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Garante privacy

Garante privacy, verso le dimissioni? Ecco chi può subentrare

Dopo le inchieste di Report sul caso Ghiglia, i suoi incontri con Arianna Meloni e con il responsabile di Meta in Italia nel 2024, le opposizioni chiedono l’azzeramento di tutto il consiglio del Garante. Cosa può succedere

Mentre l’opposizione chiede le dimissioni di tutto il Consiglio del Garante sulla privacy, la premier Giorgia Meloni risponde che il Consiglio è stato scelto dal governo Pd-M5S e la decisione di azzerarlo non può spettare a lei.

Ma a meno di dimissioni volontarie di almeno metà dei componenti, neanche lei potrebbe l’incarico ai membri dell’Authority. I qual, per bocca del presidente Raffaele Stanzione, intervistato ieri sera dal Tg1, respingono le accuse ed escludono qualsiasi dietrofront.

GARANTE DELLA PRIVACY

L’Autorità del Garante per la Privacy è formata da quattro componenti eletti dal Parlamento che restano in carica sette anni. Il collegio è scelto metà dalla Camera e metà dal Senat. L’ultima elezione risale al 14 luglio 2020. I suoi compiti sono la protezione dei dati personali.

L’attuale presidente è Pasquale Stanzione, nome proposto dal Pd, già professore straordinario di diritto privato presso la Link Campus University di Roma. La vicepresidente è Ginevra Cerrina Feroni, espressione della Lega, oltre ai componenti in quota FdI Agostino Ghiglia e Guido Scorza per il M5S.

I FATTI PRECEDENTI

Il componente del collegio Agostino Ghiglia è nel mirino dell’opposizione per aver incontrato in via della Scrofa Arianna Meloni, poco prima che l’Autorità decidesse una multa di 150 mila euro a Report per la diffusione di una conversazione privata tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie. Non solo. Report oltre a fare una radiografia delle spese dell’Authority, ha parlato anche della multa da 44 milioni a Meta finita con un nulla di fatto. Secondo le ricostruzioni Ghiglia avrebbe incontrato Angelo Mazzetti, responsabile istituzionale di Meta in Italia alla vigilia della decisione sulla multa.

COSA PUO’ SUCCEDERE

I membri dell’Authority, in carica fino al 2027, non possono essere rimossi dal Parlamento e per ora non sembrano intenzionati a fare un passo indietro. Nessuno può revocare l’incarico ai consiglieri e un azzeramento è possibile solo qualora metà del Consiglio rassegni le dimissioni.

Dopo l’apertura di Scorza, prima Agostino Ghiglia a La7 e poi il presidente Stanzione ieri al Tg1 hanno escluso categoricamente l’ipotesi di abbandonare l’Authority.

IN CASO DI SCIOGLIMENTO

In caso di scioglimento, si pescherebbe tra i giuristi vicini al centrodestra. Come Ida Nicotra, professoressa di diritto costituzionale vicina a Ignazio La Russa, oggi  presidente della Scuola superiore di Catania, già componente dell’Autorità nazionale anticorruzione e della commissione di studio per le riforme costituzionali.

Tommaso Frosini, professore di diritto pubblico e costituzionale all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, vicepresidente del Cnr fino al 2021 e professore del “premierato”.

Ma anche Nicolò Zanon, giudice e già vicepresidente della Corte costituzionale, da sempre di destra. E ancora, lo storico Alessandro Campi e la direttrice di Lapresse Alessia Lautone.

 

 

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