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Meta chiude le news, qual è la situazione in Italia?
Lo stop dalla big tech di Zuckerberg alla sezione news colpisce anche Australia e Usa dopo Germania, Francia e Regno Unito
Le news di Facebook non funzionano. Zuckerberg lo ha capito e sta chiudendo la sezione anche in Australia e Stati Uniti. Una mossa già avanzata nel Regno Unito, in Francia e in Germania che inevitabilmente sta creando reazioni anche nel nostro Paese, oltre che dubbi sulle ragioni alla base.
NIENTE PIU’ NEWS DI FACEBOOK IN AUSTRALIA E USA
Una delle principali riguarda la poca utenza: meno del 3% attinge alle notizie selezionate dalla big tech di Zuckerberg e quindi basta news. L’anno scorso, l’addio era stato formalizzato a Londra, Parigi e Berlino, adesso anche a Canberra e Washington.
“Questo fa parte di uno sforzo continuo per allineare meglio i nostri investimenti ai nostri prodotti e servizi che le persone apprezzano di più”, si legge nel comunicato del 29 febbraio scorso. “Come azienda, dobbiamo concentrare il nostro tempo e le nostre risorse su cose che le persone ci dicono che vogliono vedere di più sulla piattaforma, incluso il video in forma breve. Il numero di persone che utilizzano Facebook News in Australia e negli Stati Uniti è diminuito di oltre l’80% l’anno scorso. Sappiamo che le persone non vengono su Facebook per notizie e contenuti politici: vengono a connettersi con le persone e scoprire nuove opportunità, passioni e interessi. Come abbiamo condiviso in precedenza nel 2023, le notizie costituiscono meno del 3% di ciò che le persone di tutto il mondo vedono nel loro feed di Facebook e sono una piccola parte dell’esperienza di Facebook per la stragrande maggioranza delle persone”.
Quanto ad altri scenari dopo questa mossa, Meta ha comunicato altresì che “le modifiche che riguardano la funzione Facebook News non avranno altrimenti un impatto sui prodotti e sui servizi di Meta in questi paesi. Le persone saranno ancora in grado di visualizzare i link agli articoli di notizie su Facebook. Gli editori di notizie continueranno ad avere accesso ai loro account e pagine di Facebook, dove possono pubblicare link alle loro storie e indirizzare le persone ai loro siti web, allo stesso modo in cui può fare qualsiasi altro individuo o organizzazione. Le organizzazioni di notizie possono anche sfruttare prodotti come Reels e il nostro sistema pubblicitario per raggiungere un pubblico più ampio e guidare le persone sul loro sito web, dove mantengono il 100% delle entrate derivanti dai link in uscita su Facebook”.
Infine, “questo annuncio non influisce sui termini dei nostri attuali accordi di Facebook News con gli editori in Australia, Francia e Germania. Queste offerte sono già scadute negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Inoltre, per garantire che continuiamo a investire in prodotti e servizi che guidano il coinvolgimento degli utenti, non entreremo in nuovi accordi commerciali per i contenuti di notizie tradizionali in questi paesi e non offriremo nuovi prodotti Facebook specificamente per gli editori di notizie in futuro”.
TUTTI I DUBBI SULLA MOSSA DI META
Ci sono dei dubbi, però, riguardo questa mossa di Meta. Come raccontato da Startmag, “molti osservatori in merito restano critici, perché sebbene la società statunitense sostenga che solo il 3% degli utenti naviga quei post è altrettanto vero che i contenuti più ricondivisi riguardano casi di cronaca, politica ed economia”.
E per quanto riguarda l’Australia, ultima vittima, Terzano ricorda che “il governo di Canberra fu il capofila nel firmare una legge nel 2021 per costringere i proprietari dei social a stringere accordi con gli editori, stante dell’incredibile diffusione sulle loro piattaforme di contenuti giornalistici”.
Peraltro, quello di Meta si sta rivelando come un vero e proprio dietrofront visto che a inizio 2021il managing director per l’Australia e la Nuova Zelanda di Meta William Easton diceva che “Facebook ha rimandato gli utenti a notizie di siti d’informazione australiani 5,1 miliardi di volte, per un giro d’affari di 407 milioni di dollari australiani (316 miliardi di dollari statunitensi o 262 milioni di euro, ndr)”. Per il primo ministro australiano Antony Albanese, la mossa di Zuckerberg è “insostenibile” ed “è assolutamente critico che i media siano in grado di funzionare e di essere adeguatamente finanziati. “E’ disonesto che una compagnia possa profittare da investimenti altrui e non solo investimenti di capitale, ma del lavoro di giornalisti. E’ un’inadempienza dell’impegno assunto, per la sostenibilità dei mezzi di informazione australiani”.
LE RIPERCUSSIONI PER L’ITALIA
Reazioni, dicevamo in apertura, son arrivate anche in Italia. A fine febbraio, sempre Startmag ha raccontato la faida tra editoria e Meta sull’equo compenso per l’utilizzo on line delle pubblicazioni giornalistiche. Vale a dire, sulle conseguenze della direttiva Ue sul copyright che danneggerebbe la big tech di Menlo Park per i versamenti richiesti da Bruxelles.
Raccontando la vicenda delle news, Il Messaggero di oggi riporta tra l’altro che Meta non avrebbe aperto Facebook News in Italia bensì pensava di farlo in India e Brasile. Per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria Alberto Barachini “sembra esserci un collegamento non virtuoso con le norme che impongono alle piattaforme di compensare gli editori per la riproduzione degli articoli”. La questione, dunque, è preoccupante per il sottosegretario, in considerazione del ruolo informativo ormai acquisito dai social network. “Mi auguro che Meta torni sui propri passi”, ha aggiunto al quotidiano romano.
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