La miccia l’ha accesa la decisione della Consob di sospendere per 30 giorni l’offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit su Banco Bpm. Una scelta in teoria tecnica, ma dal peso pratico e politico significtivo, che ha innescato la reazione a catena attraverso una carrellata di critiche, tensioni istituzionali e, soprattutto, una dichiarazione che sa di avvertimento: “Io vado via quando non sono più gradito”. A proferire queste parole è stato Paolo Savona, da sei anni alla guida della Commissione nazionale per le società e la Borsa. Parole nette, pronunciate a Trento, che suonano come una porta socchiusa verso le dimissioni.
LA BORDATA DI BANCO BPM: “PROVVEDIMENTO ABNORME”
A partire per prima lancia in resta è stata Banco Bpm. La sospensione dell’ops è stata definita un atto “abnorme” e considerato – in sintesi – contrario alla prassi della stessa Consob e dannoso per il mercato e per gli azionisti. La banca guidata da Giuseppe Castagna non è rimasta a guardare: sta preparando un ricorso al Tar del Lazio e potrebbe presentarlo prima ancora del cda in programma martedì a Verona. Se accolto, l’operazione potrebbe tornare alla scadenza originaria del 23 giugno. Una corsa contro il tempo, tra ricorsi, accuse e posizionamenti strategici.
LE CRITICHE DEL PARTITO DI GIORGIA MELONI
A gettare benzina sul fuoco è stato il meloniano Marco Osnato (FdI), presidente della commissione Finanze della Camera. “Mi aspettavo un esame più prudente. Una decisione così – è il commento – rischia di far apparire erronee le valutazioni fatte da Palazzo Chigi”. È la prima volta che un esponente del partito della premier Meloni critica così apertamente la Consob. E anche se la decisione è stata presa a maggioranza, il riferimento diretto a Savona è chiaro.
LA REPLICA DI SAVONA, CHE AVVERTE: “QUANDO NON SONO PIU’ GRADITO, ME NE VADO”
Savona, dal Festival dell’Economia di Trento, ha difeso la scelta della Commissione. “Abbiamo applicato la legge. In caso di incertezza, serve più tempo perché il mercato possa decidere con razionalità”. Una presa di posizione lucida, ma che non ha placato le polemiche. “La Consob è un organo collegiale”, ha precisato, sottolineando che la decisione è frutto di valutazioni condivise dagli uffici e non solo del presidente.
Poi, a microfoni aperti, l’affondo: “Finché sono gradito, resto. Sennò vado via”. Una frase che ha il sapore di uno showdown e il segnale che il presidente della Consob si sente sotto pressione. “Ho un’età in cui la saggezza incombe” ha aggiunto con un sorriso, ma il messaggio sembra tutt’altro che una boutade.
GROS-PIETRO FRENA: “SPERO CHE NON CI SIA UNO SCONTRO CON IL GOVERNO”
Nel mezzo, anche il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro ha voluto dire la sua, con tono più pacato: “Non commento su poteri così rilevanti. Mi auguro solo che non ci sia uno scontro tra governo e Consob”. Un auspicio condiviso da molti, ma sempre più difficile da realizzare, visto il clima.
In apparenza si tratta di una vicenda finanziaria, in realtà è uno snodo politico-istituzionale. Perché in gioco non c’è solo una fusione bancaria, ma l’equilibrio tra autorità indipendenti e potere esecutivo.