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Ecco come Netanyahu ha conquistato il quinto mandato in Israele

Israele Cisgiordania

Israele ha scelto ancora Netanyahu, il commento di Federico Rossi per Atlantico Quotidiano

Benjamin Netanyahu ha vinto le elezioni legislative israeliane. Questa, stando ai racconti pre-voto di media e sondaggi, dovrebbe già essere la notizia. Bibi, come viene soprannominato il quattro (ormai cinque) volte premier d’Israele, ha quindi ribaltato il pronostico, o meglio, la speranza di media e giornali locali ed internazionali che spingevano per Benny Gantz. Il Likud ha anche ottenuto il risultato più largo da quando alla guida c’è proprio il premier uscente. Questo, unito al gran bottino di voti presi dalle altre forze della destra nazionalista e religiosa, ha portato ad un “risultato immenso” per la coalizione che fa capo a Netanyahu.

IL NUOVO ASSETTO PARLAMENTARE

A conti fatti il blocco di destra avrà 65 dei 120 seggi che compongono la Knesset, il parlamento israeliano. “Blu & Bianco”, la lista elettorale guidata dall’ex capo di stato maggiore, il generale Benny Gantz, avrà 35 seggi (pari al Likud). Male i Laburisti che con il peggior risultato della loro storia (4 per cento) occuperanno 6 scranni. Le due liste arabe ottengono 10 seggi, i sionisti di sinistra del Meretz 4. I restanti 30 sono da dividere tra le altre forze della coalizione di Bibi Netanyahu (i nazionalisti di Avigdor Lieberman e le forze ultra ortodosse). Rimangono fuori i libertari di destra di Moshe Feiglin e la Nuova Destra dell’ex ministro Naftali Bennett.

LO SCONFITTO BENNY GANTZ, IL FAVORITO DEI MEDIA

Il favorito dei media era Benny Gantz, militare di carriera a capo un’alleanza di tre partiti di centro. Gantz si è gettato nell’agone politico a dicembre con l’obiettivo di imporsi quale simbolo dell’unità nazionale, magari sfruttando le accuse di corruzione sorte nei confronti di Netanyahu ed ottenere un consenso tale da fargli ottenere il premierato. Ha avuto fin da subito l’appoggio di alcuni media israeliani e di diversi organi di stampa internazionali, e la benedizione da parte del mondo liberal che in una sconfitta di Bibi avrebbe visto un duro colpo per l’amministrazione Trump. La sinistra aveva però trovato il suo campione in un generale un po’ di destra perché, benché Gantz si sia presentato con toni moderati ed un’aurea centrista, le sue politiche non sarebbero state poi così diverse da quelle di Netanyahu. Giulio Meotti, grande esperto di questioni israeliane, l’ha definito un “soft Bibi”. Ma nulla ha potuto contro l’originale e la sua “gloriosa macchina da guerra”, perché la coalizione di Benjamin Netanyahu si può veramente chiamare così. Invece, sull’ennesima sconfitta di giornali e sondaggi si potrebbero scrivere romanzi. Perché spesso ci si dimentica che sono le persone a votare, non i sondaggisti, e il popolo d’Israele, sicuramente, vede in Bibi una guida forte e stabile, adatta al momento storico che sta vivendo Israele. Con buona pace di esperti ed analisti.

NETANYAHU, VINCITORE CONTRO TUTTO E TUTTI

Netanyahu, il Likud e gli alleati hanno quindi vinto contro tutto e tutti. Hanno vinto contro Benny Gantz, e i media faziosi, e hanno ridotto i Laburisti al minimo storico. Bibi ha vinto anche contro le accuse, tutte da verificare, di corruzione e in un momento non certo tranquillo dal punto di vista del conflitto con i Palestinesi. Il Likud ha fatto un’impresa, addirittura crescendo in termini percentuali e di seggi. Non bisogna dimenticare che in questi anni i governi di Netanyahu hanno portato un’economia in costante crescita, grazie al ruolo fondamentale giocato dal settore tecnologico e dalle start up ed ottenuto grandi successi in politica estera (dallo spostamento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme al riconoscimento della sovranità sulle alture del Golan sempre da parte di Washington), dovuti anche allo speciale rapporto nato tra il premier israeliano ed il presidente Trump. Quindi questo grande risultato non può essere considerato inaspettato ed ha fondamenta solide e importanti.

L’Occidente non può non esultare di fronte a questa vittoria, perché in un momento di smarrimento e difficoltà, che a guidare Israele, l’avamposto della democrazia e della libertà, ci sia ancora Netanyahu non può che farci tirare un sospiro di sollievo. Allo stesso tempo dobbiamo farci trovare pronti a sostenere Gerusalemme nelle sfide del futuro, in particolare per quanto riguarda l’Iran, costante minaccia per Israele.

 

Articolo pubblicato su Atlanticoquotidiano.it

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