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Ecco cosa c’è nel Chips Act europeo

Chips Act

È entrato in vigore il Chips Act europeo, il piano da 43 miliardi per lo sviluppo di una filiera comunitaria dei microchip. Ecco obiettivi e struttura

Il 21 settembre è entrato in vigore il Chips Act europeo, il piano da 43 miliardi di euro per la produzione di microchip che dovrebbe mettere l’Unione europea nelle condizioni di competere con gli Stati Uniti e con l’Asia orientale in un settore fondamentale per l’economia del futuro: i settori delle tecnologie digitali, della difesa, dell’energia e delle telecomunicazioni dipendono da questi piccoli e sempre più sofisticati componenti.

I semiconduttori – ha spiegato il commissario al Mercato interno Thierry Breton – sono gli “elementi costitutivi essenziali delle tecnologie che daranno forma al nostro futuro, alla nostra industria e alla nostra base di difesa”.

LA GEOGRAFIA DEI MICROCHIP

Gli Stati Uniti si sono dotati di un proprio CHIPS Act già nell’agosto 2022: la legge vale in tutto 280 miliardi di dollari, di cui 52 miliardi dedicati allo sviluppo della manifattura di semiconduttori. Attualmente l’industria del chipmaking, cioè della fabbricazione materiale di questi dispositivi, si concentra in Asia e più precisamente in Taiwan, Giappone e Corea del sud.

Il Chips Act europeo punta a più che raddoppiare la quota manifatturiera di microchip dell’Unione entro il 2030, portandola dal 9 al 20 per cento del totale mondiale. La Commissione lo ha proposto nel febbraio del 2022. Lo scorso aprile è stato raggiunto un accordo politico in merito tra il Parlamento europeo e gli stati membri.

I TRE PILASTRI DEL CHIPS ACT EUROPEO

Il Chips Act europeo si compone di tre pilastri.

Il primo è la Chips for Europe Initiative, un’iniziativa che ha lo scopo di facilitare il trasferimento di competenze dal laboratorio alla fabbrica, e dunque favorire l’industrializzazione delle scoperte scientifiche. L’iniziativa riceverà un sostegno economico di 3,3 miliardi di euro provenienti dai fondi comunitari, “ai quali dovrebbero corrispondere fondi degli stati membri”, precisa un comunicato della Commissione. Queste risorse verranno investite nella creazione di linee di produzione, nello sviluppo di una piattaforma cloud per la progettazione di semiconduttori, nell’istituzione di centri di competenza, nello sviluppo di chip per il computing quantistico e nella creazione di un fondo – il Chips Fund – per migliorare l’accesso al credito.

Il secondo pilastro è un framework, ossia un quadro regolatorio, per attirare gli investimenti nella manifattura di microchip e garantire così la sicurezza degli approvvigionamenti: oggi le forniture arrivano principalmente dall’Asia e sono perciò esposte agli intoppi delle supply chain. La Commissione, in particolare, vorrebbe favorire l’apertura sul territorio comunitario di impianti first-of-a-kind, cioè all’avanguardia, che potranno ricevere aiuti di stato. L’etichetta first-of-a-kind non è limitata alle fabbriche che realizzano chip tecnologicamente avanzati, ma si applica anche alle strutture che impiegano soluzioni innovative di vario tipo (ad esempio processi che garantiscono una maggiore efficienza energetica) e i centri di eccellenza che offrono servizi.

Il terzo e ultimo pilastro del Chips Act europeo è un meccanismo di coordinamento tra gli stati membri e la Commissione che servirà a potenziare la collaborazione sul monitoraggio dell’offerta e dei livelli di domanda, in modo da prevenire eventuali carenze e attivare per tempo i meccanismi di risposta alle crisi.

Pubblicato su Start Magazine

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