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Israele e l’annessione degli insediamenti in Cisgiordania

Israele Cisgiordania

Nathalie Tocci, direttore dell’Istituto Affari Internazionali, illustra le conseguenze della possibile annessione da parte di Israele degli insediamenti in Cisgiordania

All’interno del governo, tra il premier Benjamin Netanyahu e il suo vice Benny Gantz, c’è la possibilità di un’annessione. Quindi, si dice che il governo a partire dal 1° luglio possa annettere parte della Cisgiordania. La scadenza non era il 1° luglio: era a partire da quel giorno. L’arco temporale di cui stiamo parlando, politicamente, è dal 1° luglio al 3 novembre, perché la finestra di opportunità politica è fino alle elezioni americane. Sappiamo che è questa Amministrazione statunitense che appoggia l’idea di una parziale annessione della Cisgiordania. Quello che succederà dopo il 3 novembre nessuno lo sa. Quindi, politicamente questa è la finestra. L’annessione potrebbe accadere come potrebbe non accadere. La riflessione è se questo è significativo, da quale punto di vista e perché. Legalmente, è molto significativo. Non è semplicemente l’annessione ad essere una violazione del diritto internazionale, perché già c’è una costante violazione del diritto internazionale, in particolar modo del diritto umanitario internazionale, quindi le Convenzioni di Ginevra e le leggi sull’occupazione. Sappiamo che Israele viola queste leggi nel modo in cui conduce la sua occupazione della Cisgiordania e di “casa”. L’annessione crea un altro tipo di violazione, ovvero l’acquisizione di territorio attraverso l’utilizzo della forza, che è un passo ulteriore nella violazione del diritto internazionale. Legalmente è significativa, non perché le violazioni non esistessero prima, ma perché è come se si fosse scalato di marcia. Politicamente, invece, è più o meno significativa. Non è significativa se vediamo l’annessione come qualcosa che peggiora la situazione, perché già va tutto male da molti anni. Man mano che si è andati avanti negli anni e nei decenni, la matrice di occupazione di Israele si è andata infittendo sempre più e le violazioni dei diritti umani, del diritto internazionale e umanitario sono andati acuendosi nel corso degli anni. L’annessione è semplicemente un passaggio in questo processo, che è, quindi, significativo fino a un certo punto: le cose già vanno male. La non annessione non è necessariamente la conferma che le cose vadano bene. Al contrario, è politicamente significativa perché si trova in uno spettro di violazioni crescenti nei territori occupati. L’annessione potrebbe essere un passaggio che rende più possibile il trasferimento e l’espulsione di popolazioni, un rischio che l’annessione potrebbe facilitare. Quindi, è molto significativo sia legalmente sia politicamente.

IL RUOLO DELLA GIORDANIA

Si potrebbero dire tante cose, ma mi soffermo solamente su un punto: la Giordania. Se ci dovesse essere un’annessione di parte di territori della Cisgiordania, questo vuol dire la fine dell’idea dei due Stati: Israele e Palestina. Questa annessione potrebbe riguardare il 3% della Cisgiordania o il 30%, la percentuale è irrilevante. Il punto è che questo tipo di annessione, di fatto, elimina la possibilità dei due Stati. Eliminando questa possibilità si crea una minaccia esistenziale per la Giordania, perché in Giordania la maggioranza della popolazione sono rifugiati palestinesi e, eliminando la possibilità di uno Stato palestinese – perciò attuando il “vecchio piano” di Israele – la Giordania potrebbe diventare la Palestina e questo vuol dire la fine del regno Hashemita. Si può dire che quello che si potrebbe scatenare in Medio Oriente dopo l’annessione sia una minaccia esistenziale, ma la vera minaccia esistenziale riguarda la Giordania.

TRUMP VS BIDEN IN ISRAELE

Il dibattito sull’annessione in Israele non è qualcosa di nuovo. È però qualcosa che è stato reso possibile nella sua fattibilità, perché per la prima volta nella storia esiste un’Amministrazione statunitense che accetta, anzi supporta, l’idea di una parziale annessione. Era prevista all’interno del famoso “piano Trump” per Israele e Palestina ed è questo che l’ha resa una possibilità concreta. Come dicevo prima, è una possibilità concreta che si può materializzare soltanto da qui a novembre. Nell’ipotesi di una riconferma di Trump – poco probabile data la situazione della pandemia e le sue conseguenze negli Stati Uniti -, qualora non ci fosse un’annessione da adesso a novembre, si allungherebbe l’arco temporale in cui potrebbe avvenire e, mi sentirei di dire, diverrebbe una quasi certezza. Se ci dovesse essere un’Amministrazione Biden, i giochi cambierebbero completamente. Un’Amministrazione Biden non accetterebbe mai l’annessione, e Israele sarebbe mesa di fronte a costi reali, non soltanto da parte degli europei, ma anche degli Stati Uniti. Quindi, il calcolo politico interno israeliano, quello che determinerà se quest’annessione avverrà o meno, cambierebbe. Per questo dico che tanto più diventa possibile, se non probabile, l’ipotesi di un’amministrazione Biden, tanto più Israele compirà l’annessione da qui a novembre. Non aspetterà più tardi, perché dopo diventerà un rischio.

TRE PIANI DI INTERVENTO

Credo che quello che noi europei dobbiamo fare non deve prescindere da quello che pensiamo sia l’impatto su Israele. Quello che dobbiamo fare come europei deve essere il riflesso di chi siamo e di quello che crediamo riguardo la regione. Le possibili mosse sono in tre categorie diverse. Si ha la classica mossa in risposta di un’annessione, che abbiamo visto nel caso della Crimea: le sanzioni. Il caso della Crimea conferma il fatto che quando vogliamo sappiamo imporre sanzioni non soltanto a Paesi piccoli, insignificanti e deboli, ma anche a Paesi abbastanza significanti e strategici per l’Europa. È una possibilità che ad oggi sembra remota, ma poi sono le circostanze che rendono qualcosa di impossibile possibile. Nel caso della Crimea c’era stato l’abbattimento del volo RH17 della Malaysia Airlines che ha reso tutto d’un tratto possibile l’impossibile. In questo caso, le circostanze specifiche dell’annessione potrebbero rendere delle circostanze restrittive come le sanzioni, che ad oggi sembrano improbabili, probabili se non possibili.

La seconda categoria di azione è più sul piano politico. Ci potrebbe essere una catena di riconoscimento da parte di vari Stati membri: già nove hanno riconosciuto l’esistenza dello Stato palestinese e ce ne potrebbero essere altri. A mio avviso, questo è qualcosa di poco significativo, che ci potrebbe far sentire gratificati, ma che ha poco significato politicamente. Ci potrebbe essere una sospensione degli aiuti finanziari all’Autorità nazionale palestinese. Al contrario di quanto si crede, questa, in realtà, sarebbe una “punizione” a Israele e non ai palestinesi, perché i fondi europei all’autorità palestinese hanno contribuito al radicamento dell’occupazione e pagato i costi dell’occupazione per Israele. L’idea della sospensione di aiuti finanziari, all’Autorità palestinese e non ai palestinesi, potrebbe quindi essere un’altra possibile via.

Una terza, che secondo me dovrebbe essere intrapresa a prescindere: la via legale. Ritornando sull’argomento dell’annessione significativa soltanto se vista come punto in un percorso, sappiamo che ci sono una serie di accordi di cooperazione tra l’Unione europea e Israele. Questi accordi, come qualunque accordo di cooperazione, riguardano un territorio specifico, quindi quello riconosciuto dall’Unione europea. Io interagisco con te all’interno di confini così come io li conosco. Queste forme di cooperazione, che si traducono nell’elargire benefici alla controparte, come l’eliminazione di dazi, la cooperazione in materia giudiziaria o fondi per la ricerca, devono essere un supporto che si limita al territorio di Israele stesso. Questa cosa, dalla comunità di esperti e non solo, viene definita “agenda sulla differenziazione”, ovvero differenziare il trattamento da parte dell’Unione europea tra l’Israele riconosciuta all’interno dei confini del ’67 e i territori occupati o annessi. Rinvigorire quest’agenda sulla differenziazione è un’altra possibile via che, ripeto, dovrebbe e probabilmente sarà intrapresa a prescindere se l’annessione avviene o meno.

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

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