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Argentina, iniziato il tramonto dell’era Macri?
Le primarie di agosto in Argentina hanno sancito in termini elettorali la crisi del macrismo, a cui il Presidente uscente argentino sta cercando di porre rimedio. Il peronismo di sinistra, intanto, raccoglie i feedback sulla nuova strategia elettorale. L’analisi di Riccardo Antonucci per il Caffè Geopolitico
LA BATTUTA D’ARRESTO DI MAURICIO MACRI
L’appuntamento elettorale più importante – dopo le elezioni presidenziali fra ottobre e novembre 2019 – per il leader di Juntos por el Cambio, Mauricio Macri, è stato il PASO (Primarie Simultanee Obbligatorie) dell’11 agosto, durante il quale è stato superato dal candidato del Frente de Todos Alberto Fernandes con vice Cristina Fernandez de Kirchner per ben 15% – i risultati ufficiali vedono il Frente al 47,35% e Juntos por el Cambio al 32,33%. Lo stesso Macri ha riconosciuto di aver subito “delle brutte elezioni”.
A pesare sulla popolarità del Presidente uscente, attestata attualmente sotto il 40%, è certamente stata la sua adesione alle ricette di austerità del Fondo Monetario Internazionale per via della svalutazione del peso arrivata al 20% ad aprile 2018. Una prima versione dell’accordo fu firmata il 20 giugno 2018 ed i termini prevedono l’erogazione di più del 60% dei fondi – circa 50 miliardi iniziali – entro settembre 2019, a condizione di portare il deficit fiscale a 0. Per farlo, il Governo si è impegnato a tagliare la spesa pubblica e numerosi benefici e ad aumentare le imposte ed effettuare licenziamenti. Vista però la delicata situazione dell’Argentina, un ulteriore accordo siglato il 26 ottobre 2018 definito Memorándum de Políticas Económicas y Financieras (MPEF) ha aggiunto un fondo di 6 miliardi e l’erogazione di 14 miliardi nei mesi successivi del 2018, oltre che 23 miliardi per il 2019, per contenere i danni senza però alimentare ulteriormente il malcontento della popolazione. Gli argentini, non dimentichiamolo, associano il FMI alla nefasta crisi economica del 2001 che provocò anni di recessione, caos sociale e declino politico.
Macri si è rivolto al FMI per cercare di frenare la crisi debitoria in cui l’Argentina si è ritrovata, con un deficit fiscale fondamentalmente impegnato per sostenerne i costi. Il programma di ristrutturazione della spesa pubblica è teoricamente improntato alle nuove linee guida del FMI che enfatizzano la promozione dell’uguaglianza sociale e di genere, ad esempio adoperando i fondi previsti per il 2019 come parte del bilancio statale per la protezione sociale. Tuttavia, alcune scelte come la riduzione dei sussidi per energia e trasporti “con l’obiettivo di aumentare la proporzione del costo di produzione di tali servizi coperta dai prezzi al consumatore da circa l’80% nel 2017 al 90% nel 2020, in media, per il gas e da circa il 60% nel 2017 al 90% nel 2020, in media, per l’elettricità” risulta difficilmente conciliabile con la volontà di creare politiche inclusive.
IL NUOVO VOLTO DEL PERONISMO DI SINISTRA
Il team di Cristina Fernandez de Kirchner sembra aver trovato l’alchimia giusta per poter presentare un’alternativa credibile al macrismo, segnando un importante cambio di tendenza rispetto alle elezioni parlamentari del 22 ottobre 2017: in quell’occasione il candidato macrista Esteban Bullrich vinse contro l’ex Presidente peronista nella provincia di Buenos Aires, all’interno di una tornata elettorale che vide un allargamento della maggioranza di Governo.
Complici anche gli scandali giudiziari in cui Fernandez de Kirchner è coinvolta, il peronismo di sinistra ha compreso che inserire lei in cima alla lista elettorale può essere rischioso perché tende a contribuire a all’immagine di mancato rinnovamento che tanto ha caratterizzato il populismo latinoamericano. Tuttavia, Fernandez de Kirchner veicola un sentimento nostalgico e speranzoso verso il nuovo candidato presidente del Frente de Todos che potrebbe aggiudicarsi la Presidenza al primo turno, qualora confermasse alle presidenziali il positivo risultato del PASO.
Le aspettative più ottimiste prevedono la vittoria del duo Fernandez-Kirchner e il ritorno della cosiddetta onda rosa in America Latina: l’esperienza progressista che ha caratterizzato l’inizio del nuovo millennio, definita anche Socialismo del XXI secolo. Un Governo peronista di sinistra potrebbe infatti seguire la vittoria di Lopez Obrador in Messico e, nel caso di maggior successo, provocare una nuova ondata progressista dopo la reazione conservatrice in Brasile, Cile e la stessa Argentina. Un effetto spillover, dunque, che però appare ancora lontano.
L’eredità peronista in Argentina è un elemento ancora vivo all’interno del panorama politico sia per la figura leggendaria di Evita sia per il dibattito costante sui benefici e fallimenti dei Governi ad esso richiamatisi negli ultimi 70 anni. Cristina Kirchner è ancora percepita come la rappresentante principale di questa linea politica. La vicinanza dell’ex presidente ha spinto la candidatura presidenziale di Alberto Fernandez che, da personaggio relativamente poco conosciuto, è divenuto il politico del momento. Fernandez ha costruito una solida vicinanza ai Kirchner da capo della campagna elettorale di Nestor nel 2003 e successivamente come suo capo di Gabinetto. Nonostante i momenti di contrapposizione fra Cristina Kirchner e Alberto Fernandez, quest’ultimo si dimise dall’amministrazione Kirchner nel 2008, i due hanno deciso di unire le forze ufficializzando la propria candidatura a maggio 2019, motivando la scelta con la necessità di combattere il macrismo.
E ADESSO?
Il presidente Macri ha disperato bisogno di risultati positivi per far crescere la propria popolarità. La volontà di far coincidere l’elargizione della maggior parte dei fondi del FMI per settembre 2019 non sembra essere stato sufficiente per invertire il trend negativo. Per questo motivo, a seguito della sconfitta elettorale del PASO, ha annunciato una serie di misure economiche: aumento del salario minimo, emissione di bonus per i lavoratori statali per 5000 pesos (83 dollari), agevolazioni fiscali e il congelamento del prezzo del petrolio per 90 giorni. Il costo totale di queste ed altre promesse fatte dal presidente è di circa 40 miliardi di pesos (circa 730 milioni di dollari) con il rischio però che il Paese si ritrovi senza riserve e che la sua precarietà finanziaria aumenti. Inoltre, non tutte le categorie sembrerebbero interessare al presidente, come fa notare il direttore del Centro Argentino per la Politica Economica Hernan Letcher, che lamenta il fatto che Macri non abbia annunciato riforme volte a sostenere i pensionati colpiti dalle misure di austerità e dalla svalutazione.
La mossa di Macri risulta tardiva all’economista del Centro per gli Studi dello Stato e Società di Buenos Aires Ramiro Albrieu che, intervistato da Al Jazeera, ha affermato che le misure proposte sono state lungamente caldeggiate dagli esperti nei mesi precedenti e che, oltretutto, si rivolgono principalmente alla classe media. Dunque, sembrerebbe sempre più evidente che alla base delle scelte non ci sia una visione di lungo periodo, bensì il comprensibile desiderio di rimediare ad un esito elettorale funesto.
Nel frattempo, la popolazione deve fare i conti con la crescita dei prezzi dei prodotti alimentari importati a causa della svalutazione del peso. La moneta argentina ha continuato a perdere valore dopo la sconfitta elettorale di Macri ed è probabile che continueranno ad esserci turbolenze nei mesi seguenti, che porterebbero a una maggiore polarizzazione della competizione elettorale.
Articolo pubblicato su ilcaffegeopolitico.org