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Google garantisce la privacy con l’applicazione anti-COVID19, ma continua la raccolta dati sulla localizzazione

Google

Per Google si riaccendono le polemiche sulle controverse app anti-contagio, che devono avvertirci se siamo esposti al virus e al tempo stesso proteggere la nostra privacy

Quando, in aprile, Google e Apple hanno annunciato i progetti per il software gratuito in grado di avvertire le persone della loro possibile esposizione al coronavirus, le aziende lo hanno promosso come strumento che “rispetta la privacy” e hanno affermato che non avrebbe tenuto traccia delle posizioni degli utenti. Incoraggiati da queste garanzie, Germania, Svizzera, Italia e altri Paesi hanno utilizzato il codice per sviluppare app di contact tracing che sono state successivamente scaricate più di 20 milioni di volte. Ma affinché le app funzionino sugli smartphone con il sistema operativo Android di Google – il più diffuso al mondo – gli utenti devono prima abilitare la localizzazione del dispositivo, che attiva il GPS e può consentire a Google di determinarne la posizione.

LE PROMESSE DEI GOVERNI

Alcuni funzionari governativi sono sembrati sorpresi dal fatto che la società fosse riuscita a rilevare la posizione degli utenti Android. Cecilie Lumbye Thorup, portavoce del ministero della salute danese, ha dichiarato che intendeva “avviare un dialogo con Google su come utilizzano i dati di localizzazione”. La Svizzera ha dichiarato di aver spinto Google per settimane a modificare i requisiti di localizzazione, che si aggiungono alle già numerose preoccupazioni in materia di privacy. Funzionari governativi ed epidemiologi sostengono che le app possono essere un’utile integrazione agli sforzi della sanità pubblica per arginare la pandemia, cosa ribadita recentemente anche dal Direttore Generale dell’OMS, ma le associazioni per i diritti umani e gli esperti di tecnologia hanno avvertito che l’aggressiva raccolta di dati e le falle di sicurezza di molte app mettono a rischio centinaia di milioni di persone per stalking, truffe, furto d’identità o per l’opprimente tracciamento del governo – almeno in alcuni Paesi.

LA RISPOSTA DI GOOGLE

Come si legge sul New York Times, Pete Voss, uno dei portavoce di Google, ha controbattuto che le app anti-COVID19 con sistema Android “non utilizzano” la posizione del dispositivo. Questo vale anche per le persone che risultano positive al test del virus e che usano le app per informare gli altri utenti. Le app attivano segnali di scansione Bluetooth per rilevare gli smartphone che entrano in stretto contatto tra loro, senza bisogno di conoscere la posizione dei dispositivi. Dal 2015, il sistema Android di Google richiede agli utenti di abilitare la posizione sui loro telefoni per la ricerca di altri dispositivi Bluetooth. Tuttavia, una volta che gli utenti Android accendono la localizzazione, Google può anche determinare la loro posizione precisa attraverso un’impostazione chiamata Google Location Accuracy e utilizzare i dati per migliorare i servizi di localizzazione. Voss ha detto che senza l’autorizzazione dell’utente non è possibile accedere alla posizione del dispositivo Android di una persona.

Apple, che non richiede agli utenti iPhone di attivare la localizzazione, non ha commentato le pratiche di Google. Tuttavia, secondo alcuni esperti di sicurezza e privacy, il requisito di localizzazione Android sottolinea un preoccupante squilibrio di potere tra i governi e i due giganti della tecnologia che dominano il mercato mobile. Google e Apple – e questo sembra essere un paradosso – in sostanza impediscono alle applicazioni anti-COVID19 dei governi di utilizzare la loro tecnologia per tracciare la posizione degli utenti, ma ciò non può impedire che Google possa localizzare le posizioni dei dispositivi Android, a seconda delle impostazioni, per fini aziendali.

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