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Come si prepara la Spagna alle elezioni politiche

Spagna

L’analisi di Elena Marisol Brandolini per Affarinternazionali sulle elezioni politiche del 28 aprile in Spagna

Martedì 23 aprile, diada di Sant Jordi in Catalogna, la festa dei libri e delle rose. Celebrata quest’anno all’indomani di Pasquetta, a cinque giorni dalle elezioni politiche del 28 aprile, alla ripresa del processo contro l’indipendentismo catalano giunto alla sua 11a settimana. E capitata nel mezzo di due dibattiti televisivi – sulla televisione pubblica e su Atresmedia, la rete delle televisioni private – tra i quattro candidati dei partiti spagnoli con rappresentanza parlamentare: Pablo Casadopresidente del Partido popular, Pedro Sánchez segretario del Partido socialista obrero español e presidente del governo in carica, Albert Rivera presidente di Ciudadanos, e Pablo Iglesias. segretario di Podemos. Con uno share di circa il 49% e 9 milioni e 400 mila telespettatori, Antena 3 e laSexta, il 23 aprile, hanno addirittura migliorato l’audience già molto alta registrata da Rtve la sera precedente, perché l’inusuale programmazione dei due dibattiti un giorno appresso all’altro ha consentito una discussione articolata su due tempi.

LA GENESI E IL CLIMA DELLE ELEZIONI POLITICHE ANTICIPATE

Le elezioni di fine aprile in Spagna sono anticipate: le ha convocate Sánchez lo scorso febbraio quando la sua maggioranza, che l’aveva portato al governo nel giugno 2018 al posto del popolare Mariano Rajoy, si è infranta sul voto contrario degli indipendentisti catalani alla sua finanziaria.

Al principio di dicembre, le elezioni in Andalusia avevano segnato l’ascesa di un nuovo soggetto dell’estrema destra, Vox, attorno a cui si è andato articolando un blocco reazionario che ha spostato Pp e Ciudadanos su posizioni sempre più estreme. Il dialogo tra Generalitat e governo spagnolo non aveva fatto neppure in tempo ad iniziare che il Psoe, stretto tra l’opposizione esterna e quella interna di partito, preferiva interromperlo. Nei giorni della crisi di governo, presso il Tribunal Supremo, a Madrid, iniziava il processo contro l’indipendentismo catalano, con dodici persone, nove delle quali in carcere, imputate dei delitti di ribellione, sedizione, distrazione di risorse pubbliche e disobbedienza.

SONDAGGI E PROSPETTIVE

Con il passare delle settimane, la posizione del Psoe nel futuro scacchiere politico è andata acquisendo peso nei sondaggi e ora è il primo partito, il PP  è distanziato al secondo posto, Ciudadanos cresce ma non come nelle aspettative, mentre la coalizione Unidas-Podemos subisce una perdita di consensi importante. Sembra che la destra non riuscirà a conquistare la maggioranza assoluta dei seggi e che Sánchez, per tornare al governo, avrà ancora bisogno degli indipendentisti catalani, oltre che di Podemos, a meno che non scelga Ciudadanos come alleato. Il prossimo presidente del governo verrà da uno di questi partiti, ma probabilmente questi soli non saranno in grado di risolvere il problema della governabilità.

I leader dei quattro partiti spagnoli con rappresentanza parlamentare sono maschi, hanno meno di 50 anni, sono nati in democrazia, oppure erano molto piccoli nell’ultimo periodo della dittatura, come Sánchez che ha 47 anni. Il più giovane è Casado che ne ha 38 ed è anche quello che da meno tempo dirige il partito: questi sono i suoi primi dibattiti in televisione da candidato a presidente. Gli altri tre si conoscono bene, invece, fin dalle elezioni del 2015, che segnarono la fine del bipartitismo in Spagna e delle facili maggioranze assolute. Cominciarono allora i dibattiti a quattro, quando il Pp era rappresentato da Rajoy.

L’IMPATTO DEI DIBATTITI

I due dibattiti televisivi hanno chiarito alcuni aspetti del confronto, hanno scandagliato seppure velocemente i diversi programmi elettorali. Sánchez ne è uscito bene, nonostante gli attacchi concentrici delle destre. Mantenendo un certo aplomb presidenziale, ha fatto appello a un voto per continuare ad avanzare e non retrocedere, proponendosi come l’unico baluardo per frenare l’alleanza dell’estrema destra all’andalusa. Il secondo giorno ha escluso di essere interessato a un’alleanza di governo con Ciudadanos, soprattutto per responsabilità di quest’ultimo, rispondendo senza troppa convinzione alla domanda che Iglesias gli andava facendo dal giorno prima su questa ipotesi data come la preferita dentro il gruppo dirigente socialista.

Iglesias si è proposto come il puntello a sinistra di una coalizione di governo a guida Sánchez. Con rigore ha snocciolato il suo programma elettorale, esprimendo la sua alterità nel panorama politico e recuperando al suo partito il tratto distintivo degli inizi, efficace per recuperare parte dell’elettorato della sinistra astensionista. Rivera ha inizialmente provato a riportare al centro la sua opzione politica, scagliandosi su destra e sinistra; Casado ha cercato di moderare il suo discorso. Ma poi entrambi si sono lasciati andare allo scontro per la conquista del primato a destra. In queste elezioni si confrontano due blocchi, quello reazionario e quello progressista e in questo quadro l’ipotesi di un governo tra Psoe e Ciudadanos è davvero difficile da realizzare.

I CONVITATI DI PIETRA: VOX E I CATALANI

Casado e Rivera non nominano mai Vox durante il dibattito, il partito di Santiago Abascal, il convitato di pietra, pur consapevoli di non essere autosufficienti. Sánchez si comporta come se non avesse bisogno degli indipendentisti catalani per riconfermare la sua maggioranza parlamentare e si nega a discutere di qualunque ipotesi referendaria. Iglesias parla di dialogo e empatia per risolvere il conflitto catalano. Che è molto presente in questa campagna elettorale.

Perciò, Oriol Junqueras e Raül Romeva si presentano come capi-lista, rispettivamente alla Camera e al Senato, per Esquerra Republicana de Catalunya. Mentre Jordi Sánchez, Jordi Turrul e Josep Rull si presentano per Junts per Catalunya, il primo ne guida la lista. Sono tutti in carcere e da lì partecipano a conferenze stampa e iniziative di campagna per video-conferenza nello spazio lasciato libero dal processo. Scommettono sul dialogo con lo Stato, si aprono a sostenere un governo Sánchez senza linee rosse, ma non rinunciano a rivendicare il diritto all’autodeterminazione.

 

Articolo pubblicato su Affarinternazionali.it

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