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Come vanno le relazioni Italia-Tunisia tra crisi economica e migrazioni

Lamorgese Migranti

Aumentano le partenze dalla Tunisia a causa della grave crisi economica e politica, l’Italia chiede a Tunisi un nuovo accordo di cooperazione migratoria

Le relazioni tra l’Italia e la Tunisia stanno attraversando un periodo molto caldo. La miccia che ha fatto scoppiare l’incendio è l’incremento del numero dei migranti in arrivo in Italia da questo Paese in un momento in cui la prima è nuovamente in affanno nella gestione degli sbarchi – come d’altronde spesso accade in occasione della stagione estiva – e in cui, soprattutto, ciò si intreccia con la rinnovata paura causata dai nuovi focolai e dall’aumento dei casi di Covid-19.

Nonostante la totale assenza di correlazione tra i due fenomeni – per buona pace di alcuni politici che hanno subito gridato agli untori – l’opinione pubblica italiana è nuovamente molto sensibile al tema delle migrazioni irregolari e ciò ha fatto scoppiare la tempesta perfetta nelle relazioni tra Roma e Tunisi.

CRISI TUNISINA, MIGRAZIONI E RISPOSTA DELL’ITALIA

I numeri parlano chiaro: dal 1° gennaio al 31 luglio i migranti arrivati via mare in Italia sono stati 13.710, rispetto ai 3.867 registrati nello stesso periodo dello scorso anno. Di questi 13.710 migranti, 5.357 sono tunisini, arrivati in Italia perlopiù con sbarchi autonomi. Sebbene si tratti di numeri molto lontani rispetto al picco della crisi migratoria, avvenuto tra il 2014 e il 2017, essi sono stati sufficienti a far scattare l’allarme.

Le cause delle partenze dalla Tunisia sono palesi e drammatiche e si rifanno direttamente alla grave crisi economica e politica in corso nel Paese. Crisi ulteriormente aggravata durante l’epidemia da coronavirus a causa delle ripercussioni del lockdown globale sul settore turistico, che rappresenta uno dei principali fattori di sostentamento per l’economia del Paese.

Di fronte a tale situazione, la risposta dell’Italia non si è fatta attendere ed è stata sbandierata in maniera massiccia nel tentativo di mostrare all’opinione pubblica italiana che le autorità sono simpatetiche nei confronti delle loro preoccupazioni rispetto alla minaccia incombente di arrivi incontrollati. Il 27 luglio, la ministra dell’InternoLuciana Lamorgese, si è recata in visita ufficiale in Tunisia per incontrare il suo omologo e il presidente del Paese, Kais Saied, e ha chiesto con toni decisi ma altrettanto comprensivi della criticità della situazione nel Paese nordafricano una maggiore collaborazione nel contrasto alle partenze dalle sue coste.

Pochi giorni dopo, a inizio agosto, il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione InternazionaleLuigi Di Maio, ha alzato i toni e la posta in gioco definendo la questione tunisina come una “questione sanitaria e di sicurezza nazionale”. Il titolare della Farnesina ha articolato i punti del piano italiano per gestire le relazioni con la Tunisia nella fase attuale, definendolo un piano a 360 gradi che va al di là del semplice approccio securitario. Il punto centrale di questo piano, tuttavia, prevede lo stop dei 6 milioni e mezzo di fondi della cooperazione destinati alla Tunisia fino a quando le autorità di Tunisi non daranno “risposte concrete e certe” per fermare le partenze.

Nel dettaglio, l’Italia ha chiesto alla Tunisia di verificare la possibilità di raggiungere un nuovo accordo di cooperazione migratoria sulla base del modello albanese della fine degli anni Novanta che preveda il dispiegamento e l’utilizzo da parte della Tunisia di pattugliatori in mare davanti a Sfax per sorvegliare i flussi. Sul versante degli arrivi, chiarendo che la Tunisia è un Paese sicuro e che quindi chi arriva in Italia non potrà che essere rimpatriato, Di Maio ha annunciato rimpatri potenzialmente non solo via aerea ma anche tramite nave, cosa che permetterebbe di seguire l’andamento degli sbarchi e di rimpatriare un maggior numero di persone.

CONTINUAZIONE DELL’APPROCCIO SECURITARIO

Dopo gli ultimatum del ministro Di Maio alla Tunisia, è stata annunciata la ripresa dei voli charter Roma-Tunisi di rimpatrio dei migranti a partire dal 10 agosto in seguito alla sospensione decisa durante il periodo più critico della pandemia da coronavirus. La tabella di marcia prevede che due volte a settimana un aereo riporterà al di là del Mediterraneo 40 persone (80 a settimana) entrate illegalmente nel Paese che non hanno fatto richiesta o non hanno diritto alla protezione internazionale.

Niente di nuovo sotto il sole in quanto un accordo con l’Italia per il rimpatrio dei migranti irregolari era stato siglato dalla Tunisia già nel 2011. Tuttavia, a quasi dieci anni dalla rivoluzione dei gelsomini (fine 2010 – inizio 2011) è chiaro che la situazione è talmente incerta e grave per la popolazione che spesso chi viene rimpatriato dopo qualche anno, o addirittura pochi mesi, prova a partire nuovamente.

I toni alti utilizzati con la Tunisia, le minacce della sospensione dei fondi della cooperazione e il millantare un piano a 360 gradi nascondono tuttavia una realtà quasi cinica. Invece di aiutare e sostenere in tutti i modi l’unico Paese del Mediterraneo del sud che ha compiuto progressi inimmaginabili solo un decennio fa sulla strade delle riforme e della democrazia (l’altro Paese semi-democratico è il Libano, che oggi è in preda a una altrettanto grave crisi e agli eventi scaturiti dalla distruzione del porto di Beirut), l’Italia lo bistratta e lo mette alle strette portando all’estremo il principio della condizionalità che Roma rifiuta invece di applicare ad altri casi, primo tra tutti quello egiziano, ironicamente sempre invocando la sicurezza nazionale quale motivazione principale.

Inoltre, invece che promuovere un’agenda improntata alla cooperazione e allo sviluppo, Roma sta semplicemente ribadendo e offrendo alla Tunisia un’agenda securitaria e di esternalizzazione del problema della gestione dei flussi migratori irregolari. Tutto ciò va contro il nostro interesse nazionale e rischia di ritorcersici contro, vista e considerata anche la fragilità del quadro regionale nordafricano, la riluttanza dell’Unione europea ad assumere un ruolo maggiore a vantaggio della Tunisia e l’incognita globale relativa alla pandemia.

L’“amica Tunisia”, come l’ha definita Di Maio, potrebbe trovarsi in molte e ancor più gravi difficoltà nei prossimi mesi, con rischi ingenti anche per l’Italia.

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

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