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Nato

Nato: cosa prevede il piano di Rutte sulle spese militari (per accontentare Trump)

Il piano del segretario dell’Alleanza Atlantica: 5% sì, ma sullo sfondo c’è la mossa per provare ad accontentare tutti

Donald Trump lo vuole, e lo vuole tutto intero: il 5% del Pil in spese militari da parte degli alleati Nato. Ma per non mandare in crisi i bilanci europei, ecco il colpo di teatro di Mark Rutte, nuovo segretario generale dell’Alleanza. La sua proposta? Dividerlo in due: 3,5% per la “vecchia scuola” della difesa – carri armati, jet, missili e fanteria – e 1,5% per le nuove minacce, come cyber-attacchi, disinformazione e la resilienza delle infrastrutture civili. Una mossa che prova a tenere insieme le esigenze americane e la realtà (spesso economicamente più fragile) degli alleati europei.

Il piano è stato presentato al Consiglio Atlantico e ora inizia il tour politico. Prima tappa: il meeting informale dei ministri degli Esteri a Antalya, in Turchia, la prossima settimana. Ma il momento chiave sarà all’inizio di giugno, alla ministeriale Difesa, dove dovrebbe arrivare il primo sì ufficiale. Tutto questo per arrivare pronti al vertice dei leader Nato a fine giugno, all’Aja. La posta in gioco? Un’intesa che tenga dentro la volontà americana senza spaccare l’Europa.

TRUMP APPROVERA’?

Per ora dagli Stati Uniti fanno sapere che “bisogna arrivare al 5%”, ma non entreranno nei dettagli su come farlo. Tradotto: se l’Europa trova una formula, bene. Purché a fine corsa si raggiunga il risultato. Ma attenzione: Washington vuole concretezza, non giochi contabili.

La vera novità sta proprio lì, in quell’1,5% pensato per il futuro. Un’area ancora nebbiosa, da definire bene: cosa rientra? Quanto si può “spendere creativamente”? Molti Paesi già oggi fanno molto sul fronte della sicurezza cibernetica e della resilienza, ma queste voci non sono conteggiate nei parametri Nato, rimasti ancorati a una visione della guerra da Guerra Fredda. L’idea Rutte vuole aggiornare il software della difesa occidentale.

UN BOCCONE AMARO PER MOLTI ALLEATI

Il 3,5% “tradizionale” è già visto come un obiettivo tosto da digerire. In tanti – soprattutto i Paesi dell’Europa del Sud – storcono il naso. Aggiungere anche il secondo livello può creare più flessibilità, ma non cancella il nodo centrale: chi paga, quanto, e in quanto tempo? La timeline è ancora tutta da discutere: si parla di un percorso a 5, 10 o anche 15 anni. E su questo i negoziati si annunciano infuocati.

A rendere tutto più urgente ci pensa la realtà geopolitica: una Russia minacciosa, che secondo Berlino potrebbe essere pronta ad attaccare un Paese Nato entro 5-8 anni, e una America più distante, che vuole concentrarsi su se stessa e sull’Indo-Pacifico. In mezzo ci sta l’Europa. Il piano Rutte sembra rispondere alla logica del ‘primo passo’, il resto toccherà ai leader e agli sherpa, chiamati a districare i nodi prima del summit.

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