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Quell’antico problema che il Giappone ha ancora con le donne

Donne Giappone

In Giappone il sessismo non è un problema che si risolve con una nomina

Dopo i commenti sessisti dell’ex primo ministro Yoshiro Mori, la già ministra dei Giochi Olimpici e pattinatrice Seiko Hashimoto è stata nominata giovedì scorso nuova presidente del Comitato Organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo. E fin qui si potrebbe pensare che il Giappone abbia voluto subito rimediare, peccato che poco dopo un’altra storia di misoginia abbia travolto il Paese.

IL GIAPPONE CHIUDE LA BOCCA ALLE DONNE

Toshihiro Nikai, segretario generale del Partito Liberal Democratico, lo schieramento conservatore al governo, dopo aver aperto alle donne le riunioni dei vertici di partito – composte esclusivamente da uomini – avrebbe poi negato loro la possibilità di parlare. Ok alla partecipazione, ma in silenzio. Le cinque deputate ammesse agli incontri, infatti, non avrebbero avuto il diritto di proferire parola, se non in un secondo momento presso gli uffici della segreteria.

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Nikai deve averla pensata come l’83enne ex presidente del Comitato Organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo Yoshiro Mori, il quale qualche giorno fa aveva detto che le donne hanno la tendenza a “parlare troppo durante le riunioni” e si auspicava che le donne presenti nel Comitato comprendessero di dover stare “al posto loro” – commenti che hanno portato alla sua sostituzione con l’ex pattinatrice olimpionica Hashimoto.

LA DONNA (ANCORA) GEISHA

In Giappone, e sicuramente non solo lì, c’è ancora molto da fare per sradicare una cultura sessista che fatica a morire. L’immagine della geisha, della donna “da esibire come trofeo in operazioni di pubbliche relazioni” (per dirlo con le parole della sociologa esperta di Giappone Belinda Wheaton) non è relegata solo ad alcuni ambienti come la politica e lo sport.

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Basti pensare allo scandalo di due anni fa quando venne fuori che una delle migliori università del Paese aveva truccato per più di 10 anni i test d’ammissione alla facoltà di medicina per fare entrare più uomini che donne. La motivazione era stata che le donne, dopo essersi sposate o aver avuto figli, non sarebbero più state in grado di coprire i turni in ospedale.

BREVE STORIA DELLA CONDIZIONE DELLE DONNE IN GIAPPONE

La cultura giapponese però non è sempre stata così sessista, anzi la società antica si caratterizzava come una società tribale matriarcale, la cui religione autoctona – lo shintoismo – attribuiva grande importanza alla donna, che è stata spesso regina, imperatrice e sacerdotessa.

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La discriminazione nei confronti delle donne è iniziata nel VI-VII secolo, con l’introduzione del buddhismo e del pensiero confuciano. Il buddhismo rifiutava un ruolo sociale alla donna e il confucianesimo imponeva l’ubbidienza all’uomo: al padre prima di sposarsi, al marito in seguito e ai propri figli maschi se fosse rimasta vedova. Dalla metà dell’Ottocento e durante tutto il successivo imperialismo giapponese del Novecento, si diffuse un testo di impronta neoconfuciana del 1716, Il grande insegnamento per la donna attribuito a Kaibara Ekken, che stabiliva regole di ubbidienza e buone maniere che ogni donna avrebbe dovuto rispettare.

Oggi organizzazioni internazionali come Human Rights Watch e Amnesty International hanno denunciato spesso il sessismo presente in Giappone. A cui, oltre all’ineguaglianza di genere, si aggiunge il fenomeno della violenza sessuale. Secondo i dati del governo nipponico, il 95% delle donne non denuncia stupri o molestie perché ritiene che “non farà alcuna differenza”.

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