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Nato, il bilancio del vertice di Londra di Silvestri (Iai)

Nato

Il commento di Stefano Silvestri, direttore editoriale di AffarInternazionali e consigliere scientifico dello Iai sul vertice Nato di Londra

È una strana Nato, un po’ schizofrenica, quella che viene festeggiato a Londra dai capi di Stato e/o di governo dei suoi 29 Paesi membri (presto 30, quando anche la Spagna troverà il tempo di ratificare l’ingresso della Macedonia del Nord).

SITUAZIONE ATTUALE

Dal punto di vista militare, l’Alleanza atlantica sembra funzionare abbastanza bene. Ad esempio è già aumentata di oltre 130 miliardi di dollari la spesa complessiva per la Difesa degli alleati europei e del Canada, con nove Paesi che hanno già raggiunto l’obiettivo del 2% del Pil, e ci si aspetta che l’incremento superi i 400 miliardi entro il 2024. Per di più una quota consistente, pari a circa il 20% di tali incrementi, è destinata all’acquisto di nuove tecnologie.

È attiva una molto più stretta collaborazione per il controllo dell’Atlantico del Nord, è in atto un dispiegamento avanzato di forze alleate nelle repubbliche baltiche e in Polonia è operativa la Forza integrata alleata ad alta prontezza operativa (circa 40 mila uomini disponibili in 24/48 ore) ed è a buon punto la cosiddetta Readiness Initiative, per assicurare il supporto di 30 battaglioni corazzati, 30 navi da guerra e 30 stormi aerei, ovunque necessario, entro 30 giorni.

Contemporaneamente però i Paesi alleati non sembrano capaci di esprimere una posizione strategica comune. Anzi, si guardano tra loro con diffidenza. Quasi incredibile, ma molto indicativo del clima del momento, è stata la reazione alleata quando gli Usa hanno chiesto di approntare una missione navale comune nel Golfo, per fare fronte alle minacce iraniane. La maggior parte degli alleati ha fatto finta di niente. Anzi, la Francia ha addirittura stabilito un suo centro di comando, chiamando gli altri Paesi europei a farne parte. In altri termini, gli alleati non si fidavano delle possibili scelte americane e non volevano essere coinvolti.

IL VERTICE DI LONDRA

L’apertura dell’incontro di Londra è stata altrettanto sorprendente. Donald Trump, che in tutte le riunioni precedenti, ha soprattutto colto l’occasione per criticare gli alleati e dubitare dell’utilità della Nato, questa volta ha definito offensive le parole di Emmanuel Macron, che aveva parlato di una sorta di “morte cerebrale” dell’Alleanza, e si è lanciato in una lode della ritrovata flessibilità di questa organizzazione.

Ma la realtà è che ogni spunto è buono, anche se a volte è in contraddizione con le posizioni prese in precedenza, per criticare gli alleati. Certo non sarà stato di tutto riposo l’incontro bilaterale del presidente statunitense con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Più tranquillo sarà stato quello con il presidente del Consiglio italiano, vista la simpatia che Trump ha sempre dimostrato verso Giuseppe Conte, anche se l’Italia, come la Germania, è ben lungi dallo spendere per la difesa quanto promesso.

I NODI RUSSIA E TURCHIA

Ma i veri nodi sono altri due, e si chiamano Putin ed Erdogan. Quale strategia attuare nei confronti della Russia, tenendo conto dell’importanza strategica e della delicatezza della questione Ucraina? Cosa fare del nuovo gasdotto Nordstream 2 (appena approvato anche dalla Danimarca), che trasformerebbe la Germania nell’unico punto di accesso e distribuzione del gas russo in Europa, saltando l’Ucraina e mettendo in non piccola difficoltà anche l’Italia? Trump sembra personalmente propendere per un accordo con Putin, di tipo bilaterale, ma allo stesso tempo non vuole il nuovo gasdotto. E l’Ucraina? Anche qui c’è una iniziativa a latere, perché fra qualche giorno è previsto a Parigi un vertice tra Macron, Merkel, Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelenski.

La Turchia è in piena rivolta. Per ora tiene bloccata l’approvazione del piano alleato di rafforzamento delle Repubbliche baltiche e della Polonia, chiedendo in cambio che gli alleati definiscano come terroristi le milizie curde siriane. Vedremo che tipo di compromesso sarà possibile, se sarà possibile. Nel frattempo la Turchia ha comprato i sistemi di difesa aerea russi S-400, e ne sta adattando le prestazioni sulla base delle capacità degli aerei americani di cui dispone.

Si capisce quindi perché gli Usa hanno sospeso la fornitura dei nuovissimi F-35 alla Turchia, perché sarebbe veramente il colmo se i russi imparassero dalla Nato quali sono i loro punti di forza e di debolezza. Ma ora Erdogan parla di acquisire altri sistemi russi: come si concilia tutto questo con la possibilità di condurre operazioni comuni?

LA NATO E IL SUO FUTURO

Molto prudentemente, e opportunamente, l’Alleanza ha ridotto la portata di questo Vertice, non convocando formalmente il Consiglio, e quindi senza alcuna necessità di concordare decisioni comuni. Per cui, al di là di qualche beccatina reciproca, la Nato riesce a superare con successo la soglia dei 70, senza improvvisi scivoloni o palpitazioni.

Rimane il fatto che, anche se sembra funzionare al meglio da un punto di vista militare e burocratico (e questa è comunque una cosa positiva), la Nato non ha espresso una nuova chiara linea politica e strategica comune su nessuno dei grandi problemi che si trova ad affrontare ed in cui è impegnata, dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Cina all’Iran, dall’Ucraina alla Russia. Ciò è in parte dovuto al carattere e alle scelte del presidente Trump, ma è anche conseguenza della incredibile debolezza politica di troppi alleati europei, bloccati dalla confusione e mutevolezza delle loro politiche interne.

Ma questa non è una situazione sopportabile a lungo. Molti sperano che l’anno prossimo Trump non sia rieletto e che il nuovo presidente americano eserciti una leadership più stabile e sicura. Nulla è meno certo. Non solo Trump ha oggi molte possibilità di essere rieletto, ma non è affatto detto che un nuovo presidente democratico sarebbe più conseguente e più attento alle preoccupazioni europee.

Rimane la provocazione francese. Non tanto il fatto che la Nato sarebbe in stato di morte cerebrale, ma il fatto che gli europei debbono decidersi ad assumersi in proprio maggiori responsabilità. Che è poi anche quello che vorrebbero gli americani, anche se vorrebbero anche che degli europei più responsabili fossero anche i più fedeli esecutori della politica americana. Gli Usa vogliono dei fedeli alleati che non abbiano troppo bisogno degli Usa. Forse dovremmo accontentarli.

 

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

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