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Russia, Covid-19 blocca la crescita economica

Putin Sanzioni Russia

L’emergenza Covid-19 e la conseguente crisi dei prezzi petroliferi hanno colpito duramente l’economia della Russia. L’approfondimento di Arianna Muro Pes per il Caffè geopolitico

Quello che, secondo Putin, doveva essere un anno di svolta per la Russia, soprattutto per la crescita economica, è stato bloccato dalla crisi della Covid-19 con la conseguente crisi del petrolio e la svalutazione del rublo, fatti che pongono il Paese in una grave situazione da cui sarà difficile uscire nel breve periodo. Il rinvio del referendum per le riforme costituzionali e il rallentamento dei progetti per il rilancio degli investimenti in diversi settori, come infrastrutture, sanità e ambiente, già precedente alla pandemia, mostrano come la Russia non sia stata risparmiata dalla crisi mondiale, contribuendo, peraltro, a una forte erosione del consenso nei confronti di Putin. Sicuramente l’economia russa si è trovata maggiormente preparata rispetto al passato: dal 2014, a causa delle sanzioni degli USA e dell’UE per la questione Crimea, Mosca ha avviato una strategia d’import substitution con l’aumento degli investimenti interni per ridurre la dipendenza dai mercati internazionali. Nonostante ciò la Covid-19 ha comportato la chiusura forzata di molte attività, ma soprattutto ha visto la forte riduzione dell’esportazione di petrolio. In tal senso Mosca resta estremamente legata all’export d’idrocarburi, rappresentando questi le principali entrate per il bilancio dello Stato. La Russia, che probabilmente non si aspettava un crollo dei prezzi ai minimi storici, è stata costretta a dover accordare una riduzione della produzione con i Paesi dell’OPEC.

LA RUSSIA SCHIAVA DELL’ORO NERO

Attualmente sono in corso le discussioni all’interno dell’OPEC+, di cui la Russia rappresenta il principale produttore, sul mantenimento dei tagli stabiliti lo scorso aprile alla produzione di petrolio fino alla fine del 2020. Nonostante l’accordo preveda un taglio senza precedenti, con una produzione scesa a 9,43 milioni di barili al giorno, non sembra che finora sia stato particolarmente efficace. Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, gli effetti tenderanno a manifestarsi solo nel tempo e tale accordo avrebbe quanto meno evitato il crollo totale dei mercati energetici. In ogni caso la guerra dei prezzi dovuta al calo dei consumi causato dal coronavirus non fa che evidenziare i rischi della sovrapproduzione di greggio per un’economia totalmente dipendente dalla sua esportazione. Oltre alla ricerca di necessarie risposte a breve termine, la Russia non ha alternativa se non quella di pianificare una diversificazione delle entrate rispetto al petrolio. Mosca dovrebbe riuscire a svincolarsi da una risorsa che oggi più di prima rappresenta una fonte d’instabilità per un Paese che vuole competere strategicamente con i big del mondo, ma con un’economia attuale che non permette la realizzazione di tale aspirazione.

UNA CRISI A SCAPITO DEI POVERI

Nonostante la Russia sia il terzo Paese più colpito da Covid-19, con oltre 500mila contagiati, si è iniziato ad allentare il lockdown per favorire la ripartenza economica. Inoltre le misure annunciate da Putin l’11 maggio scorso prevedono sussidi diretti alle imprese e alle famiglie, oltre a sostegni per la disoccupazione. Il Governo avrebbe anche iniziato a lavorare al disegno di un piano nazionale di ripresa a lungo termine.

Al momento, però, il sensibile aumento della disoccupazione mostra una situazione interna molto provata, con una possibile riduzione del 5,5% del PIL entro la fine del 2020. La strategia del Governo per tornare a essere un attore influente sulla scena internazionale, espressa peraltro in questo periodo dai copiosi aiuti a molti Paesi colpiti dalla pandemia, sembra non coincidere con la forte necessità di denaro per rilanciare l’economia interna. Mosca rischia di restare nuovamente intrappolata nella stagnazione economica. Il coronavirus pone quindi il Paese di fronte a un bivio:continuare a investire poco e mantenere l’economia fortemente centralizzata, preoccupandosi più del ruolo che la Russia vuole nel mondo, oppure dare avvio a una strategia di crescita economica, con investimenti nell’innovazione e nella ricerca tecnologica, aumento della competizione dei mercati e soprattutto la diversificazione delle entrate, recuperando la sua credibilità interna.

 

Articolo pubblicato su ilcaffegeopolitico.net

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