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Isis, la jihad del dopo al-Baghdadi

Al-Baghdadi

L’analisi del Cesi sulle prospettive di Isis in seguito alla morte del suo leader e fondatore Al Baghdadi.

Lo scorso 26 ottobre, Abu Bakr al-Baghdadi, leader e fondatore dello Stato Islamico (o Daesh), è stato ucciso nel corso di una operazione del Delta Force statunitense nella città siriana di Barisha, nel governatorato di Idlib. Al-Baghdadi, il cui vero nome era Ibrahim Ali al-Badri al-Samarrai, era considerato da Washington l’uomo più pericoloso al mondo e, di conseguenza, il più ricercato dalle sue autorità investigative e di intelligence. Radicalizzatosi a partire dal 2003, in seguito alla missione USA “Iraqi Freedom”, al-Baghdadi ha militato a lungo nelle file di al-Qaeda in Iraq prima di dare vita allo Stato Islamico nel 2014.

L’ESPANSIONE DEL DAESH

Leader molto schivo, apparso in pubblico soltanto in occasione del famoso sermone alla moschea di Mosul nel 2014, al-Baghdadi ha avuto un impatto molto profondo sullo sviluppo del jihadismo internazionale, creando un’organizzazione che, sfruttando le vulnerabilità politiche e di sicurezza in Iraq e Siria, ha saputo imporre il proprio controllo sul territorio e sviluppare un modello amministrativo ed economico para-statale come mai era riuscito prima ad un movimento terroristico. All’apice della sua espansione, nel 2015, lo Stato Islamico controllava numerose province a cavallo tra Siria ed Iraq, gestiva una complesso sistema economico illegale fondato sui traffici illeciti e somministrava servizi assistenziali alla popolazione civile. Tuttavia, la maggior arma a disposizione di Daesh è stata e resta tutt’ora una macchina propagandistica e comunicativa di portata globale in grado di diffondere velocemente il messaggio jihadista, agevolare i contatti tra i miliziani e favorire i processi di radicalizzazione anche a distanza. Più che in passato, la strategia mediatica di Daesh è riuscita a manipolare e sfruttare il disagio politico, sociale, economico ed identitario di individui e comunità vulnerabili in tutto il mondo. Dall’Africa alle degradate periferie europee, dal Medio Oriente ai nuovi fronti asiatici, Daesh ha saputo adattarsi alle diverse società umane, modificando tattiche ed alleanze senza mai snaturare i propri obiettivi.

LE CONSEGUENZE DELLA NEUTRALIZZAZIONE DI AL-BAGHDADI

Per quanto la neutralizzazione di al-Baghdadi rappresenti un duro colpo inflitto allo Stato Islamico e al movimento jihadista internazionale nel suo insieme, la lotta al terrorismo globale è ben lungi dall’essere conclusa. Infatti, anche se Daesh ha perso il suo leader e la sua dimensione territoriale in Medio Oriente, i suoi franchise sopravvivono e proliferano nel resto del mondo e la sua propaganda continua a guidare i processi di radicalizzazione di società ed individui fragili. La guerra al terrorismo, iniziata nel 2001 in risposta agli attentati dell’11 settembre, ha sinora dimostrato come il jihadismo sappia resistere alla fine dei suoi leader, agevolato nella sua diffusione ed evoluzione dalla perduranza dei fattori che ne permettono la nascita e lo sviluppo, ossia povertà, sottosviluppo, lacune di governance e conflittualità inter-etniche.

 

Articolo pubblicato su cesi-italia.org

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