I 27 Paesi membri vanno ciascuno per conto proprio: chi difende Israele a prescindere, chi vuole mantenere un canale aperto con Teheran
Altro che fronte comune: sull’Iran e la crisi tra Israele e Gaza, l’Unione europea mostra tutte le sue crepe. A Bruxelles si predica diplomazia, ma si litiga su tutto. E Kaja Kallas sbotta davanti all’Eurocamera.
Questo, in sintesi, il cortocircuito in cui si trova l’Unione europea sul dossier iraniano, mentre Donald Trump invoca la “resa incondizionata” di Teheran e negli Stati Uniti cresce la pressione per un intervento armato, Bruxelles annaspa in cerca di una linea condivisa. La realtà è che i 27 Paesi membri vanno ciascuno per conto proprio: chi difende Israele a prescindere, chi vuole mantenere un canale aperto con Teheran, chi non si fida più degli Stati Uniti. Il risultato? Nessuna posizione chiara e azioni concrete ridotte all’osso.
KALLAS AVVERTE: “COSI’ NON POSSIAMO ANDARE AVANTI”
L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Kaja Kallas, non ha nascosto la frustrazione. Intervenendo al Parlamento europeo, ha attaccato il meccanismo decisionale che paralizza ogni iniziativa: “Parlate come se io fossi l’unica responsabile di quello che succede a Gaza, ma io rappresento 27 Stati. Se fosse per me, una decisione l’avrei già presa”. Il riferimento è alle sanzioni contro i coloni israeliani violenti, che alcuni Stati – in primis l’Ungheria – bloccano senza esitazioni. “Portarla al Consiglio sarebbe solo un modo per mostrare la nostra divisione”, ha ammesso Kallas, visibilmente provata.
DIPLOMAZIA SI’, MA A PAROLE
La linea ufficiale dell’Ue rimane quella del solito compromesso: no al cambio di regime in Iran, sì alla diplomazia, appello al ritorno al tavolo negoziale sul nucleare (quello stracciato da Trump nel 2018), difesa della sicurezza di Israele ma anche rispetto del diritto internazionale da “entrambe le parti”. Una posizione che rischia di restare lettera morta mentre la tensione sale e gli Stati Uniti sembrano pronti ad agire anche senza consultare gli alleati europei.
Tutte le tensioni confluiranno nel Consiglio Affari Esteri previsto per lunedì prossimo, che sarà solo un antipasto del Consiglio Europeo di giovedì e del vertice Nato dell’Aja il giorno prima. Sul tavolo ci sarà anche la revisione del trattato di associazione Ue-Israele alla luce dell’articolo 2, quello sui diritti umani. Formalmente, Israele risulterebbe in violazione. Ma chi avrà il coraggio di proporre conseguenze concrete?
L’UNGHERIA BLOCCA TUTTO, IL CONSIGLIO RIMBALZA
Nel frattempo, Budapest continua a mettere i bastoni tra le ruote: niente sanzioni contro Hamas, niente sanzioni contro i coloni, niente passi avanti senza l’unanimità. Se i ministri degli Esteri non troveranno una quadra, il dossier finirà sul tavolo dei leader europei, che a loro volta potrebbero… rimandarlo di nuovo ai ministri. Un eterno rimpallo che sta diventando una cifra costante della politica estera europea.