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Hong Kong: manifestanti in piazza contro l’Extradition Bill

L’articolo di Sara Nicoletti, Stefania Montagna, Elena Ventura per il Cesi sulle proteste a Hong Kong contro l’Extradition Bill

Il 9 giugno, centinaia migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade di Hong Kong per contestare il così detto Extradition Bill, ovvero la controversa legge, che, se approvata, aprirebbe all’estradizione da Hong Kong di cittadini ricercati all’estero verso lo Stato richiedente, compresa Cina, Taiwan e Macau. Proposta lo scorso febbraio, la legge è ancora in fase di discussione al Consiglio Legislativo, organo unicamerale preposto (tra l’altro) all’approvazione delle leggi vigenti nella Regione Autonoma.

LA MANIFESTAZIONE DI HONG KONG

Nonostante, ci siano dati discordanti sul numero esatto di persone coinvolte nella manifestazione, la mobilitazione di manifestanti raggiunta nelle ultime ore ha reso la protesta una degli eventi politici più significativi per la città dal 1997. Il corteo, iniziato pacificamente, è degenerato in scontri lo scorso 12 giugno, dopo l’uso, da parte della polizia, di lacrimogeni e proiettili di gomma, che hanno causato il ferimento di circa 80 persone.

MOTIVO DELLA PROTESTA

L’opposizione alla legge nasce dal timore della popolazione che la proposta possa aprire la strada ad una perdita di autonomia della Regione Autonoma rispetto al governo cinese. Infatti, Hong Kong gode di un limitato auto-governo e specifiche libertà civili, come sancito dal regolamento Un Paese, Due Sistemi. Nonostante questa legge dovrebbe essere applicabile solo per coloro che hanno commesso crimini per i quali sia prevista una pena minima di 7 anni, in molti temono che possa arrivare a colpire attivisti politici e lasciarli vittime del sistema giuridico cinese.

L’OMBRA DEL PARTITO COMUNISTA CINESE

Il disegno di legge, infatti, è stato proposto su iniziativa di Carrie Lam, alla guida dell’esecutivo di Hong Kong dal 2017. La leader politica, tuttavia, è percepita dalla popolazione locale come simbolo della longa mano di Pechino ad Hong Kong, dal momento che la sua elezione è stata fortemente sponsorizzata dal Partito Comunista Cinese. In un momento in cui non sono ancora chiare le tempistiche della discussione definitiva della legge, la dilatazione dei tempi di risoluzione potrebbe generare una incerta fase di stallo in tutta la Regione Autonoma.

 

Articolo pubblicato su cesi-italia.org

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