Un attacco frontale del presidente Usa al prestigioso ateneo americano. Nel mirino gli studenti stranieri
Donald Trump ci è ricascato. Questa volta il presidente Usa ha messo nel mirino l’università più prestigiosa d’America, Harvard, con un attacco che sembra più uno show televisivo che una misura politica. “Vogliamo sapere chi sono gli studenti stranieri. È una richiesta ragionevole visto che diamo a Harvard miliardi di dollari”, ha tuonato su Truth Social. Un’accusa a effetto, in pieno stile Trump, ma che si inserisce in una strategia ben precisa: colpire simbolicamente – e materialmente – uno dei bastioni dell’élite liberal americana.
IL CONTO SALATO: PER HARVARD 2,4 MILIARDI GIA’ BRUCIATI
Dietro lo scontro ideologico o meno c’è però un conto salato. Secondo un’inchiesta di Nature, Harvard ha già perso quasi mille borse di studio e oltre 2,4 miliardi di dollari in finanziamenti pubblici. Il taglio più pesante è arrivato dal National Institutes of Health (NIH), con più di 600 sovvenzioni cancellate per un valore di 2,2 miliardi. Segue il Dipartimento della Difesa, che ha stralciato 56 progetti per 105 milioni, e la National Science Foundation, che ha bloccato altri 193. Tra i progetti fermati ci sono ricerche in salute pubblica, quantistica e intelligenza artificiale: proprio quelle su cui la stessa amministrazione Trump dice di voler puntare.
GLI STUDENTI STRANIERI NEL MIRINO
Il casus belli, stavolta, sono gli studenti stranieri che per Trump rappresentano un “mistero da svelare”. Con il 31% degli iscritti provenienti dall’estero, Harvard è vista come una “porta d’ingresso” per interessi non sempre allineati a quelli americani. Trump e i suoi uomini di fiducia – incluso il segretario di Stato Marco Rubio – hanno chiesto i nomi e i Paesi di provenienza. L’obiettivo è chiaro: stringere i visti e scoraggiare le iscrizioni, ma per Harvard – e per il sistema universitario americano – questa sarebbe una mazzata.
E mentre Harvard si lecca le ferite, Trump vola a West Point per lodare i “modelli” dell’esercito americano. “Con me le forze armate sono tornate a difendere la bandiera” ha detto tra gli applausi. Un endorsement totale ai cadetti – giovani bianchi, disciplinati e patriottici – contrapposto alla “decadenza” delle università liberal, viste come roccaforti del pensiero woke e dell’immigrazione incontrollata. Potrebbe essere questa la versione 2.0 del Make America Great Again: meno Silicon Valley, più marines?
L’ALLARME DEGLI ATENEI E DELLA COMUNITA’ SCIENTIFICA
Ma la guerra a Harvard non è solo un affare interno. “Siamo molto preoccupati”, ha detto la rettrice della Statale di Milano, Marina Brambilla. “Senza scienza non c’è progresso, e le università devono restare luoghi di scambio”. Anche il Wall Street Journal, tutt’altro che tenero con l’establishment progressista, ha lanciato l’allarme: l’esclusione degli studenti stranieri e il blocco dei fondi danneggeranno la competitività americana. Basti pensare che due terzi delle principali aziende di AI negli Usa sono state fondate da immigrati, e oltre metà delle startup miliardarie ha origini internazionali.
Il presidente americano in questa parte iniziale della sua seconda amministrazione ci ha abituato a continui coli di scena e stop and go. Anche in questo caso, non si escludono retromarce e toni più morbidi in futuro. Di sicuro, anche per Harvard, non è finita qui.