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Presidenziali Usa 2020, partita la campagna di Bloomberg anti-Trump

Bloomberg

Michael Bloomberg ha ufficializzato la sua candidatura nelle fila dei democratici per correre alle elezioni presidenziali che si terranno a novembre del 2020. Il magnate può essere un avversario forte contro Trump? L’articolo di Marta Annalisa Savino

PERCHÈ HA DECISO DI GAREGGIARE?

I’m running for president to defeat Donald Trump and rebuild America. We cannot afford four more years of President Trump’s reckless and unethical actions” (“Mi candido alla carica di Presidente per battere Donald Trump e ricostruire l’America. Non possiamo tollerare per altri quattro anni le azioni sconsiderate e non etiche del Presidente Trump”): Bloomberg ha comunicato così il lancio della sua campagna elettorale il 24 novembre. È chiara, quindi, la volontà di porsi in funzione anti-Trump in merito al tema della violenza armata, del cambiamento climatico, delle industrie e, in generale, al fine di battere l’attuale Presidente perché “rappresenta un pericolo per il nostro Paese e i nostri valori”. In passato aveva già considerato di candidarsi, salvo poi ritirarsi svariate volte prima dell’annuncio ufficiale. La decisione è stata enunciata prima di trasmettere una settimana di spot televisivi – costati almeno 20 milioni di dollari – programmati in oltre venti Stati americani. Bloomberg non considera nessuno dei democratici abbastanza forte da vincere contro Trump. Potrebbe intercettare i consensi derivanti dall’elettorato moderato in cerca di una figura alternativa e credibile al candidato democratico Joe Biden, coinvolto nello scandalo su un presunto abuso di potere sul quale Trump chiese all’ucraino Zelensky di indagare – che poi ha dato origine alla procedura d’impeachment proprio nei confronti del Presidente USA. Tuttavia per il momento i sondaggi lo danno al 3% contro il 28% di Biden.

IL PROFILO

È uno degli uomini più ricchi d’America, con un patrimonio stimato di circa 55 miliardi di dollari. Un 77enne che ha costruito il suo successo fondando insieme ad altri partner, nel 1981, l’omonima multinazionale che è attiva nel settore dei mass media e fornisce software per l’analisi di dati finanziari – solo nel 2018 la Bloomberg L.P. ha registrato un fatturato di 10 miliardi di dollari. Bloomberg ha ricoperto il ruolo di Sindaco della Grande Mela dal 2002 al 2013 e durante la sua carriera politica ha cambiato più volte schieramento: nel Partito Repubblicano fino al 2007, poi indipendente e infine, nel 2018, tra le fila dei democratici. Si è dedicato ad attività filantropiche, soprattutto per la lotta al riscaldamento globale e per il contrasto alla diffusione delle armi da fuoco. La sua candidatura, nonostante questi punti di vicinanza con il suo attuale partito, non è stata ben accolta dai democratici. A cominciare da Elizabeth Warren, che ha postato un gelido benvenuto su Twitter con il suo piano di “calcolatore per miliardari”, secondo cui i patrimoni netti sopra il miliardo saranno tassati al 3%. Ancora, Bernie Sanders ha commentato: “The American people are sick and tired of the power and arrogance of the billionaire class which increasingly control not only the economic life of this country, but also the political life of this country” (“Gli americani sono stufi del potere e dell’arroganza della classe miliardaria che controlla in maniera crescente non solo la vita economica di questo Paese, ma anche quella politica”).

COSA HANNO IN COMUNE BLOOMBERG E TRUMP?

Partiamo dal dato anagrafico. I due sono quasi coetanei, dato che Trump ha 73 anni, ossia quattro anni in meno rispetto a Bloomberg. Secondariamente sono accomunati dal fatto di essere due potenti uomini d’affari che hanno creato imperi economici. Attraverso la figura di self-made men e business men hanno dato un’immagine di sé e costruito la loro popolarità dal successo delle loro attività imprenditoriali, l’uno attraverso il settore immobiliare e l’altro nel mondo dei media e della finanza. Un elemento di forza che da entrambi emerge è la volontà di enfatizzare la loro carriera e la loro personalità di fronte all’elettorato statunitense. Ci sono, però, grandi differenze su come i due hanno accumulato la ricchezza. Bloomberg rappresenta l’imprenditore oculato, mentre Trump quello spregiudicato. Si può pensare che Michael Bloomberg voglia trasferire le sue capacità di imprenditore “in piccolo” per amministrare “in grande”, candidandosi a governare un Paese come gli Stati Uniti. Seguiamo quindi gli sviluppi di questa corsa alla Presidenza, che offre di continuo spunti di analisi.

 

Articolo pubblicato su ilcaffegeopolitico.org

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