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Brexit, verso l’unificazione d’Irlanda

Regno Unito

Con la Brexit sono aumentate le probabilità dell’unificazione irlandese. L’analisi di Jessica Ní Mhainín per Affarinternazionali

Con la Brexit sono aumentate le probabilità dell’unificazione irlandese. Nel referendum del giugno di tre anni fa, infatti, la maggioranza dei cittadini dell’Irlanda del Nord aveva votato per il 56% a favore della permanenza nell’Unione europea. Adesso, con l’uscita del Regno Unito che prende corpo, solo l’unificazione dell’isola permetterebbe ai cittadini nordirlandesi di rimanere nell’Ue.

L’appartenenza del Regno Unito e dell’Irlanda all’Ue ha agevolato la possibilità per i loro cittadini di definirsi irlandesi, britannici o entrambi. Ciò ha contribuito alla dissoluzione di alcune delle solide divisioni politiche del passato: secondo un sondaggio del 2017, il 45% della popolazione dell’Irlanda del Nord non si considera né unionista (leale alla Corona britannica) né nazionalista (che sostiene la causa di un’Irlanda unita).

Ora, però, la Brexit costringe i cittadini a scegliere non solo tra l’essere irlandese o britannico, ma tra l’essere europeo o meno. Nel 2015, qualche mese prima del referendum sulla Brexit, un’indagine aveva rilevato che solo il 13% della popolazione dell’Irlanda del Nord era favorevole a un’Irlanda unita nel medio termine.  Ma un sondaggio pubblicato all’inizio del marzo scorso dall’Irish Times mostra che, se gli fosse chiesto di votare adesso, il 32% degli elettori nordirlandesi si esprimerebbe a favore dell’unificazione dell’isola (con un picco di indecisi al 23%).

LA LEZIONE TEDESCA

Durante la presidenza irlandese del Consiglio nel 1990, l’allora Taoiseach (premier) Charles Haughey aveva lavorato sodo per ottenere il sostegno della Comunità europea per una rapida unificazione tedesca. Dublino voleva creare un precedente per l’unificazione che potesse eventualmente servire anche alla stessa Irlanda. Un ministro irlandese aveva allora detto che il Taoiseach avrebbe guidato il suo partito, il Fianna Fáil, “a un’Irlanda unita, un’Europa unita, un mondo unito”.

Le parole di un suo successore, quelle del Taoiseach Enda Kenny nel settembre 2006, hanno ripreso anni dopo la mentalità dell’aprile 1990: “Se in futuro ci fosse un consenso democratico sull’unità irlandese, occorre un meccanismo per garantire che le decisioni democratiche possano essere attuate all’interno dell’Unione europea, com’è avvenuto in Germania”.  Al primo Consiglio europeo sulla Brexit nell’aprile 2017, i leader dell’Ue hanno garantito che l’Irlanda del Nord sarebbe in grado di rientrare nell’Ue come parte di un’Irlanda unita.

LE INCOGNITE DELL’IRLANDA UNITA

Per la maggior parte dei cittadini della Repubblica d’Irlanda, la prospettiva di un’Irlanda unita è sempre stata percepita come remota, soprattutto dal 1998 – con la fine dei Troubles e la firma del Good Friday Agreement – in poi. Tuttavia, tra il 19 e il 25 giugno 2016 (la settimana del referendum sulla Brexit), “Irlanda unita” è stato googlato più che mai nel decennio precedente. La maggioranza delle ricerche provenivano dalla Repubblica d’Irlanda; molte meno erano state invece effettuate nel Regno Unito (tante quanto in Kenya).

Anche se il governo irlandese è sempre stato pubblicamente a sostegno della prospettiva di un’Irlanda unita, Dublino avrebbe delle riserve sull’eredità di una regione storicamente travagliata. All’inizio del conflitto, il laburista britannico Harold Wilson aveva presentato al governo irlandese un piano per realizzare un’Irlanda unita. “Pensavo che avrebbero fatto salti di gioia – disse uno dei membri del suo staff qualche anno dopo – ma la loro reazione fu più simile a un cadere per terra”.

L’economia dell’unificazione rimane uno dei principali motivi di preoccupazione per il governo irlandese; soprattutto il fatto che l’Irlanda del Nord produce un deficit equivalente a circa 9 miliardi di euro all’anno. A nord come al sud del confine, i sondaggi d’opinione mostrano costantemente che la propensione all’unificazione diminuisce significativamente – fino al 30 % – se essa viene correlata alla perdita di posti di lavoro, aumenti delle tasse o una recessione economica.

Ma si tratta di molto più che denaro. La necessità di creare una nuova e inclusiva identità nazionale sarebbe una sfida particolarmente delicata. In quanto minoranza (i nordirlandesi rappresenterebbero il 15% della popolazione di un’Irlanda unita), tanti unionisti temono che l’unificazione spazzerebbe via molte loro tradizioni.

Dublino ha cercato di placare questi timori: “Voglio assicurare un futuro in cui l’identità, in tutta la sua complessità – che sia irlandese, britannica o nordirlandese, o tutte queste cose insieme -, sia rispettata e celebrata in tutta l’isola”, ha detto il Taoiseach Leo Varadkar visitando la sede dell’Orange Order nel giugno 2018. Varadkar è stato il primo premier a visitare l’organizzazione protestante che mira a difendere le libertà civili e religiose dei protestanti e a sostenere il governo di un monarca protestante nel Regno Unito.

Il Sinn Féin (partito nazionalista irlandese), invece, ha fatto poco per rassicurare gli unionisti: a marzo, il leader Mary Lou McDonald è stata fotografata durante una palata in occasione della festa di San Patrizio con un cartello con scritto “Inghilterra: vattene dall’Irlanda”.

UN PROCESSO INEVITABILE?

La Brexit ha avuto un impatto significativo sulla prospettiva di un’Irlanda unita, ma ci sono anche fattori più graduali, tra cui il cambiamento demografico, a rendere questo processo più probabile. Oggi i cattolici sono quasi raddoppiati nel segmento più giovane della popolazione, mentre la quota di protestanti si è più che dimezzata. Essere cattolici non implica l’intenzione di votare per l’unificazione, ma c’è una forte correlazione tra questi .

In molti a nord e a sud del confine credono che la Brexit abbia accelerato un processo inevitabile che porterà ad un’Irlanda unita. L’anno scorso, l’ex leader del Democratic Unionist Party (Dup) Peter Robinson è stato criticato da altri membri del suo partito per aver affermato che, sebbene l’unificazione fosse improbabile, l’Irlanda del Nord dovrebbe prepararsi: “Non mi aspetto che la mia casa bruci”, ha detto, “ma la assicuro comunque, perché potrebbe accadere”.

 

Articolo pubblicato su Affarinternazionali.it

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