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Hong Kong, infiamma la protesta per le interferenze della Cina

Riforma Sistema Elettorale Hong Kong

L’approfondimento di Francesca Ghiretti per Affarinternazionali

Quando Zhang Yesui, portavoce dell’Assemblea nazionale del Popolo, ha confermato le voci che vedevano la redazione di una legge per la sicurezza nazionale per Hong Kong annoverata tra le questioni che sarebbero state affrontante durante l’Assemblea nazionale del Popolo, sono riemersi i timori della fine di Hong Kong per come la conosciamo.

La sua redazione e approvazione sarebbe di competenza del governo di Hong Kong, ma venerdì scorso Pechino, stanca dei numerosi fallimenti del governo locale e della lunga attesa, ha deciso di occuparsene direttamente. Se la cosa ha turbato i cittadini di Hong Kong, non ha di certo turbato il governo locale: prevedibilmente, la governatrice Carrie Lam ha espresso il proprio supporto per l’iniziativa.

I MOTIVI DELLE PROTESTE

Quali sono i dettagli della legge e perché i cittadini di Hong Kong si oppongono alla sua approvazione? Hong Kong possiede una mini-costituzione, la Hong Kong Basic Law, all’interno della quale si trova l’articolo 23 che prevede l’illegalità di azioni che presentano un pericolo per la sicurezza nazionale. Nel 2003, il governo di  ha introdotto un disegno di legge sulla sicurezza nazionale per meglio delineare e implementare l’articolo 23.

Tuttavia, in seguito a proteste e critiche nei confronti di contenuti che limitavano eccessivamente le libertà della popolazione, la legge è stata ritirata. Da allora la questione non è mai stata risollevata né realmente risolta, dato che Pechino ha continuato ad aspettarsi l’introduzione di tale legge.

Le proteste tuttavia sono riprese nel 2019 con la presentazione di un disegno di legge per permettere l’estradizione di individui da Hong Kong alla Cina continentale. Nonostante il disegno di legge sia stato ritirato, le proteste sono continuate a difesa dell’autonomia di Hong Kong contro le interferenze di Pechino. Quindi, la legge su cui sta lavorando adesso Pechino nasce da queste premesse e dall’articolo 23.

LA BOZZA E LA LEGGE

In cosa consiste questa nuova legge? La bozza dell’articolo 4 autorizza “organi del governo del popolo centrale rilevanti per la protezione della sicurezza nazionale” di stabilire succursali a Hong Kong e svolgervi attività la cui natura rimane poco chiara.

Saranno solo attività di controllo o anche di applicazione della legge? L’articolo 6 delinea invece la parte operazionale e recita: “è autorizzato a redigere leggi sull’istituzione e il miglioramento dei sistemi giuridici e dei meccanismi di applicazione per la salvaguardia della sicurezza nazionale al fine di prevenire, arrestare e punire efficacemente qualsiasi condotta che metta seriamente in pericolo la sicurezza nazionale, come il separatismo [o secessione], sovversione del potere statale o organizzazione e svolgimento di attività terroristiche, nonché attività di forze straniere e d’oltremare che interferiscono negli affari di Hong Kong”.

Il testo della bozza potrebbe cambiare prima dell’approvazione del voto giovedì e prima della finale approvazione. Come d’abitudine, la scelta delle parole lascia ampio spazio all’interpretazione e permette a Pechino di sostenere che non vi sarà alcun cambiamento nelle libertà dei cittadini o nell’indipendenza giudiziaria di Hong Kong.

In poche parole, tuttavia, l’approvazione della legge da parte dell’Assemblea nazionale del Popolo segna la fine dell’accordo conosciuto come “un Paese, due sistemi”, che ha permesso a Hong Kong di far parte della Cina, al contrario di Taiwan, che ritiene appieno la propria indipendenza, ma nel frattempo mantenere la propria autonomia.

CINA E COMUNITÀ INTERNAZIONALE

Vi sono diverse spiegazioni del perché Pechino abbia scelto proprio questa assemblea per muoversi a riguardo. In primis, l’inclusione della legge nell’agenda dell’Assemblea sembra essere atta a lanciare un segnale al mondo e alla propria popolazione che la Cina è un Paese forte, stabile e determinato. Allo stesso tempo è probabile che Pechino abbia visto nella pandemia un’occasione unica per poter passare la tanto agognata legge, dato che il Covid-19 tiene i più lontani da assembramenti nelle strade. In ogni caso, ci sono buone probabilità che questo sia, almeno marginalmente, un test nei confronti della comunità internazionale.

La legge è stata votata giovedì 28 maggio, passando con 2878 voti a favore, 1 contrario e 6 astenuti. Nonostante vi siano minori ostacoli sia di natura legale, politica e sociale, si prevede che la legge entrerà in vigore tra la fine di agosto e l’inizio di settembre di quest’anno. Questa così repentina decisione, destinata a cambiare radicalmente la natura di Hong Kong, ha naturalmente scatenato proteste e numerose reazioni da parte della comunità internazionale. Gli Stati Uniti, che si trovano già nel pieno di un’intensa lotta di narrative con la Cina e che l’anno scorso hanno passato una legge per la protezione di Hong Kong, hanno minacciato serie ripercussioni. Il 27 maggio, un giorno prima del voto ufficiale, il Segretario di Stato Mike Pompeo ha dichiarato che Hong Kong non è più autonoma. Il Regno Unito, ex potere coloniale a Hong Kong, che lo ha restituito alla Cina nel 1997 con la firma della Dichiarazione congiunta sino-britannica, contenente le condizioni dello status particolare di Hong Kong, ha  espresso il proprio dissenso e ha visto l’apertura di un più intenso dibattitto interno sul da farsi in quanto firmatario di tale accordo. 201 parlamentari e 23 Paesi hanno espresso il proprio dissenso nei confronti dell’azione in quanto viola la Dichiarazione congiunta sino-britannica. Anche l’Unione europea ha dichiarato il proprio sostegno per la condizione autonoma di Hong Kong.

Considerando che l’esercito cinese si è detto pronto a proteggere la sicurezza dell’isola e dell’unità nazionale, se si arriverà a uno scontro tra i cittadini di Hong Kong e le forza armate, come reagirà la comunità internazionale? Se delle ripercussioni da parte degli Stati Uniti per lo meno di natura commerciali sono quasi un dato di fatto, rimane poco chiara la risposta europea. Persino all’interno dell’ex potere coloniale, il Regno Unito, il dibattito sulle prossime mosse rimane aperto. Per quanto riguarda il continente, cresce lo scetticismo riguardo il desiderio dei Paesi europei di rischiare la propria relazione – economica – con la Cina per Hong Kong, segnando ancora una volta una divisione nell’ex mondo libero sull’approccio da adottare.

La futura gestione della questione Hong Kong sarà banco di prova non solo per la Cina e per gli Stati Uniti, ma anche per l’Unione europea e i suoi Stati, nonché per la già altalenante alleanza atlantica.

 

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

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