che disertino la terza dose.

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E allora il piano di Figliuolo per arrivare agli ultimi, irriducibili, No vax sarebbe stato sfilettato in più interventi, collegati nuovamente ai colori pandemici delle Regioni e ai numeri della pandemia. Non un intervento in un’unica soluzione, insomma, ma una escalation cui ricorrere se tutto dovesse precipitare e anche l’inverno 2021 riservasse una nuova ondata. La ratio del piano di Figliuolo è rendere i tamponi anti-economici per i No Vax: duecento euro al mese è una somma che in molti possono sopportare, se è solo da qui alla fine dell’anno. Ci sono pure le vacanze di Natale di mezzo, alcune feste come l’1 novembre e il ponte dell’8 dicembre e, qua e là, si possono sempre piazzare assenze strategiche per scampare a qualche temibile cotton fioc nel naso e risparmiare una quindicina di euro.

Per questo Figliuolo avrebbe già proposto di allungare l’obbligatorietà del green pass fino a fine marzo: per essere sicuri di superare l’inverno e non avere il combinato di influenza ed epidemia di Covid a gravare sugli ospedali, la spiegazione ufficiale. Per fare incetta di No Vax quella ufficiosa. Un’altra versione del piano parla, come termine ultimo, di giugno. Non tutti sono d’accordo, anche perché il green pass è una limitazione alle libertà personali e, come tale, è stata collegata allo stato di emergenza, che termina a fine anno e dovrebbe allora essere prorogato e votato dal Parlamento, ma la Lega potrebbe riservare sorprese e i prossimi mesi saranno già incandescenti perché le Aule saranno impegnate con la Legge di Bilancio, che deve essere approvata entro l’anno, o scatta l’esercizio provvisorio. Non aiuta il fatto che, nelle ultime ore, il parlamento tedesco abbia deciso di non estendere ulteriormente lo stato di emergenza, dichiarato per la pandemia di Covid-19, destinato perciò a estinguersi il prossimo 25 novembre.  Questo nonostante sono 23.212 i casi postivi registrati nelle ultime 24 ore (una settimana fa erano 17.015). Anche l’incidenza settimanale dei casi su 100 mila abitanti è aumentata a 118 (ieri era arrivata a 113, e sette giorni fa a 80,4).

Se i principali Paesi europei uscissero dall’emergenza, anche per un presidente del Consiglio autorevole come Draghi sarebbe difficile prorogare le restrizioni, soprattutto se dovessimo continuare a essere la nazione col minor numero di casi. L’alternativa già prevista allora dal ministero di Speranza sarebbe legare l’obbligo ai mestieri al contatto con il pubblico: autisti del tpl, impiegati agli sportelli e forze dell’ordine potrebbero essere costretti a presentare il certificato fino all’estate. Ma anche questa ipotesi agita, per timore di nuovi disordini.

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Ecco perché il “piano B” ha presto lasciato il posto a quello C e pure a quello D. Una ulteriore alternativa sarebbe ridurre la durata del tampone: 24 ore, forse persino 12. Una ipotesi che piace già di più e che, per non creare fratture politiche, la si collegherebbe ai colori cromatici della avanzata della pandemia: nelle regioni gialle i tamponi dovrebbero durare di meno, perché, è la giustificazione, è più facile beccarsi il virus e quindi l’istantanea scattata dai test si più inaffidabile. Non solo: più tamponi più si terrà d’occhio il virus dove serve maggiormente. In questo caso, i No Vax vedrebbero raddoppiare le spese già messe in conto e finirebbero nella rete del generale Figliuolo. Non contento, il militare ha comunque già approntato anche una ulteriore ipotesi: green pass solo col vaccino. Potrebbe, trapela, entrare in gioco solo dove le regioni si tingono di rosso. Un lockdown mirato, selettivo, sulla scorta dell’esempio austriaco.

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