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Il marketing fa bella Kamala Harris, ma le basterà per vincere le elezioni?
Kamala Harris accetta la candidatura. Mancano solo 74 giorni alla sfida finale con Donald Trump e mai come ora, scrivono i quotidiani, questo duello potrà cambiare il destino dell’America e del mondo. Da Chicago una grande operazione di marketing ora però bisogna tradurre quest’energia in voti reali
Non ci sono state grandi sorprese ma l’impatto della candidatura di Kamala Harris parla da solo. Non solo per i temi affrontati – dalla libertà al patriottismo, parlando sempre alla middle class come ricorda la cronaca del Corriere della Sera, con una sfida che, sottolinea Repubblica, “sembra come quella di Obama” – ma soprattutto perché appare evidente, almeno sui media, la contrapposizione tra vecchio e nuovo, tra Donald Trump e la sua idea ultraconservatrice e la Harris che parla, prima di tutto, con la sua storia personale.
KAMALA IL NUOVO, TRUMP IL VECCHIO, UNO SCHEMA ‘TROPPO RIDUTTIVO’
“Questa donna 59enne candidata alla poltrona più importante della nazione ha raccontato come la mamma divorziata, Shyamala Gopalan, immigrata dall’India, l’ha cresciuta in California” – scrive Viviana Mazza sul Corriere della Sera – un modo per mostrare di capire molto bene le difficoltà della classe media nell’America di oggi. Diversi speaker nei giorni scorsi hanno rievocato come Harris abbia lavorato per McDonald’s da giovane, per contrapporla alla ricchezza ereditata da Trump. Si è ritratta come una procuratrice della California che ha fatto giustizia contro truffatori e predatori sessuali e non poteva mancare la frase dei suoi comizi: “Per questo so bene che tipo è Donald Trump”. Il gioco dei media nostrani ma anche statunitensi è fin troppo facile nello schema: contrapporre la storia personale di Harris con quella di Trump, tra lasciando ad esempio, come riporta Paolo Giordano sempre sul quotidiano di via Solferino “la politica estera”.
NIENTE POLITICA ESTERA, SI PUNTA SULLE DONNE
Già perché forse proprio su questo terreno le posizioni democratiche – vedi la politica di Joe Biden – non hanno avuto molto appeal tra gli americani, dall’Ucraina al Medio Oriente, mentre Trump potrebbe dare un’inversione, perfino positiva, secondo molti osservatori, ai vari focolai accesi nel mondo. Così si è deciso, nella convention democratica di Chicago di puntare più sull’immagine che sui temi reali e mettendo le donne in primo piano. “Hillary Clinton, Michelle Obama e Oprah Winfrey. Tre donne, due pezzi di storia recente del Partito democratico e un pezzo di storia tout- court dei media, dello spettacolo e della cultura Usa. Da loro è venuto il “boost” più convincente e potente alla candidatura di Harris alla Casa Bianca” riporta Marco Liconti nella sua cronaca per la Stampa. Ma basterà tutto questo, tra 74 giorni, tanti ne mancano alle presidenziali, per far vincere la democratica Harris? Nessuno ricorda l’entusiasmo intorno a Hillary Clinton data per vincente e poi a sorpresa sconfitta, proprio da Trump?
DA OGGI HARRIS DOVRA’ LAVORARE PER TRADURRE L’ENERGIA IN VOTI
Per l’analista Gregory Alegi, sul Sole24Ore, “sotto qualunque aspetto la si misuri, dalla musica al pubblico, dagli slogan ritmati dalla folla alla raccolta fondi, sono stati quattro giorni dinamici e scoppiettanti”. Che dal punto di vista del marketing sia stato tutto costruito alla perfezione lo riporta in prima pagina anche il Foglio che con Michele Misneri fa “un viaggio tra gli influencer, anzi creator, assoldati per la prima volta dal Partito democratico americano per rilanciare la convention, scovando pure un Kennedy, re di TikTok”. Ma tutta questa macchina che si è messa in moto basta per arrivare a tagliare il traguardo ed avere la prima donna presidente degli Stati Uniti d’America? “Da domani, Harris dovrà lavorare per tradurre l’energia in voti” annota Gregory Alegi riprendendo le parole del candidato vicepresidente Tim Walz, che è stato anche allenatore di football, vincitore del campionato liceale del Minnesota: “Siamo nell’ultimo quarto di partita e sotto di tre punti. Ma siamo all’attacco e abbiamo il possesso di palla”. In realtà, sotto certi aspetti la partita inizia proprio ora. Trump e Harris hanno entrambi incassato i bonus per gli imprevisti (attentato e novità) e le convention. In tal senso, i due partiti sono per la prima volta ad armi pari”. E la partita è ancora lunga 74 giorni…