I quotidiani italiani leggono le elezioni francesi in modo diverso, La Repubblica parla di “rivoluzione francese”, mentre Libero titola “che burdel” e anche su Macron si dividono fra chi scrive che ha retto l’onda d’urto dell’estrema destra e chi pensa che invece sia la più grande cantonata del secolo
Le elezioni francesi, come era facile immaginare, occupano tutte le prime pagine dei quotidiani che leggono il voto in modo differente. Si va da Repubblica che titola “la rivoluzione francese” mettendo in evidenza la vittoria della sinistra radicale fino a Libero che con “che bordel” sottolinea il caos elettorale post voto e La Verità scrive che “l’accozzaglia di Macron ce l’ha fatta , la Francia ostaggio del rosso Mélenchon”. Sintetizza bene il quadro il Fatto Quotidiano : “Le Pen sconfitta, Sinistra prima e nessun governo”.
UNA FRANCIA DIVISA IN TRE BLOCCHI E IL REBUS DEL FUTURO GOVERNO
Già perché dal voto francese quello che emerge è più il caos o rebus come titola il Quotidiano nazionale che la certezza di avere un governo, tutto il contrario ad esempio di quanto accaduto in Gran Bretagna. La Francia che esce dalle urne è divisa in tre blocchi in cui nessuno può avere la maggioranza assoluta (289 deputati). Dopo il Nouveau Front Populaire (172-192) di Mélenchon, al secondo posto c’è la coalizione macronista di centro Ensemble (tra 150 e 170 seggi) e infine terza l’estrema destra di Le Pen con l’alleato Eric Ciotti che arriva tra 132 e 152 seggi che sono comunque il doppio rispetto agli 89 deputati eletti alle legislative del 2022. “Certo – scrive La Repubblica con il suo corrispondente Anais Ginori – la Francia che ieri ha fatto diga contro l’onda nera è anche quella in cui più di 10 milioni di francesi hanno votato per il Rn al primo turno del 30 giugno, e dove il partito di Le Pen è arrivato in testa alle europee. Ma il gioco della democrazia è anche questo nonostante le accuse trumpiste dei lepenisti che urlano alla creazione di un «partito unico» tra la sinistra e i centristi che ha «rubato la vittoria”.
MACRON? ALLA FINE NON E’ QUEL MATTO CHE TUTTI HANNO DIPINTO
Se è così, allora i quotidiani cominciano a fare la gara nelle analisi di chi ha vinto e chi ha perso le elezioni. E anche qui la divisione è abbastanza netta. Per Aldo Cazzullo che commenta con il fondo di prima pagina sul Corriere della Sera: “alla fine, Macron ha dimostrato di non essere proprio quel matto sprovveduto che è stato dipinto. Certo, la sua figura è ormai ridimensionata; così come il ruolo del presidente. Mai dal 1958 il Parlamento è stato così importante; da qui la partecipazione record. La maggioranza dei francesi Macron non lo vuole più. Però non vuole neppure Marine Le Pen. A cui non è andata poi così male. Se Jordan Bardella avesse fatto bene come primo ministro, il candidato naturale alla presidenza della Repubblica sarebbe diventato lui, e non la sua mentore, sconfitta già tre volte. Se invece avesse fatto male, avrebbe bruciato pure lei”. Non la pensa allo stesso modo Domenico Quirico che su La Stampa parla di una scommessa “vinta a metà dal presidente francese” e descrive “il grande europeista Macron, secondo alcuni servili dispensieri della fama, come una delle più grandi cantonate del secolo”. Già perché Macron “è come un artista passato di moda” scrive ancora Quirico: “ha cercato di risciacquarsi in faccia ai francesi cercando di imitare Mitterrand ovvero dettando al suo primo ministro Elisabeth Borne, una di gauche, di fare una politica di destra a colpi di leggi sulle pensioni e sull’immigrazione. Ma per imitare Mitterrand bisogna averne il talento”.
UN SOSPIRO DI SOLLIEVO A BRUXELLES, L’EUROPA E’ SALVA
Ma se si allarga un po’ l’orizzonte dell’analisi, come fa La Stampa, si comprende come dal voto francese a vincere è soprattutto il futuro dell’Unione europea. Già perché scrive Marco Bresolin nel quotidiano torinese: “le dinamiche francesi avranno inevitabilmente un impatto sulla nascente maggioranza che guiderà la prossima legislatura al Parlamento europeo. E viceversa. Perché le fasi post-elettorali coincideranno con l’ultimo miglio dei negoziati a Bruxelles per assicurare a Ursula von der Leyen una maggioranza al Parlamento europeo. E le evoluzioni politiche nelle due capitali d’Europa potrebbero influenzarsi a vicenda”. Infatti grazie a questo risultato elettorale inaspettato, Macron continuerà ad avere la possibilità di plasmare non solo la Francia, seppure ridimensionata, ma anche l’Ue alla vigilia del voto su von der Leyen e sul prossimo collegio dei commissari. Insomma, tutto parte da quella “rivoluzione francese” che nel 1789 disegnava una nuova era per il Vecchio continente e tutto ritorna li a Parigi che potrebbe disegnare l’Europa nuova del 2024.