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Israele, lo spettro delle terze elezioni

Israele

Per la primo volta nella storia del Paese, Israele si trova un premier in carica accusato formalmente di frode, corruzione e violazione della fiducia. L’analisi di Nello del Gatto per affarinternazionali

Il 21 novembre 2019 sarà ricordato dagli storici di Israele come il giorno nel quale due primati politici, non certo esaltanti, furono raggiunti. In mattinata, a poco più di due mesi dalle elezioni, dopo la riconsegna del mandato presidenziale prima da parte di Benjamin Netanyahu e poi di Benny Gantz, che allo scadere del loro incarico hanno dichiarato l’impossibilità di formare il governo, per la prima volta nella storia di Israele il presidente Rueven Rivlin ha dato mandato a Yuli Edelstein, speaker della Knesset, il parlamento di Gerusalemme, di trovare una strada per formare un nuovo governo, per evitare le terze elezioni di fila.

In serata, pure per la primo volta nella storia del Paese, Israele si trova un premier in carica accusato formalmente di frode, corruzione e violazione della fiducia in tre casi.  Potrebbe così finire la parabola politica di Benjamin Netanyahu che, a proposto di primati, è il premier che ha avuto l’incarico più a lungo nella storia di Israele, superando anche il fondatore di Israele e primo premier David Ben Gurion.

NETANYAHU A PROCESSO, MA CON TEMPI LUNGHI

La tanto attesa pronuncia del procuratore generale Avichai Mandelblit è arrivata, “con dolore, in un giorno triste per Israele e per me”, come ha lui stesso dichiarato in serata in conferenza stampa. Netanyahu dovrà essere sottoposto a processo, ma la cosa non sarà rapida. Potrebbero essere necessari mesi prima che vengano presentate accuse formali, poiché Netanyahu probabilmente chiederà l’immunità parlamentare alla Knesset.

La commissione e il plenum della Knesset dovranno allora pronunciarsi sull’immunità del premier, ma al momento la commissione non ha membri, in quanto non è stato ancora firmato un accordo di coalizione nell’attuale Parlamento per la suddivisione dei seggi. Solo una volta formata una nuova coalizione, nelle prossime tre settimane o, in mancanza, dopo il prossimo turno di elezioni previsto per marzo, un comitato della Knesset potrà affrontare la questione.

Anche se la richiesta di immunità di Netanyahu venisse respinta, potrebbe volerci fino a maggio o a giugno dell’anno prossimo per prendere la decisione formale, e forse anche di più, se anche le prossime elezioni non porteranno a una coalizione. Ci vorranno quindi anni prima di vedere Netanyahu in galera, eventualmente.

Dopotutto, c’è un precedente. Ehud Olmert, ex sindaco di Gerusalemme ed ex premier, nel 2008 si dimise quando era capo del governo, prima di ricevere le accuse formali di corruzione per un caso di tangenti per la costruzione di un ecomostro alla periferia di Gerusalemme, quando era sindaco della città santa. Olmert finì in galera solo a febbraio del 2016 tra primo grado e appello, oltre ad altri ricorsi. Stante la stasi nella politica israeliana, i tempi del giudizio di Netanyahu potrebbero essere lunghi.

LE ACCUSE A NETANYAHU

Ma di cosa è accusato Netanyahu? Sono tre i casi per i quali il procuratore Avichai Mandelblit ha deciso di incriminarlo. Le accuse sono di frode e violazione della fiducia nei casi 1000 e 2000, e di corruzione, frode e violazione della fiducia nel caso 4000, che è il più grave per il premier.

Il Caso 1000 – Il premier è accusato di aver ricevuto doni ingenti da due facoltosi amici (il magnate di Hollywood Arnon Milchan e il miliardario australiano James Packer) in cambio di alcuni favori, come aiuti nell’ottenimento di visti e agevolazioni e promozione di interessi commerciali. Secondo l’accusa i due avrebbero dato sia a Netanyahu che a sua moglie Sara oltre un milione di shekel (260 mila euro) oltre a viaggi e pernottamenti in hotel per i familiari. Gli investigatori sono risaliti a queste ‘donazioni’ grazie a testimonianze e altri documenti.

Il Caso 2000 – Per gli investigatori, Netanyahu avrebbe usato la sua influenza sull’editore del quotidiano gratuito Israel Hayom, un suo grosso sostenitore, affinché questi limitasse la diffusione del giornale. In questo modo, avrebbe favorito la diffusione del principale giornale concorrente, Yedioth Ahronoth, che era molto critico nei confronti del premier. Netanyahu, per ottenere migliore copertura personale da Yedioth, ne avrebbe contattato l’editore, promettendogli maggiore diffusione e quindi maggiori introiti pubblicitari a scapito di quello del suo sostenitore. Netanyahu è stato registrato in questa conversazione. L’accordo poi non è stato realizzato.

Il Caso 4000 – Questo è il caso più grave e riguarda le decisioni di Netanyahu, come ministro delle telecomunicazioni, a beneficio del guru dei media Shaul Elovitch, l’uomo dietro il colosso di internet Bezeq. Netanyahu, per ottenere coperture positive sul sito web Walla News, di proprietà della società di Elovitch, la più grande società di telecomunicazioni di Israele, avrebbe messo in atto azioni e regolamenti a favore del magnate, sostituendo anche responsabili del dicastero non acquiescenti. Per gli inquirenti, sia il premier che sua moglie, come pure Elovitch e sua moglie, sono intervenuti continuamente per influenzare i contenuti del sito, intromettendosi anche sulle nomine dei giornalisti. In cambio, Elovitch avrebbe avuto agevolazioni e favori che gli hanno fruttato oltre 500 milioni di dollari.

LA DIFESA DI NETANYAHU E CHE ACCADE ORA

Netanyahu, nelle sue dichiarazioni alla stampa dopo l’incriminazione, ha parlato di volontà di sovvertire il governo, di abuso degli investigatori, di non ricerca della verità ma di caccia alle streghe e personalmente a lui, chiedendo agli israeliani di pretendere una indagine sugli investigatori.

Che succede ora? Dicevamo che stamattina il presidente israeliano ha dato incarico alla Knesset di trovare il premer e il governo. Nei prossimi 21 giorni, chiunque tra i 120 parlamentari eletti potrà presentare un progetto di governo dimostrando di avere il sostegno di almeno 61 colleghi. Tra questi, anche gli stessi Gantz e Netanyahu. Ma anche il falco Avigdor Lieberman, a capo del partito russofono, ago della bilancia con i suoi 8 voti e che si è subito affrettato a dire di sperare che Netanyahu esca pulito.

Per la legge israeliana, un ministro indagato deve dimettersi, ma non è lo stesso per il premier. E infatti Bibi ha annunciato che non si dimetterà da primo ministro; dovrà invece farlo da ministro della Sanità, del Welfare e della Diaspora, incarichi che ricopre ora. Secondo alcuni costituzionalisti, non potrebbe neanche ricevere l’incarico di formare il governo, ma non c’è nessuna norma specifica. È difficile che decida di fare un passo indietro e di non tentare di guidare ancora il Paese, anche se il partito laburista ha annunciato un ricorso all’Alta Corte per rimuovere Netanyahu dal suo incarico. Il Blu e Bianco di Gantz ha subito detto che non è possibile fare una coalizione con un premier incriminato.

OUTSIDER ALLA RIBALTA

E cominciano a uscire altri outsider. Primo fra tutti, Gideon Sa’ar. L’uomo, ex ministro dell’Educazione ed ex ministro degli Interni, contende a Netanyahu la leadership del Likud. Il nome di Sa’ar è stato fatto spesso negli ultimi mesi e settimane come possibile premier al posto di Bibi. La sua figura sarebbe accettata anche dai rivali politici. Non a caso quando il mese scorso il Likud, per uscire dall’impasse nella formazione del governo, annunciò che avrebbe tenuto primarie per la leadership, lui si disse pronto.

Il suo nome era stato fatto dai giornalisti anche dopo l’ultimo incontro nella residenza del presidente, prima che questi affidasse l’incarico a Netanyahu, quando ci si chiedeva chi avrebbe potuto guidare il governo se non Netanyahu. L’attuale premier teme il confronto con Sa’ar, sa che attira consensi anche tra gli avversari politici, per cui anche oggi ha bloccato un tentativo di alcuni suoi parlamentari di tenere le primarie.

Parlando in mattinata in un forum internazionale a Gerusalemme, Sa’ar ha detto che lui guiderà il prossimo governo formando una coalizione per unire il Paese e la nazione. Nell’idea di Sa’ar c’è il governo di coalizione tanto spinto dal presidente Rivlin sin dal giorno dopo le elezioni di settembre, e che non è stato formato soprattutto per la presenza di Netanyahu e la volontà del Blu e Bianco di non sedere a fianco di colui che, oggi, accusato di reati gravi, ha battuto un altro record nei 71 anni di storia di Israele.

 

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

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