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Alexei Navalny continua a subire le torture del regime di Putin
Sta scontando una pena di 9 anni. Con il processo in corso, potrebbero diventare 30. Qui, sei cose da sapere sul più famoso oppositore al regime di Putin, e sul perché il Cremlino ha tanta paura di lui. Il post di Riccardo Pennisi (Astpenia) su Navalny
La paranoia del regime russo ha reso Navalny un collezionista di processi e pene carcerarie. Avvelenato nel 2020 da agenti di Stato, si era spostato in Germania per curare gli effetti dell’attentato, ed era stato imprigionato al ritorno: 2 anni e mezzo per violazione della sorveglianza. Subito passati a 9 per truffa ai danni degli affiliati alla sua organizzazione – reato montato ad arte dal tribunale.
Ma evidentemente Navalny spaventa anche dal carcere – non lo faceva anche Gramsci d’altronde, lasciato morire senza cure in prigione dal Fascismo? Le nuove accuse spaziano dal “creare e finanziare un’organizzazione estremista”, al “riabilitare il nazismo”, al “fondare una ong contro i diritti dei cittadini”.
IL NUOVO PROCESSO E LE NUOVE TORTURE
Per il nuovo processo, il tribunale si è spostato nella prigione di Melekhovo, 250km a est di Mosca. Un escamotage per evitare occhi indiscreti, o manifestazioni di protesta. Navalny – è importante, nei regimi che usano il codice penale a scopi politici, farsi beffe dell’imputato e mostrare che il processo può avere una e una sola conclusione – ha avuto solo 10 giorni per leggere i 196 tomi stilati dall’accusa. Nessuno conosce con precisione i reati che gli sono contestati.
Il “Campo Penale n. 2” dov’è rinchiuso Navalny non è una prigione normale, ma un istituto carcerario punitivo (anche per gli standard russi) dove si finisce in isolamento per colpe come essersi lavati il viso con la procedura sbagliata, e l’accesso alle cure mediche è impedito in vari modi. Alcuni medici e avvocati russi – caso davvero eccezionale – hanno firmato petizioni per chiedere un trattamento più umano. Invano, ovviamente. La portavoce di Navalny lamenta il tentativo di spezzare la resistenza fisica e morale del detenuto mediante una tortura prolungata a bassa intensità.
DA DOVE VIENE (POLITICAMENTE) NAVALNY
Navalny cominciò la sua carriera di oppositore in un momento in cui il regime putiniano era meno oppressivo, e la Russia ben più ricca. All’inizio degli anni ’10 cominciò a denunciare le pratiche corruttive delle aziende controllate dallo stato che con appalti pilotati rubavano denaro pubblico a palate. Aprì un blog, subito celebre, e nel 2013 si presentò candidato sindaco a Mosca, dove per pochi voti non costrinse al ballottaggio la figura scelta dal Cremlino per vincere – sarebbe stato un risultato clamoroso.
L’annessione della Crimea nel 2014 diede a Putin un sussulto di popolarità, ma Navalny resistette nonostante le intimidazioni crescenti: arresti per reati amministrativi, arresti di familiari, misure di custodia cautelare, tentativi di avvelenamento – fino all’ultimo, del 2020. Centinaia di migliaia di persone protestarono allora, in decine di città, in favore di colui che da quel momento è visto dal Cremlino come il nemico pubblico numero uno.