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Che cosa succede nel Movimento 5 Stelle

Movimento 5 Stelle

I graffi di Damato sulle piroette di Luigi di Maio e Alessandro Di Battista e sulla saluta (precaria) del Movimento 5 Stelle

Se ne sono accorti solo alla Stampa, che ne ha riferito in prima pagina, ma la notizia della decisione di Luigi Di Maio di preferire un tour politico in Sicilia alla riunione dei ministri degli Esteri del G20 in Giappone, ad Aichi-Nagoya, aiuta a capire lo stato di salute, e purtroppo anche di credibilità internazionale, del governo italiano e della sua maggioranza. “Chissà chi si accorgerà a Nagoya” dell’assenza del titolare della Farnesina “ma se l’Italia non è abbastanza interessata, pazienza. Il mondo va avanti lo stesso”, ha scritto Stefano Stefanini sul giornale torinese molto sensibile, per tradizione, alla politica internazionale.

Ma, più che dal suo tour politico in Sicilia, a leggere un altro quotidiano più interessato, di solito, alla politica interna italiana, la Repubblica, Di Maio nella sua triplice veste di capo ancòra del Movimento delle 5 Stelle, capo della delegazione grillina al governo e ministro degli Esteri sembra impegnato -peraltro in ritrovata sintonia con Alessandro Di Battista, che pure sembrava in viaggio non ricordo più dove per stare il più lontano possibile dal quadro politico del nuovo governo- in quella che lo stesso giornale fondato da Eugenio Scalfari ha definito in un vistoso titolo di prima pagina una “trappola per Conte”. O, se preferite fermarvi al cosiddetto occhiello di questo titolo, la “fine di un amore”, se davvero c’è stato amore fra Di Maio e il presidente del Consiglio, specie da quando l’uno è entrato in crisi nel proprio movimento, schiacciato dalle perdite elettorali, e l’altro è apparso, a torto o a ragione, in grado di contendergli il ruolo di guida con l’aiuto, dietro i cancelli delle sue ville, del fondatore, “elevato” e quant’altro. Che è naturalmente Beppe Grillo.

La coppia stellare Di Maio-Di Battista si è ritrovata nella più o meno repentina o minacciosa richiesta di chiarimenti al presidente del Consiglio sull’adesione al cosiddetto fondo europeo salva-Stati, o Mes, acronimo di Meccanismo europeo di sviluppo. Che avrebbe l’inconveniente di danneggiare, almeno potenzialmente, l’Italia rispetto agli altri paesi dell’Unione a causa, fra l’altro, del suo noto ed enorme debito pubblico e dei criteri con cui valutarlo. Ma prima ancora della coppia stellare Di Maio-Di Battista questa contestazione a Conte era stata sollevata dal leader leghista Matteo Salvini fra un comizio e l’altro della campagna elettorale regionale d’Emilia Romagna, inseguito e contestato dalle “sardine” di cui sono piene piazze e prime pagine di giornali. E così in qualche modo si è ricostruita almeno sulla carta, per ora, la vecchia maggioranza gialloverde.

Si dà tuttavia il caso, come qualche solerte cronista o osservatore ha scoperto consultando gli atti parlamentari, che di questo benedetto o maledetto fondo europeo salva-Stati il presidente del Consiglio riferì al Parlamento il 19 giugno scorso ottenendo una risoluzione favorevole dalla maggioranza di allora, che era proprio quella gialloverde.

A pensarci bene, e tutto sommato, con la memoria che ha dimostrato di avere, forse Di Maio ha fatto bene a decidere di disertare l’appuntamento del G20, evitando così altri infortuni. E farebbe male a ripensarci, come gli ha invece chiesto l’incauto Stefanini sulla Stampa.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

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