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Con la crisi in Tunisia finisce per sempre l’illusione delle primavere arabe

Tunisia Saied

Il tasso di inflazione è arrivato al 10 per cento, il debito pubblico è quasi al 90 per cento del prodotto interno lordo, mentre la disoccupazione è al 15 per cento. Tutti i numeri e i protagonisti della crisi in Tunisia

“Se la Tunisia crolla del tutto si rischia una catastrofe umanitarie, con novecentomila rifugiati”. È il pensiero della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, espresso – così riporta l’Ansa, citando “un’alta fonte europea” – al Consiglio europeo.

La Tunisia è il principale paese di partenza dei migranti che arrivano in Italia: vale il 60 per cento del totale; la quota della Libia, di contro, è del 30 per cento. L’aumento delle partenze tunisine verso le coste italiane delle ultime settimane si spiega anche con la situazione di crisi economica nel paese.

IL CROLLO ECONOMICO DELLA TUNISIA

In Tunisia il tasso di inflazione è arrivato al 10 per cento, il debito pubblico è quasi al 90 per cento del prodotto interno lordo, mentre la disoccupazione è al 15 per cento. Come scrive l’Ispi, la condizione generale dell’economia è preoccupante: il paese potrebbe arrivare al fallimento entro sei o nove mesi, il che probabilmente causerebbe una crescita dei livelli di immigrazione verso l’Italia.

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TUTTE LE ORIGINI DELLA CRISI

Sul manifesto Matteo Garavoglia, giornalista specializzato in questioni nordafricane, ha fatto notare come “la Tunisia è costruita su basi economiche estremamente fragili”, e che quindi la crisi attuale non nasca dal nulla ma sia in realtà il prodotto di una sorta di fragilità sistemica.

Il paese, scrive, “dipende fortemente dalle assunzioni nel settore pubblico e da finanziamenti esteri essendo priva di assi strategici interni. Risorse come il turismo invece, un settore che tende a privilegiare certe zone costiere senza avere ricadute per tutto il paese, non ha garantito nel corso degli anni un miglioramento delle condizioni economiche e sociali della popolazione”.

IL PRESTITO DEL FMI NON S’HA DA FARE

La Tunisia rischia insomma il default in sei-nove mesi, ma non riesce a raggiungere un accordo con il Fondo monetario internazionale per un prestito da 1,9 miliardi di dollari: in cambio del finanziamento, l’istituzione chiede alle istituzioni tunisine di realizzare una serie di riforme, ma né il presidente, Kais Saied, né le opposizioni sembrano essere particolarmente disposti a impegnarsi in questo senso.

Come spiega l’Ispi, i contrasti tra il governo tunisino e il Fondo monetario internazionale non sono una novità ma sono iniziati nell’ottobre del 2021: l’istituzione critica le tendenze autoritarie e anti-democratiche di Saied (che ha peraltro iniziato ad accusare i migranti di essere parte di un piano di sostituzione etnica, senza prove), mentre la Tunisia contesta le condizioni poste dal Fondo per l’ottenimento del prestito. In particolare, l’FMI vorrebbe da Tunisi una riduzione dei sussidi statali ad alcuni beni, che però permettono di tutelare dai rincari le fasce più povere della popolazione.

CRISI IN TUNISIA: COSA NE PENSA L’ITALIA?

Meloni ha commentato lo stallo addossandone di fatto la responsabilità al Fondo: “abbiamo oggi un problema enorme legato alla stabilità e al possibile default della Tunisia”, ha detto, “che non si riesce ad affrontare perché l’FMI ha bloccato la trattativa con Tunisi”.

Reuters scrive che l’Italia – prima partner commerciale – sta cercando di mediare tra la Tunisia e il Fondo per favorire il raggiungimento di un accordo. Il governo Meloni potrebbe anche fornire un finanziamento da 110 milioni di euro alle piccole e medie imprese tunisine attraverso l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.

IL RICATTO DELLA TUNISIA ALL’UE

Per valutare la situazione e cercare di risolvere lo stallo, la Commissione europea sta valutando un viaggio in Tunisia – forse ad aprile – al quale parteciperanno il ministro degli Interni italiano Matteo Piantedosi e l’omologo francese Gerald Darmanin.

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L’Italia spinge insomma per un accordo tra Tunisi e il Fondo monetario internazionale, ma gli attivisti tunisini accusano la presidenza Saied di stare forzando apposta la mano per ricattare l’Europa attraverso i migranti. “È solo un’ipotesi”, scrive l’Ispi, “ma non del tutto inverosimile. In questi anni la Tunisia ha beneficiato di lauti finanziamenti dall’Europa per la gestione dei flussi migratori e ora quel ‘tappo’ rischia di saltare”.

IL DOSSIER MIGRANTI

Stando alle ricostruzioni dell’Ansa, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è favorevole ad aumentare gli ingressi regolari di lavoratori provenienti da paesi terzi, e ha parlato positivamente dell’esperienza italiana con i corridoi umanitari.

Giorgia Meloni si è detta soddisfatta della bozza di conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo, specificando di aspettarsi “passi in avanti” sui migranti. Commentando le conclusioni del Consiglio straordinario dello scorso febbraio, aveva annunciato che era stata messa “nero su bianco una frase che non si era mai riusciti a mettere: l’immigrazione è un problema europeo e ha bisogno di una risposta europea”. “Abbiamo chiesto e ottenuto”, aveva proseguito la presidente in conferenza stampa, “che le conclusioni del Consiglio si concentrassero sulla dimensione esterna, quindi sulla protezione dei confini esterni dell’Unione europea, tenendo conto della differenza che esiste tra quei confini. E particolarmente della specificità dei confini marittimi”.

Stavolta, invece, Meloni ha sottolineato la necessità di interventi rapidi e concreti per contrastare i trafficanti di esseri umani nel mar Mediterraneo, di un rafforzamento delle attività di ricerca e soccorso e di un lavoro maggiore sui rimpatri.

(Articolo pubblicato su Start Magazine)

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