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Rider, da autonomi a dipendenti. Le novità dell’intervento che vuole Bruxelles

Rider Dipendenti

L’Ue vorrebbe regolarizzare la posizione di 4,1 milioni di occupati nella gig economy, i cosiddetti rider, che potrebbero diventare dipendenti a tutti gli effetti

Siamo ormai una società fondata sui rider: ce ne siamo accorti soprattutto durante la pandemia, quando non si poteva uscire e li si mandava a fare compere. Una pubblicità di una delle aziende del settore ben delinea il quadro, mostrando come portino a casa tutto: dalla spesa al pranzo, fino ad arrivare ai preservativi, nel caso in cui la serata volga con un fuoriprogramma piacevole e inatteso. Cosa faremmo, insomma, senza di loro?

I RIDER DIVENTERANNO DIPENDENTI?

La Commissione europea ha annunciato un progetto di regolamento per gli impiegati nella gig economy che lavorano in contesti di saltuarietà (o così almeno hanno sempre sostenuto i loro datori, per giustificare la loro posizione) e che, tranne rare eccezioni, non godono di particolari tutele contrattuali. Prima di diventare una legge da adottare in tutti i 27 Paesi dell’Ue, tuttavia, il testo dovrà ottenere l’approvazione degli Stati membri dell’Unione e del Parlamento europeo: potrebbero volerci anni.

Secondo le stime della Commissione, le regole proposte si applicheranno a un massimo di 4,1 milioni di occupati nella gig economy, che verranno riclassificati. In totale, sono circa 28 milioni i lavoratori nel settore in tutta l’Unione europea.

Durante la conferenza stampa, il commissario europeo per l’Occupazione Nicholas Schmidt ha garantito che “nessuno sta cercando di uccidere, fermare od ostacolare lo sviluppo dell’economia delle piattaforme”. Sono tuttavia necessarie delle regole, ha spiegato, per garantire che questi i modelli di business sviluppatisi grazie alle nuove tecnologie rispettino “gli standard lavorativi e sociali che sono stati istituiti nell’Unione europea”.

COSA CAMBIA PER I RIDER?

Reuters ha parlato di questa proposta come dell’ultimo tentativo di Bruxelles per regolamentare le aziende tecnologiche e per garantire parità di condizioni tra queste nuove realtà e le aziende tradizionali. Se passasse il disegno di regolamento, i rider dovranno passare da lavoratori autonomi a dipendenti. Ciò significherà che i datori di lavoro dovranno garantire loro uno stipendio minimo, ferie pagate e contributi pensionistici.

La norma si rivolge a tutte quelle piattaforme che monitorano la performance di corrieri o conducenti attraverso mezzi elettronici, che limitano la possibilità di scelta degli orari di lavoro o che gli impediscono di lavorare anche per terze parti. Le app di trasporto con autista (ride-hailing), di consegna cibo (food delivery) e simili dovranno poi garantire maggiore trasparenza sull’utilizzo degli algoritmi per il monitoraggio e la valutazione dei lavoratori. Inoltre la direttiva propone di spostare dai corrieri alle aziende l’onere di dimostrare – nel caso in cui dovessero aprirsi delle controversie – se un lavoratore sia un dipendente o se sia autonomo.

CHI SI OPPONE E CHI NO ALL’ASSUNZIONE DEI RIDER

Jitse Groen, amministratore delegato di Just Eat – la più grande società europea di consegna pasti a domicilio – ha detto di accogliere favorevolmente la proposta europea. Opposta è invece la posizione di Delivery Platforms Europe – un gruppo di lobbying di cui fanno parte Uber, Deliveroo e Glovo, tra gli altri -, secondo cui la direttiva potrebbe provocare la perdita di molti posti di lavoro tra rider e conducenti.

LE CRITICHE DEL SINDACATO FNV

Il sindacato olandese FNV, che ha vinto alcune cause legali contro Uber e Deliveroo proprio sulla questione del trattamento degli occupati, ha fatto notare come le regole europee prevedano, per le aziende, cinque criteri per valutare se i loro driver siano lavoratori autonomi o dipendenti.

Si tratta di una scelta “ingenua”, secondo l’FNV: le piattaforme potranno aggirare quei criteri in modo da dimostrare la cosa per loro più conveniente. “Il loro intero modello di business”, afferma il sindacato, consiste nell’”evitare i costi di occupazione”.

COSA CAMBIA PER I CONSUMATORI

È probabile che, per i consumatori finali, l’aumento delle tutele per i lavoratori della gig economy possa tradursi in un piccolo aumento dei costi dei servizi. L’aggiornamento delle condizioni di lavoro porterà agli occupati nella gig economy un aumento delle entrate fino a 1800 euro all’anno. I costi per le aziende dovrebbero salire invece di circa 4,5 miliardi, mentre gli stati – grazie alla corretta classificazione di questi lavoratori – vedranno crescere i propri introiti fiscali per “quasi 4 miliardi ogni anno”, scrive Repubblica.

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