Il presidente ucraino allo zar russo: “Ti aspetto giovedì in Turchia”
Volodymyr Zelensky ha sorpreso tutti con una mossa che, per certi versi, potrebbe essere definita da giocatore d’azzardo. A fronte della proposta (non troppo limpida) di Vladimir Putin di riaprire i negoziati diretti tra Mosca e Kiev, il presidente ucraino ha risposto con uno scatto d’orgoglio: “Lo aspetto in Turchia. Personalmente”. Il luogo è Istanbul, la data è il 15 maggio. Un rilancio che arriva dopo giorni di intense pressioni internazionali per una tregua, dopo il viaggio dei ‘Volenterosi’ a Kiev, con Donald Trump in particolare a spingere perché l’Ucraina accetti accetti il dialogo e “vada a vedere le carte della Russia”.
TRUMP CI METTE LO ZAMPINO (E UN POST)
“Se non si farà un accordo – ha scritto il presidente americano su Truth – almeno sapremo come stanno le cose e potremo procedere”. Zelensky ha colto la palla al balzo, accettando la proposta e alzando la posta: l’incontro ci sarà, ma lui vuole guardare Putin negli occhi. Letteralmente. Tra Washington e Kiev, tuttavia, rimane un nodo irrisolto: la tregua. Zelensky e i cosiddetti “Volenterosi” europei (Francia, Germania, Regno Unito e Polonia) hanno chiesto un cessate il fuoco di 30 giorni come condizione preliminare.
Dal canto suo, Vladimir Putin – scrive Repubblica – “convoca i giornalisti in fretta e furia e rilascia una dichiarazione quando in Russia sono già quasi le 2 di notte. L’urgenza e l’orario fanno capire che non parla ai suoi cittadini, ma al suo interlocutore statunitense Donald Trump che gli ha lanciato un ultimatum: far partire lunedì la tregua incondizionata di 30 giorni in Ucraina o affrontare la minaccia di nuove sanzioni”. E così la Russia ha risposto picche, proponendo invece colloqui senza condizioni e lasciando intendere che solo la sospensione delle forniture militari occidentali potrebbe aprire la strada a un vero congelamento del conflitto.
MACRON E MERZ FRENANO: “PRIMO PASSO, MA NON BASTA”
I leader europei si dividono. Emmanuel Macron e Friedrich Merz parlano di “primo passo, ma non sufficiente”. Macron, appena rientrato da Kiev, teme che Mosca voglia solo “guadagnare tempo”. Un’opinione condivisa anche dall’entourage di Trump: secondo l’inviato speciale Keith Kellogg, la linea deve essere chiara – prima la tregua, poi i negoziati. Eppure, con il “sì” di Zelensky, il tavolo diplomatico si muove. Stavolta sarà più difficile per Putin defilarsi.
ERDOGAN CI PROVA: LA PACE (FORSE) PASSA DAL BOSFORO
Nel frattempo, Recep Tayyip Erdogan si propone ancora una volta come mediatore. Ha parlato sia con Zelensky sia con Putin, dicendosi convinto che si sia raggiunto “un punto di svolta storico”. Toccherà alla Turchia ospitare un incontro che potrebbe riavviare, o definitivamente affossare, il dialogo. Ma la domanda resta: Putin ci andrà davvero?
Mentre si parla di negoziati, però, le bombe continuano a cadere sull’Ucraina. Proprio al termine della mini-tregua concessa da Mosca per il 9 maggio, sono ripresi i raid in diverse regioni, da Dnipro a Sumy. Una realtà che stride con le aperture diplomatiche. Non è certo il miglior biglietto da visita per chi, come Putin, dice di voler trattare “seriamente”.
Il nodo principale rimane sempre lo stesso: l’identità futura dell’Ucraina. Per Putin, il paese deve essere “smilitarizzato” e lontano dall’Occidente. Per Zelensky, invece, l’ancoraggio all’Europa e alla Nato è irrinunciabile. Sullo sfondo, l’accordo con gli Usa su minerali e terre rare che spinge ancora di più Kiev nella sfera americana. Due visioni inconciliabili. Giovedì, a Istanbul, i due mondi potrebbero finalmente (ri)parlarsi.