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Che farà Google sugli spot elettorali, parla il prof. Scialdone

Google

Cosa dice Marco Scialdone, esperto di Diritto e mercati dei contenuti e servizi online e professore all’Università Europea di Roma, sui limiti alla pubblicità elettorale decisa da Google

Novità in casa Google: il colosso di Mountain View ha deciso di imporre dei limiti alla pubblicità elettorale. In particolare, viene presa di mira la tecnica del microtargeting, che consente ad esempio di individuare elettori più deboli da un punto di vista psicologico e su cui si può esercitare una maggiore pressione. “La mossa di Google è a metà strada tra quella di Facebook, che ha abdicato a ogni controllo, e quella di Twitter, che ha invece imposto un divieto assoluto alla pubblicità politica” spiega a Policy Maker Marco Scialdone, avvocato e docente di Diritto e mercati dei contenuti e servizi online all’Università Europea di Roma.

COSA FARÀ GOOGLE

In concreto, come si comporterà il gruppo che nel 2018 ha fatturato oltre 130 miliardi di dollari? “Google farà una verifica grossolana sulla veridicità del messaggio, che nel caso si riveli falso verrà rimosso, e poi – fatto molto rilevante – vieterà che si facciano campagne pubblicitarie sulla base delle preferenze politiche espresse dagli utenti. Si tratta di un buon primo passo, molto importante, soprattutto per questo secondo aspetto perché si evita di creare una radicalizzazione del messaggio politico” evidenzia Scialdone che precisa: “Google veramente è in grado di tracciare un profilo pressoché perfetto del suo utente grazie al suo intero network: al motore di ricerca, a Gmail, a Youtube”. La novità partirà in Inghilterra – “dove ancora si pagano le conseguenze del caos Brexit in cui i social hanno giocato un ruolo fondamentale”, nota il docente -, e poi si estenderà in tutto il mondo. “In sostanza, si parte dal principio di evitare di riproporre un nuovo caso Cambridge Analytica”, in cui la società di consulenza britannica ha adoperato le informazioni personali acquisite su 50 milioni di utenti statunitensi di Facebook.

Quest’ultimo, ricorda Scialdone, “attua una politica diversa, più in linea con il primo emendamento della Costituzione americana sulla libertà d’espressione. In pratica, lascia che il dibattito si esprima finché non interviene il legislatore” che però, almeno al momento, negli Stati Uniti non intende intervenire.

IL RUOLO DELL’UE

Su questa tematica, però, secondo il docente dell’Università Europea di Roma, “l’Unione europea può giocare un suo ruolo come è già accaduto con il Gdpr che ha imposto alcuni standard sulla privacy a cui sono chiamati ad adeguarsi tutti, anche i Paesi fuori dai confini nazionali. Dunque, un regolamento europeo in materia potrebbe essere la base a cui far adeguare le varie piattaforme”.

LE POSSIBILI RICADUTE IN ITALIA

Per quanto riguarda l’Italia, si sa che, “rispetto a 5-6 anni fa la rete – e i social in particolare – sono uno strumento sempre più usato per informarsi. Di sicuro la scelta di Google può migliorare la qualità del dibattito politico perché si potrà porre un argine alla viralità di messaggi, anche di quelli falsi. E’ evidente – spiega – che se mi arriva una notizia in linea con le mie idee e da un soggetto politico a cui presto affidamento tendenzialmente penso che sia vera”. Dunque, si tratta di “un buon primo passo da non sottovalutare” conclude Scialdone che punta il dito contro il problema del controllo esistente sul web. “Ricordo che storicamente gli editori filtravano le notizie grazie al lavoro dei giornalisti, che sono chiamati a verificarle. In rete e sui social questo lavoro è certamente più difficile da realizzare”.

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