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Elezioni Canada, riconferma di Trudeau in bilico

Canada

La partita è estremamente in bilico: alla tradizionale dialettica liberali vs conservatori si aggiungono “terzi partiti” particolarmente combattivi. L’approfondimento di Antonio Pilati per ilCaffègeopolitico sulle elezioni federali in Canada del 21 ottobre

Chiamato al voto il 21 ottobre, il Canada è una democrazia di modello Westminister, con una legge maggioritaria che solitamente conduce a un Parlamento bipartitico, in cui liberali e conservatori ottengono quasi tutti i 338 seggi. Si può però parlare di un Two party+1 system per via della tradizionale presenza del New Democratic Party, di sinistra, che solitamente ottiene qualche decina di seggi. In generale, i liberali di Justin Trudeau, attualmente al Governo, sono progressisti sul piano sociale e piuttosto favorevoli dell’intervento statale nell’economia (si ricordi che in America il termine “liberal” indica una filosofia di centrosinistra). I Tories di Andrew Scheer sono invece più in linea con il laissez-faire e più conservatori sui temi sociali. Per sommi capi, il Canada è un Paese piuttosto liberista economicamente e progressista sul piano sociale, aperto all’immigrazione e al multiculturalismo: il populismo non ha attecchito e permane una convergenza verso il centro. Anche qui si nota, inoltre, la dialettica città-campagna, laddove i liberali rappresentano per lo più l’elettorato delle metropoli e i giovani, mentre i conservatori le zone rurali. C’è poi il New Democratic Party, guidato da Jagmeet Singh, di religione sikh e famoso per essere il primo leader non bianco. Su molti temi sono simili ai liberali, quindi, nella necessità di ritagliarsi uno spazio, puntano sul criticare Trudeau come legato alle classi ricche e alle lobby, o come troppo morbido su politiche progressiste come il contrasto al cambiamento climatico.

TRUDEAU O NON TRUDEAU?

Quattro anni fa il premier godeva di una popolarità enorme: è stato efficace nel proporre un’immagine di leader giovane e carismatico, nonché di icona progressista, definendosi femminista e mostrandosi molto vicino ai temi LGBT e alle minoranze etniche. Durante il suo Governo l’economia è andata bene, spinta anche da un grosso piano infrastrutturale e da maggiore spesa pubblica: gli ultimi dati mostrano una crescita del PIL al 3,7%, con cifre addirittura del 4,4% nel 2017. Si è però caratterizzato per tre grosse promesse rotte: il mancato contenimento del deficit, la mancata riforma della legge elettorale in senso proporzionale (ragionevole in un sistema partitico sempre più plurale) e l’approvazione della Transmountain pipeline, progetto in contraddizione ai suoi programmi ambientalisti e di tutela delle popolazioni indigene, per il quale viene attaccato fortemente da sinistra. Altri affanni provengono dal famoso “blackface scandal” e dall’affare SNC-Lavalin, vicenda che aveva portato alle dimissioni di due ministri e a un’immediata caduta della popolarità del premier, la cui condotta era stata valutata in violazione al conflitto di interessi. In politica estera ha avuto un ruolo rilevante nelle rinegoziazioni del TPP e del NAFTA (sul quale ha però fatto pesanti concessioni).

ELEZIONI SUL FILO DEL RASOIO

Lo scenario è estremamente in bilico, con liberali e conservatori vicinissimi nei sondaggi, nonostante la popolarità di Trudeau sia oggi molto più bassa. I Tories scontano infatti un leader poco carismatico, il giovane Andrew Scheer, anche se una linea più difensiva può essere un vantaggio per i conservatori, incentrando la campagna su un Primo Ministro che ha un tasso di disapprovazione del 60%. La tattica di Scheer è presentarsi come vicino all’uomo comune, accusando di Trudeau di puntare più sull’immagine che sulla sostanza e di avere fatto poco per la classe media, come dimostra l’aumento dei prezzi delle case e del debito privato verificatosi negli ultimi anni. Il premier replica indicando l’avversario come un “Trump del Nord”, accentuandone il conservatorismo sociale (sebbene Scheer ormai posizioni moderate su aborto e matrimoni gay) o la debolezza delle proposte sull’ambiente. Ci sono comunque alcuni campanelli d’allarme per il Primo Ministro: i liberali hanno perso le ultime elezioni locali e mentre Scheer poggia su un elettorato anziano e affidabile, i giovani stanno ora abbandonando il premier. Attenzione inoltre agli altri partiti, che probabilmente otterranno più voti del solito rosicchiandone per lo più ai liberali: Singh ha vinto l’ultimo dibattito e i verdi vanno forti grazie ai temi ambientali. Soprattutto, i nazionalisti francofoni, che potrebbero volare a 32 seggi dai 10 attuali, stanno mettendo in difficoltà Trudeau nell’importante Quebec: di solito, quando i liberali vincono qui ottengono la maggioranza in Parlamento. D’altro canto, il maggioritario è “spietato” con i partiti piccoli e solitamente i premier ottengono un secondo mandato. Uno scenario plausibile vede i conservatori arrivare primi ma senza una maggioranza, dando modo ai liberali di creare un Governo di minoranza, potenzialmente sostenuto dall’NDP.

 

Articolo pubblicato su ilcaffegeopolitico.org

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