Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge che ha prorogato per un altro anno l’invio di aiuti militari all’Ucraina. E’ stata aggiunta, secondo una modifica voluta dalla Lega, la “priorità” agli aiuti logistici
Il decreto legge prevede oltre all’invio di aiuti militari a Kiev anche il rinnovo dei permessi di soggiorno per i cittadini ucraini e disposizioni per la sicurezza dei giornalisti freelance nelle zone di guerra. Salvini voleva togliere dal testo i riferimenti agli aiuti militari, ma le modifiche sono riuscite solo in parte.
COSA PREVEDE IL DECRETO UCRAINA
Nella sostanza, il provvedimento è in linea con quelli dei quattro anni precedenti. Non decide né quanti né quali aiuti inviare all’Ucraina, ma rinnova solo l’autorizzazione a inviarli. Per la quantità di armi bisognerà attendere altri decreti, i cosiddetti “pacchetti” di aiuti, i cui contenuti non sono pubblici.
Viene prorogata fino al 31 dicembre 2026 l’autorizzazione a cedere “mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari” alle autorità governative ucraine, con “interventi a supporto delle attività di assistenza alla popolazione”. A cui si aggiunge la clausola di “priorità” agli aiuti logistici o sanitari, richiesta dalla Lega.
Proroga fino al 2027 anche dei permessi di soggiorno per la protezione temporanea dei cittadini ucraini. È previsto inoltre un contributo statale di 600 mila euro, per il 2026, agli editori per la formazione sulla sicurezza dei giornalisti freelance che operano in zone di guerra o aree ad alto rischio.
TENSIONI TRA LEGA E MAGGIORANZA: UNA QUESTIONE DI PAROLE
Il cavillo su cui la Lega si è impuntata riguarda il riferimento alla parola “equipaggiamenti militari”. Nella bozza del decreto il termine “militari” era stato tolto per poi riapparire nel testo ufficiale del decreto. Il partito di Matteo Salvini avrebbe voluto togliere dal titolo l’aggettivo “militari” per dare più importanza alla funzione civile degli aiuti italiani a Kiev e sottolineare la funzione difensiva delle armi.
ll proposito non è andato in porto. Ma il primo articolo del decreto stabilisce la cessione di armi ma “con priorità per quelli logistici, sanitari, ad uso civile e di protezione dagli attacchi aerei, missilistici, con droni e cibernetici”, una piccola vittoria rivendicata dal senatore leghista Claudio Borghi. La Lega aveva anche ipotizzato di far durare l’autorizzazione tre mesi, invece che un anno, ma la proposta era stata poi respinta.
Le tensioni tra maggioranza e Lega non si sarebbero comunque appianate, come dimostrerebbe la mancata partecipazione di Salvini al Consiglio dei ministri, ufficialmente per “motivi personali”.
IL PACIFISMO DI SALVINI
Da diverso tempo la Lega ha manifestato perplessità rispetto all’invio di armi all’Ucraina. Secondo il Carroccio, la diplomazia occidentale in questa fase della guerra dovrebbe lavorare per un cessate il fuoco a Kiev e avviare un negoziato con la Russia, piuttosto che proseguire con l’invio di equipaggiamenti militari.
Per queste posizioni, il partito e il suo leader sono stati accusati di avere simpatie filorusse. Questo era emerso anche in risoluzioni approvate dalla Camera a ottobre e dicembre, in cui la Lega non parlava di aiuti militari, ma preferiva la formula: “sostegno multidimensionale”.
Il cavillo che si ripresenta ora nel decreto, secondo la ricostruzione di alcuni ambienti di governo, sarebbe un pretesto, alimentato dal dibattito mediatico da parte di Salvini, per riaffermare l’immagine di anima anti bellicista, o meno bellicista, della coalizione.
LE CRITICHE DI VANNACCI
L’unico che mantiene la rotta seguita dalla Lega è l’europarlamentare Roberto Vannacci che sul decreto armi ha freddamente commentato su Instagram: “A parte le acrobazie lessicali, si continua a garantire la prosecuzione di una guerra persa e l’elargizione di risorse belliche”. L’augurio è che il Parlamento “non approvi” il provvedimento.
I PROSSIMI PASSI
Il decreto “Ucraina” entrerà in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per poi essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni, altrimenti decade.
In caso di approvazione definitiva, il governo dovrà adottare i decreti interministeriali che definiranno meglio il contenuto e le modalità di cessione di questi aiuti. Il ministero della Difesa li rivela solo al COPASIR, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.


