skip to Main Content

Cosa c’è di nuovo sul caso Sgarbi

Sgarbi

I peggiori nemici di Vittorio Sgarbi sono purtroppo i suoi adoratori. I graffi di Damato

Pierluigi Magnaschi nel riprendere amichevolmente sulla sua ItaliaOggi i mei graffi su Vittorio Sgarbi a commento della  recentissima espulsione dall’aula della Camera, dove il famoso critico d’arte si era lasciato andare più del solito alle sue  intemperanze, li ha titolati così: “Purtroppo il principale nemico di Sgarbi è lui stesso”. Mi sono riconosciuto in quella sintesi, ma a leggere poi l’articolo che lo stesso Sgarbi si è dedicato sul Giornale e l’intervista rilasciata alla Verità per  difendersi dalle critiche ricevute — e  tornare a insolentire, fra l’altro, la “stridula” collega di partito Mara Carfagna, che da presidente della seduta ne aveva ordinato l’espulsione — mi sono reso conto che i peggiori nemici di Sgarbi sono i suoi più sfegatati sostenitori.

I PIÙ SFEGATATI SOSTENITORI

Costoro, peggiori anche dei giornalisti televisivi che ne hanno fatto quasi l’ospite fisso delle loro trasmissioni, lo hanno sommerso di messaggi di solidarietà paragonando addirittura quelle foto dei commessi di Montecitorio che lo sollevano di peso per portarlo fuori dall’aula alla “deposizione di Cristo” dipinta, indifferentemente, dal Caravaggio esposto nei Musei Vaticani o dal Raffaello esposto alla Galleria Borghese.

Compiaciuto da simili paragoni di “menti gentili e coltivate”, Sgarbi ha metaforicamente gonfiato il petto sino a farlo esplodere in articoli e interviste grondanti già nei  titoli di prima pagina rivelatori del contenuto: “Sono diventato un’opera d’arte tra Raffaello e Caravaggio”, naturalmente nell’esercizio, a suo modo, dell’”opposizione in aula”. Dove i suoi colleghi di Forza Italia e, più in generale, del centrodestra sarebbero capre, o quasi.

SULL’ARTICOLO A FIRMA SGARBI

Nella presunzione di essergli e di rimanergli amico, anche al netto di tutti gli insulti di cui vorrà gratificarmi, voglio contestare, in particolare, due passaggi almeno del suo lungo articolo sul Giornale.

Il primo passaggio è quello in cui Vittorio se l’è presa con gli stenografi e resocontisti della seduta della Camera, che gli avrebbero attribuito a torto della “troia” rivolta ad una collega dissidente, essendosi lui limitato  a gridare “trojan” per riferirsi al sistema di infiltrazione adottato dagli inquirenti per acquisire tutto il traffico del telefonino di Luca Palamara: il magistrato che ha in qualche modo certificato quello che Ernesto Galli della Loggia ha appena definito sul Corriere della Sera “l’intrallazzo correntizio” e “collusivo con la politica” delle carriere giudiziarie. Su cui potrebbe ben starci anche un’inchiesta parlamentare, purché chiesta senza preventive condanne di massa per mafia. In verità, quando ne era stata disposta e annunciata l’espulsione, Sgarbi aveva già smesso di parlare di Palamara e del suo telefonino. E quella parolaccia ben si addice alle abitudini verbali dello Sgarbi furioso più del famoso Orlando.

Il secondo passaggio dell’articolo che mi ha francamente infastidito è quello in cui Sgarbi si è vantato di non avere  voluto fare di quella della Camera “l’aula della menzogna”. Beh, caro Vittorio, consentimi di ricordarti che a questo già provvidero ai loro tempi Giacomo Matteotti col famoso discorso  sui brogli elettorali dei fascisti che gli sarebbe costatato la vita, Aldo Moro contestando l’esagitato deputato dell’estrema sinistra che reclamava processi “in piazza” alla Dc e Bettino Craxi quando sfidò nel silenzio assoluto i suoi critici ed avversari a smentire di non avere fatto ricorso anche loro al finanziamento illegale della politica.

 

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top