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Russia-Ucraina: quanto pesa il mancato rinnovo dell’accordo sul grano?

Putin grano

Uno schiaffo di Putin sul grano alla parte del mondo che più sostiene l’accordo: l’Africa. L’analisi di Riccardo Pennisi, Aspenia 

La decisione della Russia di rompere l’accordo sull’esportazione del grano dall’Ucraina dimostra la disperazione di Putin. Anche perché è uno schiaffo alla parte del mondo che più lo sostiene: l’Africa.

Quattro cose da sapere.

STOP ALL’ACCORDO SUL GRANO: L’EFFETTO PREZZI

La prima conseguenza sarà l’aumento dei prezzi dei generi alimentari di base, come il pane. L’inflazione in Europa – che stava rallentando – ricomincerà a correre, pesando sulle tasche delle classi medio basse. Pensa il Cremlino: queste faranno pressione sulle loro classi dirigenti per smettere di sostenere l’Ucraina e accettare i termini negoziali del Paese invasore: unica maniera, per Putin, di salvare la faccia e probabilmente anche la vita.

Ricordiamo che le forze ucraine sono in piena controffensiva, e se questa dovesse riuscire la situazione per i russi diverrebbe estremamente critica, e il fallimento dell’invasione, già evidente, si trasformerebbe in un disastro inappellabile.

PERCHE’ A PERDERE PER PRIMA E’ L’AFRICA

I Paesi africani hanno spesso sostenuto la posizione russa in questi due anni. Persino all’indomani dell’invasione, la metà degli Stati dell’Africa decise (con la sua astensione in sede ONU) di non condannarla – contro il 20% dei Paesi a livello mondiale. Non c’è solo la catena di colpi di stato coordinati in Africa centrale dai mercenari Wagner per il Cremlino: la Russia si è fatta portavoce, con successo, di un malessere anti-europeo e anti-occidentale interpretato anche dalla Cina. Sudafrica, Etiopia, Eritrea, Mali, Sudan, Namibia, Uganda, Mozambico o Algeria sono tra i Paesi che per legami storici, politici, diplomatici ed economici – ragioni spesso diverse – si collocano tra gli interlocutori più vicini alla Russia.

QUANTO VALEVA L’INTESA SUL GRANO SPEZZATA DA PUTIN

L’accordo firmato nel luglio 2022 a Istanbul, già rinnovato due volte, aveva permesso di esportare 33 milioni di tonnellate di cereali dai porti ucraini, evitando una carestia che avrebbe colpito per prima proprio l’Africa, la cui agricoltura è già devastata dal riscaldamento globale. L’Unione Africana ha espresso dunque disappunto per la decisione russa. Stati come Kenya o Burkina-Faso hanno additato il Cremlino come responsabile diretto (la Russia incolpa l’Ucraina); molti temono rivolte o disordini. Nei Paesi arabi, il pane è quasi una forma di identità culturale e sarà molto complesso rispondere alle necessità e alla rabbia delle persone; in Egitto, il 90% dei cereali proviene da Russia e Ucraina.

LE PRESSIONI DI PUTIN A USA E UE CON IL GRANO

Oltre che fare pressione sulle opinioni pubbliche occidentali, si pensa che Putin voglia usare l’emergenza alimentare nei Paesi africani per fare pressione su USA e Europa, spingendole ad abolire le sanzioni economiche contro la Russia. In seconda battuta, per favorire gli esportatori russi (liberi di vendere all’estero per altri canali) ai danni di quelli ucraini. I rappresentanti dei Paesi africani riuniti in Russia un mese fa avevano chiesto al Cremlino di non rompere l’accordo, ma non sono stati ascoltati. Non preoccupatevi, ha risposto “Putin: se proprio vi serve, il grano ve lo do io gratis”. Si vedrà.

 

– Leggi anche: Perché Putin non andrà in Sudafrica al meeting dei Brics?

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