Il partito dell’eurodeputato ed ex presidente catalano Carles Puigdemont “Junts” ha deciso di interrompere il sostegno al governo di Sanchez e passare all’opposizione
Il partito di Carles Puigdemont “Junts per Catalunya” rompe il patto del 2023 con il governo di Pedro Sánchez. I 6.300 militanti del partito indipendentista hanno avallato la decisione con una partecipazione del 66% e un 87% di sì in un referendum telematico.
Alla base della rottura di un’alleanza che ha sempre scricchiolato, le tensioni legate a promesse mai mantenute. Il governo Sanchez ora potrebbe vacillare, la maggioranza non è solida e il segretario del Psoe ( Partito Socialista Operaio Spagnolo) rischia la tenuta del terzo mandato. La legge di bilancio è definitivamente archiviata.
LE RAGIONI DELLA ROTTURA E LE PROMESSE NON MANTENUTE
Fra le ragioni che hanno portato alla rottura figurano tutta una serie di promesse non mantenute da parte del governo spagnolo tra cui: la non ufficializzazione della lingua catalana in Europa, il trasferimento delle competenze alla Catalogna in materia di immigrazione e la mancata attuazione dell’amnistia per Puigdemont, ancora sotto ordine di arresto in Spagna. Ma l’alleanza con il governo sin dall’inizio non è mai stata idilliaca, come dimostra il voto del partito di Puigdemont contro la riduzione della giornata lavorativa da 40 a 37 ore e mezza alla settimana.
SANCHEZ HA UN PROBLEMA
Il ritiro del sostegno da parte dei 7 deputati della forza catalanista rappresenta una seria minaccia per il governo di Sánchez, che già da mesi è alle prese con un Parlamento sempre più diviso. Come ha ricordato il leader di Junts, senza il loro appoggio “il governo spagnolo non potrà ricorrere alla maggioranza, non avrà legge di bilancio, non avrà possibilità di governare”.
I deputati di Junts sono decisivi per la debole maggioranza delle forze nazionaliste basche e catalane che sostiene il governo progressista di coalizione minoritario Psoe-Sumar, che in questo modo rischia il terzo mandato, anche se Sanchez ha più volte ribadito la sua volontà di arrivare alla fine della naturale legislatura del 2027. Ora per Sanchez si prospetta un autunno caldo: oltre alla ricerca di approvazione per la legge di bilancio 2026 deve affrontare il caso “Koldo” che vede il suo governo in prima linea.
CASO KOLDO
Santos Cerdán, l’ex numero tre del Partito socialista spagnolo di Pedro Sánchez è accusato di essere coinvolto in una rete di appalti pubblici truccati in cambio di tangenti insieme all’ex ministro ai Trasporti, José Luis Ábalos e il suo ex consulente Koldo García, è indagato per associazione a delinquere, corruzione e traffico di influenze.
Venerd’ in Senato, dove i popolari hanno la maggioranza, Sanchez è stato sentito 5 ore da una commissione di inchiesta sul finanziamento ai socialisti. Il premier ha accusato il Partito popolare (Pp) di aver trasformato la commissione d’inchiesta del Senato sul “caso Koldo” in un “circo” e in una “macchina del fango”.
GLI SCENARI POSSIBILI
A meno che non venga votata la sfiducia, il governo di Sánchez avrebbe la forza di continuare fino al 2027 anche senza maggioranza. Quella che si prefigura è però una situazione di assoluto stallo. Come ha già detto Puigdemont, la legge finanziaria, che aveva poche chance di essere approvata, ora è del tutto archiviata.
È dal 2022 che Pedro Sánchez non è in grado di far approvare una legge di bilancio. Il portavoce della direzione del Psoe Montse Mínguez ha spiegato che c’è “dialogo, disponibilità e negoziazione”. Junts chiude e risponde che non negozia più ma ha votato a favore di una legge del governo per introdurre l’obbligo per i call center di offrire informazioni in tutte le quattro lingue.

