L’ala moderata del PD scopre il gusto dell’estremismo. Bonaccini e l’ala riformista ai ferri corti. Martedì, alla videoconferenza, l’atteso responso sulle sorti di partito
A pochi giorni dalla convocazione della direzione nazionale del PD, il clima dentro il partito si è fatto incandescente. I riformisti, minoranza centrista, minacciano l’assenza e sfiduciano Stefano Bonaccini, ex candidato alla segreteria e oggi vicesegretario sempre più vicino a Elly Schlein. Ecco chi sono i dissidenti e perché vogliono mettere all’angolo il vicesegretario
LA MESSA IN STATO D’ACCUSA DI BONACCINI
L’ala centrista del PD è in crisi. Nel Partito Democratico rappresenta da sempre la componente più moderata, eppure mai come ora si trova in tensione non solo con la segretaria Elly Schlein, ma anche con chi un tempo era il loro punto di riferimento: Stefano Bonaccini.
Sconfitto da Schlein alle primarie del 2023, Bonaccini è diventato il leader riconosciuto dei riformisti, fondando la corrente Energia Popolare. Tuttavia, negli ultimi mesi, il suo rapporto con la segretaria si è fatto sempre più stretto, ma proprio questa vicinanza lo ha messo in difficoltà con la sua stessa area.
La convocazione della direzione nazionale, firmata da Bonaccini per il 23 settembre, senza consultare la corrente e a pochi giorni dalle elezioni regionali, è stata letta come un gesto di eccessivo allineamento con la segreteria. Il sospetto, tra i riformisti, è che non li rappresenti più. E ora, si parla apertamente di una possibile mozione di sfiducia nei suoi confronti.
LE TENSIONI: BONACCINI NEL MIRINO DEI SUOI
Una parte dell’area riformista valuta di non partecipare alla riunione preliminare con Bonaccini, prevista per oggi, come segnale politico. I nomi riportati da la Repubblica — Lorenzo Guerini, Filippo Sensi, Graziano Delrio, Pina Picierno, Giorgio Gori, Marianna Madia, Lia Quartapelle — sono gli stessi che presenziano, o talvolta presentano, i vari comitati, associazioni e spazi di dibattito inaugurati negli ultimi mesi, dal Circolo Matteotti ai progetti di Ernesto Maria Ruffini e Delrio, tutti impegnati nel tentativo di costituire quella tenda riformista diventata ormai il leit motiv dei critici della segreteria Schlein.
Oggi a guidare la fronda ci sarà Simona Malpezzi, pronta a chiedere una linea più autonoma rispetto a quella della segretaria e a criticare Bonaccini per il suo presunto “appiattimento”. Dall’interno dell’area riformista si chiede più equilibrio nella gestione del partito e una linea che non spinga il PD troppo a sinistra.
COSA VOGLIONO DAVVERO I RIFORMISTI
I riformisti chiedono più spazio politico all’interno del partito e una maggiore rappresentanza. Contestano l’eccessiva centralizzazione delle decisioni attorno a Elly Schlein e al suo gruppo più ristretto, e rivendicano un metodo più collegiale e inclusivo. Sul piano politico spingono per una linea più pragmatica e meno ideologica, soprattutto su temi chiave come economia, sicurezza, Europa e politica estera. Insomma, la preoccupazione è che un’eccessiva connotazione ideologica e una mancanza di dialogo con il centro, possano isolare il partito e limitare la capacità di costruire alleanze nel campo largo.
FRONTE QUASI UNITO SOLO SU POLITICA ESTERA
L’unanimità, nel Partito Democratico, sembra resistere solo sul fronte della politica estera. Infatti, sul sostegno all’Ucraina e sulla condanna delle operazioni militari israeliane a Gaza City, non si registrano divisioni interne: la linea è condivisa da tutte le anime del partito. Stessa compattezza sulla riforma della giustizia voluta dal governo Meloni, in particolare sulla separazione delle carriere dei magistrati — approvata giovedì scorso alla Camera in terza lettura — che il PD si prepara a contrastare anche sul piano referendario, in vista del voto previsto per il prossimo anno.