Se Pedro Sánchez vuole confermarsi “uomo dell’anno” anche l’anno prossimo e continuare il suo percorso da premier in Spagna, la sua sfida per il 2026 non sarà solo difendere la crescita economica, ma trasformarla in fiducia politica e poi in tenuta democratica
All’indomani delle elezioni in Estremadura — storica roccaforte socialista oggi conquistata dalla destra — la Spagna di Pedro Sánchez si conferma un laboratorio ambivalente: capace di produrre risultati economici ammirati oltre confine, ma sempre più esposto a tensioni politiche e istituzionali in casa.
Da un lato, gli esecutivi guidati da Sánchez hanno dimostrato che continuità riformista, politiche industriali e coesione sociale possono sostenere la crescita anche in un contesto europeo difficile. Dall’altro, l’avanzata di Vox, il calo nei consensi, gli arresti che hanno coinvolto esponenti del Partito socialista e la prospettiva dell’ennesimo rimpasto, indicano con chiarezza che i risultati economici, da soli, non bastano a garantire stabilità politica.
CONTINUITÀ RIFORMISTA E CRESCITA ECONOMICA
Pedro Sánchez — al governo dal 2018, prima con un esecutivo di minoranza e poi con due governi di coalizione progressista — ha dichiarato in un’intervista rilasciata a L’Espresso che una delle chiavi del successo e’ stata proprio quella di aver scelto di non smantellare l’impianto ereditato dai precedenti governi, ma, piuttosto di averlo orientato verso nuove priorità. È accaduto sul fronte energetico, con una forte spinta alle rinnovabili che ha contribuito a rendere più competitivo il costo dell’elettricità per imprese e famiglie; sul lavoro, riducendo la precarietà senza frenare le assunzioni anche grazie a una gestione dell’immigrazione relativamente aperta, funzionale ad ampliare la base occupazionale; sulle imprese, accompagnate nella transizione climatica; e sull’agenda sociale, dal salario minimo all’occupazione femminile, rivendicata come parte integrante della modernizzazione economica. La crescita spagnola appare così il frutto di una continuità politica che ha permesso alle riforme di sedimentare nel tempo.
Il risultato è che, come ha osservato Carlo Cottarelli su L’Espresso, “in Spagna l’aumento della produttività oraria — ovvero il valore economico generato in un’ora di lavoro — è stato usato in parte per aumentare il prodotto e in parte per lavorare di meno”. È un elemento centrale del racconto della crescita: la produttività consente salari più alti, maggiore competitività e conti pubblici più sostenibili. Tuttavia, questo quadro positivo convive con fragilità strutturali. La Spagna resta tra i paesi europei con il più alto tasso di disoccupazione e una parte rilevante della crescita recente è stata alimentata dall’aumento della popolazione attiva grazie all’immigrazione, concentrata soprattutto in settori a basso reddito e bassa qualifica. Un fattore che sostiene il Pil, ma che solleva interrogativi sulla qualità e sulla sostenibilità di lungo periodo del modello occupazionale.
CONSENSO IN CALO E AVANZATA DELLE DESTRE
Mentre i dati macroeconomici ancora reggono, il consenso politico del governo mostra segni evidenti di erosione. Le elezioni regionali in Estremadura hanno visto il crollo del Psoe, sceso dal quasi 40% del 2023 al 25,7%, con la perdita di dieci seggi. Il Partido Popular ha tenuto, salendo al 43,2%, ma soprattutto ha spiccato il balzo di Vox, che ha raddoppiato i consensi arrivando al 17% e conquistando undici seggi. Un risultato che rafforza l’idea, diffusa anche a sinistra, che l’immobilismo politico del premier stia contribuendo a spingere parte dell’elettorato verso l’estrema destra. Le critiche non arrivano solo dall’opposizione, ma anche dagli alleati di governo, che accusano Sánchez di sottovalutare il malcontento e di rispondere alle sconfitte elettorali con rimpasti tecnici più che con un reale cambio di linea politica.
LE OMBRE GIUDIZIARIE E LA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI
A complicare ulteriormente il quadro sono le inchieste giudiziarie che hanno colpito esponenti di primo piano del Psoe, a partire dall’ex ministro dei Trasporti José Luis Ábalos, dal suo collaboratore Koldo García Izaguirre e dal dirigente socialista Santos Cerdán, oltre all’imprenditore Víctor de Aldama. Le indagini riguardano casi di corruzione e traffico di influenze, tra cui il caso delle mascherine durante la pandemia e la rete degli idrocarburi che avrebbe versato circa un milione di euro per ottenere favori politici ed evitare 49 milioni di euro di imposte.
Tra i dossier più delicati figura quello di Plus Ultra Líneas Aéreas, una piccola compagnia aerea salvata nel 2021 dalla Sepi con 53 milioni di euro di fondi pubblici, che secondo le indagini sarebbero stati utilizzati non per fini industriali ma per ripagare debiti verso entità riconducibili al regime venezuelano. Il filone giudiziario coinvolge anche Leire Díez, nota come “la fontanera del Psoe”, accusata di aver tentato di condizionare indagini della Guardia Civil e arrestata per appalti truccati e sovvenzioni illecite.
Sebbene Sánchez non sia direttamente coinvolto, l’immagine di un partito sotto assedio giudiziario indebolisce la sua leadership e rende più fragile il capitale politico costruito fino ad oggi. La partita decisiva, allora, per il premier spagnolo e’ tutta qui: non solo continuare a crescere, ma farlo senza spezzare la fiducia nelle istituzioni.


