Dialogo interreligioso, fede e pace: l’imam Yahya Pallavicini, vicepresidente della Comunità Religiosa Islamica Italiana (COREIS), spiega come prevenire il fanatismo partendo dalle giovani generazioni. L’intervista
In una fase storica in cui molti leader politici utilizzano sempre più spesso la religione come leva di consenso e mobilitazione, svuotandola dei suoi valori spirituali ed etici, quale dovrebbe essere oggi il ruolo delle autorità religiose nello spazio pubblico? Che tipo di responsabilità hanno nel prevenire l’uso strumentale della fede, soprattutto in un contesto internazionale segnato da conflitti — dal Medio Oriente al Sud Asia — che esasperano le differenze e le proiettano su scala globale?
Il ruolo delle autorità religiose è quello di salvaguardare e trasmettere il contenuto e l’interpretazione intelligente e vivente della dottrina spirituale e della pratica rituale. Nel fare questo è necessario avere consapevolezza delle manipolazioni e delle strumentalizzazioni con cui altri individui disonesti cercano, in modi e misure differenti, di volgarizzare il sacro e di provocare una artificiosa guerra di religioni fratricida.
La nostra responsabilità è quella di prevenire questi abusi e di promuovere la testimonianza di modelli virtuosi di dialogo e collaborazione con le Istituzioni, con i popoli e tra i maestri spirituali, in Oriente e in Occidente.
Perché molti giovani, anche cresciuti in società occidentali, risultano vulnerabili a forme di radicalismo religioso? In che misura questa vulnerabilità è riconducibile a fattori teologici, socio-economici, identitari o a una loro combinazione?
L’analfabetismo religioso e l’arroganza di alcune correnti politiche che hanno la pretesa di governare il mondo senza rispetto per l’umanità ma solo per la propria avidità di potere hanno diffuso un modello di successo materiale e mentale che è una utopia e una follia. Alcuni giovani occidentali pensano di emulare creativamente o di reagire con rivoluzioni sociali a questa situazione e diventano burattini dei giocatori di potere oppure diventano falsi eroi criminali che vogliono distruggere/purificare il mondo.
Per alimentare queste illusioni alcuni falsi maestri hanno confuso ad arte gli elementi tratti dalle dottrine religiose o dalle esigenze psicologiche, sociali e giuridiche per rivestire di qualche colore la loro brama di potere. Proteggere le nuove generazioni da queste corruzioni della mente e da queste pandemie dell’anima presentando i valori universali della sacralità della vita umana è un compito educativo delle autorità religiose in collaborazione con le Istituzioni locali, nazionali e regionali.
Che responsabilità hanno i media occidentali nella costruzione delle narrazioni sull’Islam e in che modo tali narrazioni incidono sulla comprensione pubblica e, indirettamente, sui processi decisionali e sulle scelte politiche?
La comunicazione risente dei limiti degli strumenti che costringono la notizia ad essere attraente e superficiale riducendo la comprensione delle complessità e del quadro più ampio della realtà. Quando questo approccio deve occuparsi della civiltà musulmana prevalgono banalizzazioni e scandali che hanno il potere di rendere problematico il riconoscimento del linguaggio autentico della spiritualità e della santità che è il vero patrimonio intellettuale delle religioni, Islam compreso.
Trovare interlocutori affidabili che sappiano sintetizzare e tradurre questo patrimonio in dialogo con i saggi ebrei e cristiani, indù e buddhisti, e con una rappresentanza ancora sensibile della classe politica è la sfida e l’antidoto al veleno dell’ignoranza e della propaganda faziosa.
Occorre affiancare alla libertà di espressione anche programmi di formazione scolastica e politiche di cittadinanza attiva e inclusiva che tutelino la dignità e la libertà del pluralismo religioso, senza scadere nel relativismo etico o nel multiculturalismo demagogico o nell’assimilazione laicista.
Cosa distingue, oggi, un dialogo interreligioso realmente efficace da iniziative prevalentemente simboliche o formali? Quali errori sono stati commessi finora e quali condizioni sarebbero necessarie perché il dialogo interreligioso diventi un reale strumento di prevenzione dei conflitti?
Il valore simbolico delle forme religiose e culturali è sempre efficace se i suoi interpreti sono rappresentanti autentici, depositari della saggezza millenaria del patrimonio religioso. Gli errori iniziano quando il dialogo interreligioso viene gestito da attori che sono interessati soltanto ad apparire nella scena mediatica ma che non sanno offrire alcuna prospettiva e contenuto di sostanza e di pertinenza alle reali esigenze dei popoli nelle sfide sociali. Coltivare una cultura di pace tra cittadini e credenti è possibile solo se la rappresentanza religiosa si accompagna al rispetto della fratellanza nei confronti di tutte le creature del Dio Unico e alla condanna di ogni suprematismo e prevaricazione.
Il dialogo interreligioso c’è sempre stato ed è la comunicazione naturale tra esseri umani e credenti. In momenti oscuri della storia dell’umanità, la sete di potere ha trovato una complicità in alcune istituzioni religiose ed è stata inventata una onda di colonizzazione e civilizzazione dei selvaggi o di inquisizione degli eretici. Poi si sono stati altri momenti di oscurantismo dove si è voluto negare alla religione la sua dignità e libertà invadendo il Tibet o i monasteri cristiani ortodossi e buddhisti in nome di un nazionalismo ateo di Stato. Infine, abbiamo assistito alla degenerazione del combattimento spirituale contro il male per rivendicare rivoluzioni criminali di guerriglieri talebani e jihadisti.
La religione e la vita sono stati profanati insieme ai templi e alla dignità della fede dei credenti di ogni comunità, senza gareggiare nel vittimismo o sul numero dei defunti. Eppure, il dialogo tra veri credenti e persone di profonda civiltà e cultura sacra ha continuato incessantemente ad ispirare una trasmissione di valori e una prospettiva di ricerca interiore e coesione sociale. Ciò che è molto rumoroso è la sordità dei tiranni! Non si confonda questo rumore con la voce della testimonianza della Pace, questa prevarrà, se Dio vuole!


