Un solo centimetro e il mondo sarebbe stato diverso. I quotidiani analizzano quanto successo al leader repubblicano descritto come “il nuovo messia”, sopravvivendo ha evitato una guerra civile. Lui intanto ha scelto come suo vice il giovane senatore dell’Ohio, J.D. Vance, ex marine che incarna l’isolazionismo americano
Ci sono poche immagini destinate alla Storia. Di certo quella del proiettile che passa ad un centimetro dalla testa di Donald Trump lo è. La storia sarebbe stata diversa se quel colpo fosse andato in porto? Chi può dirlo, di certo, a leggere i quotidiani le presidenziali americane sono già segnate, sia per la scarsa reattività di Joe Biden sia per l’astuzia del leader repubblicano che scegliendo il giovane senatore dell’Ohio, J.D. Vance ha strizzato l’occhio all’America più oltranzista come scrive Gianni Riotta su Repubblica. “Vance è la figura di conservatore americano all’antica, senza privilegi, rampollo della nazione tradizionale, persuaso che con la fatica il cittadino povero riesca ad emergere anche nel nostro secolo: quanto questa storia antica abbia forza oggi lo vedremo a novembre, ma Donald Trump ha scelto bene il suo campione, un Hillbilly alla Casa Bianca”.
I MERCATI DICONO CHE TRUMP HA GIA’ VINTO
Ne sono convinti anche i mercati finanziari che spesso anticipano quelle che saranno le mosse della politica. A leggere l’analisi di Vito Lops sul Sole24ore i mercati danno quasi per certo il bis del tycoon americano. “I sondaggi danno una vittoria di Donald Trump alle elezioni di novembre per il 47esimo presidente degli Stati Uniti come favorito con il 70% dei consensi. In questa direzione il mercato sta incrementando i posizionamenti – scrive il giornalista – Al momento gli investitori sembrano avere un’idea ben chiara di quello che potrebbe essere il “Trumpfolio” ideale. Più azioni e meno obbligazioni. Con un occhio di riguardo alle materie prime”. Ma è bastato solo un “proiettile mancato” a cambiare l’esito della storia? A descrivere bene cosa sia diventato Donald Trump ci pensa Giorgio Ferrari su Avvenire “autore del fantomatico Make America Great Again, soffia sulla frustrazione di milioni di losers, i perdenti, gli americani dimenticati dal progresso liberal e dalla cecità dei dem che hanno finito per specchiarsi ingannevolmente nel ridotto dei grandi giornali, come il “New York Times” e il “Washington Post”, credendo che la realtà nazionale fosse quella. Invece la realtà era – per lo meno per mezza America – quella dell’uomo dal ciuffo arancione, che incantava il popolo dei rednecks e degli evangelici e nel frattempo si mangiava a colazione la Corte Suprema, attirando fondi a pioggia dai magnati degli armamenti, del petrolio, di Wall Street. Ora è lì, a Milwaukee, a incoronarsi da solo, come Napoleone. Ostentando con la teatrale furbizia dell’uomo di palcoscenico un nonsoché di moderazione, di studiata saggezza. In molti finiranno per credergli di nuovo”.
I DEMOCRATICI DEVONO CAMBIARE TUTTO, ALTRIMENTI E’ FINITA
Sulla sponda democratica a poche settimane dal voto di novembre l’attentato contro The Donald impone un cambio di strategia. Ne è convinto Aldo Cazzullo e lo spiega nel suo editoriale in prima sul Corriere della Sera: “Non significa che per i democratici sia finita. Ma serve sia una grande novità, sia una grande prudenza, per evitare che la partita decisiva venga giocata sul campo di Trump e con le sue regole. Più che gridare alla fine della democrazia, il modo migliore per opporsi a Trump è presentarsi come una forza pacificatrice, inclusiva, «tranquilla» avrebbe detto Mitterrand, in grado di tenere insieme la società e rappresentare l’America tutta intera, e non una sua fazione, su uno scacchiere mai così complesso”. “Quanto a Trump per l’editorialista di via Solferino “nei prossimi mesi il suo discorso sarà: volevano eliminarmi per via giudiziaria, volevano eliminarmi fisicamente; chi non si mobilita per me, chi non combatte — il fatidico «fight» —, farà il loro gioco. L’errore più grave dei democratici sarebbe adeguarsi a questo schema. Chi saprà porsi come il pacificatore, il rassembleur, il leader in grado di riunificare l’America, avrà le chiavi della Casa Bianca”.
“BY LUCK” O “BY GOD” NULLA E’ ANCORA DECISO, QUESTO FA GRANDE L’AMERICA
Insomma tutto ruota a quel centimetro, ma come scrive Claudio Cerasa sul Foglio “una pallottola può cambiare tutto, può cambiare il corso di una campagna elettorale, può cambiare la storia di un paese, può cambiare la traiettoria di un politico. Ma può cambiare la realtà? L’attentato a Donald Trump ha rimesso al centro del dibattito un tema che negli ultimi mesi è tornato a essere drammaticamente attuale, e non solo per i colpi sparati contro l’ex presidente americano. La cultura dell’odio c’entra con l’attentato a Trump ed è fuori discussione il fatto che chi ha sparato quei colpi abbia attinto alla retorica tossica di chi ha trasformato Trump non in un avversario da battere ma in un obiettivo da eliminare”. Già quella cultura dell’odio, alimentata spesso dai social, dove l’avversario come scrive La Verità “se non puoi sconfiggerlo devi abbatterlo” e allora diventa interessante l’analisi del teologo Vito Mancuso su la Stampa che si interroga e ci interroga se a salvare Trump sia stata più la fortuna o Dio: “Noi non sapremo mai se il proiettile partito dalla pistola dell’attentatore non abbia colpito Trump “by luck” oppure “by God” – scrive sul quotidiano torinese – Quello che possiamo verificare quotidianamente è l’indirizzo della sua azione politica: se essa si svolge all’insegna di una libertà senza regole simboleggiata dalla Fortuna, oppure al servizio del bene e della giustizia simboleggiati da Dio”.