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Russia, Putin tra emergenza Covid-19 e riforma costituzionale
L’analisi di Paolo Calzini, Senior Associate Fellow della Johns Hopkins University Bologna Center, per Affarinternazionali su Putin diviso tra popolarità e legittimità
Ai vertici del Cremlino da oltre un ventennio, avendo al suo attivo la restaurazione della potenza e del prestigio della Russia post-sovietica, il presidente Vladimir Putin si conferma a tutti gli effetti nel ruolo di garante della continuità del sistema di potere post sovietico. Un sistema che fa riferimento ai valori tradizionalmente radicati nella coscienza nazionale russa della sicurezza e della stabilità, fondato su una leadership tutt’oggi incontrastata.
Putin è l’uomo forte del momento per antonomasia, a cui affidarsi per affrontare con risolutezza lo stato di emergenza dovuto alla diffusione del coronavirus, epidemia imprevedibile nelle sue conseguenze, che è venuta a coincidere con il processo di riforma costituzionale in corso, che dovrebbe portare a una razionalizzazione – da tempo evocata e auspicata – delle strutture dello Stato.
In primo luogo – e questo ne costituisce l’aspetto più eclatante -, la riforma pone le premesse per un eventuale prolungamento del mandato presidenziale oltre la scadenza del 2024. Quale possa essere l’esito dell’operazione di contenimento del virus, delegandone l’attuazione secondo la formula generalista alle autorità regionali, in un territorio di enorme estensione e varietà di condizioni come la Russia, è difficile prevedere.
LEADERSHIP DI PUTIN
Di fronte a un evento potenzialmente dirompente, cui è evidente la natura particolarmente complessa e insidiosa, Putin si trova a dover dare ancora una volta prova della sua conclamata capacità di leadership. Una leadership che ha potuto contare in tutti questi anni sulla sua popolarità a livello personale, assai più che sulla legittimità del sistema di potere. Fattori ambedue essenziali nella gestione della cosa pubblica e la cui combinazione è andata progressivamente incrinandosi nell’ultimo periodo.
Il grado di popolarità di cui il leader del Cremlino continua a usufruire, nonostante un diffuso peggioramento delle condizioni di vita dovuto alla stagnazione dell’economia, è degno di nota. Ridimensionata l’euforia patriottica suscitata dai successi a livello internazionale, culminati nel forzato ricongiungimento con la Crimea, l’azione di governo è rivolta alla soluzione dei problemi interni.
L’esigenza di assicurarsi che il processo di rinnovamento del quadro istituzionale venga portato avanti in modo pacifico è al centro delle preoccupazioni delle élite e della cittadinanza. La società russa, oggetto di una sistematica campagna di de-politicizzazione, impegnata com’è nelle incombenze quotidiane, aderisce o comunque si adegua per consuetudine e spirito di gruppo alla situazione. Il timore che fenomeni di turbolenza possano scuotere l’ordine stabilito – condizione irrinunciabile per assicurare la convivenza civile – è un atteggiamento ampiamente diffuso.
POPOLARITÀ E LEGITTIMITÀ
Per quanto forti siano i risentimenti e le manifestazioni di opposizione di una minoranza di estrazione urbana, cui si accompagna, più in generale, un calo del livello dei consensi (dal 60 al 35% negli ultimi due anni), la popolarità di Putin non appare sostanzialmente compromessa. Recenti sondaggi rivelano, a riprova della suo talento a farsi interprete del diffuso senso di comunità della società russa, che oltre la metà della popolazione non sarebbe contraria a una sua permanenza al potere alla scadenza del mandato presidenziale.
In una fase densa di incognite per il futuro della Russia, risalta in tutta la sua importanza il problema del livello di legittimità delle istituzioni dello Stato. Governo, Duma, Russia unita e partiti allineati soffrono tradizionalmente di un alto tasso di disaffezione, che tende ad aggravarsi. Il fenomeno dovuto alle carenze strutturali di un sistema di potere centralizzato e gerarchico, basato su una burocrazia inefficiente, è motivo di evidente apprensione.
MODERNIZZAZIONE E RISCHI FUTURI
“La società” – ha dichiarato Putin – “non può svilupparsi in modo sostenibile in assenza di uno Stato che funzioni”. La riforma costituzionale mira a una razionalizzazione in chiave tecnocratica delle capacità operative dell’apparato politico amministrativo ed economico. Nella convinzione che sotto la regia del leader del Cremlino e dei suoi stretti collaboratori, sostenuta da una redistribuzione di competenze a livello delle istituzioni, sia possibile promuovere la modernizzazione del paese.
La sostenibilità a medio e lungo termine di una strategia improntata all’autoritarismo, ammorbidito dal paternalismo in condizioni di stabilità, non può essere data per scontata. Eventi imprevisti di rottura sul piano internazionale o interno potrebbero tradursi in una caduta di popolarità di Putin, se non addirittura in un’uscita di scena all’interno di un contesto caratterizzato da un cronico deficit di legittimità, creando così un vuoto di potere con conseguenze imprevedibili.