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Coronavirus, che succede in Spagna

Spagna

L’articolo di Steven Forti, professore di Storia Contemporanea presso l’Universitat Autònoma de Barcelona per Affarinternazionali sull’emergenza coronavirus in Spagna

Quasi 20mila i contagiati. Oltre mille le persone in terapia intensiva. Superati i mille morti. Questo l’ultimo bollettino di guerra in Spagna, convertitosi rapidamente nel secondo paese europeo, dopo l’Italia, con il maggior numero di contagi per Covid-19. L’aumento è del 25% al giorno. Il 67%, per di più, in persone al di sotto dei 65 anni. I dati sono davvero preoccupanti, anche perché il paese iberico è in “ritardo” di circa una settimana rispetto all’Italia. Non si sa ancora quando arriverà il picco: c’è chi parla di fine marzo; chi, addirittura, di metà aprile.

COSA SUCCEDE NELLA CAPITALE

La situazione è particolarmente grave a Madrid, il principale focolaio del paese: oltre 7mila contagiati – si calcola che si dovrebbe moltiplicare per dieci questa cifra visto che i tamponi si fanno meno che in Italia –, più di 500 morti. Giovedì si è calcolata una vittima ogni 16 minuti nella capitale. Gli ospedali sono praticamente al limite. Alcuni sono già al collasso: “siamo disperati, ci manca di tutto”, ha dichiarato un medico dell’ospedale di Alcalá de Henares. Sono già 400 i contagiati tra il personale sanitario: giovedì, nei Paesi Baschi, è morta la prima infermiera.

Il governo ha probabilmente reagito tardi, ma da quando lo scorso 14 marzo ha decretato lo stato di emergenza il premier socialista Pedro Sánchez ha proceduto con fermezza e passo spedito. Restrizioni simili a quelle in Italia; frontiere chiuse per almeno un mese; esercito nelle strade per coadiuvare le forze dell’ordine nei controlli e aiutare i senza tetto; sanità privata messa a disposizione della sanità pubblicahotel convertiti in ospedali; trovati 19.500 nuovi posti letto in diverse strutture vincolate ai servizi sociali; rafforzato il personale sanitario con l’incorporazione di 50mila nuovi medici e infermieri, tra cui pensionati e studenti dell’ultimo anno dell’università; “scudo sociale” che mobiliterà 200 miliardi di euro, pari al 20% del Pil. “Nessuno rimarrà da solo”, ha dichiarato Sánchez, che ha difeso il rafforzamento del Welfare State, supportato dal vicepresidente e leader di Podemos Pablo Iglesias. Il governo di coalizione tra socialisti e la sinistra figlia degli Indignados, formatosi appena due mesi fa, sta lavorando senza frizioni in una crisi mai immaginata.

ANCHE IN SPAGNA PERICOLO RECESSIONE

C’è piena consapevolezza della situazione e del fatto che le ricette per uscire dall’emergenza non possono essere quelle del 2008. Preoccupa molto l’economia, basata principalmente sui servizi e il turismo. La recessione sarà “senza precedenti” secondo il Banco de España. In pochi giorni i licenziamenti sono stati decine di migliaia, per ora in grande maggioranza solo temporali: lo Stato pagherà il sussidio di disoccupazione e garantirà la riassunzione al termine della crisi. Vedremo.

La memoria della crisi di dieci anni fa e delle dure politiche di austerità approvate allora pesa molto in Spagna. Perfino il Partido Popular, all’opposizione, appoggia senza se e senza ma il governo. Almeno per ora. Uniche voci fuori dal coro l’estrema destra di Vox, che fa squallido elettoralismo infarcito di xenofobia, e il presidente catalano Quim Torra che dimostra una volta ancora la sua inadeguatezza per governare una regione che rappresenta quasi il 20% del Pil del paese. Oltre che irresponsabili, questi discorsi dimostrano che c’è chi non ha capito ancora che il mondo sta cambiando radicalmente, di colpo. Anzi, che è già cambiato.

#QUÉDATEENCASA

La popolazione sta reagendo con responsabilità. #QuédateEnCasa (#RestaACasa) è il lemma. “Il coronavirus non vincerà, siamo più forti”, ha affermato re Felipe VI in un emotivo discorso alla nazione, mentre molti protestavano alle finestre con una cacerolada per lo scandalo di corruzione che ha coinvolto il re emerito, Juan Carlos I, padre di Felipe VI. Ai balconi gli spagnoli si affacciano ogni sera, alle 20, per applaudire il personale sanitario che lotta in prima linea contro il virus. Fioccano poi le iniziative culturali online: concerti e dibattiti in streaming, lezioni a distanza… È risorta la solidarietà per aiutare le persone anziane. Ognuno si adatta come può a quest’emergenza che non conosce frontiere. Ognuno nel suo piccolo cerca di tenere duro e farsi forza. Come in Italia. Come, ormai, in tutto il mondo.

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it
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