Chi stabilirà i rapporti di forza e le geografie dell’Intelligenza Artificiale nei prossimi anni? Ruota intorno a questo quesito il contributo del geopolitologo e scrittore Alessandro Aresu al nuovo numero del quadrimestrale d Start Magazine (anno IX, n.3 novembre 2025-febbraio 2026), che pubblichiamo qui in estratto
Il rapporto tra intelligenza artificiale e la politica globale deve tenere conto oggi di diversi fattori.
Anzitutto, i riferimenti all’espressione “intelligenza artificiale” ormai pervadono ogni cosa. Dalla genesi dell’espressione nel 1955 da parte di John McCarthy (tecnicamente, un’invenzione di marketing per attirare i fondi per organizzare una conferenza universitaria, come ammesso dallo stesso autore all’inizio degli anni ’70) siamo ormai passati a un successo di marketing che, nelle sue proporzioni, può ormai legittimamente sconcertare.
L’ABUSO DELL’ETICHETTA “INTELLIGENZA ARTIFICIALE”
Proliferano i riferimenti a oggetti di “intelligenza artificiale”, tra cui gli spazzolini da denti, tutte le conferenze, i festival e i programmi di ricerca debbono essere di “intelligenza artificiale”, pena il loro definanziamento. Nei bar di provincia, la dichiarazione “l’ha detto l’intelligenza artificiale” spesso sostituisce frasi come “l’ha detto il giornale” o “l’ha detto la televisione”, risalenti a epoche geologiche precedenti.
LA FILIERA INDUSTRIALE DELL’IA
Al di là di questo alone di clamore e di attenzione, ciò che procede è la filiera industriale dell’intelligenza artificiale, ovvero l’economia dei data center che ho descritto tra l’altro nel mio libro “Geopolitica dell’intelligenza artificiale”, in stretto legame con la filiera allargata dei semiconduttori, nello sviluppo di quella “Legge che muove il mondo” che è la Legge di Moore, fin dal 1965 (data in cui compare l’articolo di Gordon Moore, poi co-fondatore di Intel nel 1968, sulla rivista specializzata “Electronics”).
Per comprendere gli aspetti geografici e politici di queste filiere, dobbiamo vedere quindi come si collochino nello spazio mondiale, attraverso quali dinamiche di talenti, imprese e di capitali.
L’ECOSISTEMA DEI SEMICONDUTTORI
Affinché avvenga la produzione degli oggetti che rendono possibile l’intelligenza artificiale, ovvero il contenuto delle infrastrutture di calcolo dei data center, occorre naturalmente tutto l’ecosistema dei semiconduttori. E pertanto, NVIDIA, come capo-filiera per ora indiscusso, con quote di mercato che nel segmento delle GPU restano a AMD (la quale ha invece un ruolo crescente nelle CPU rispetto al declinante campione statunitense, Intel). Nel tentativo dei clienti di ridurre la dipendenza dal sistema di NVIDIA, ha un ruolo significativo Broadcom, per realizzazione di acceleratori e di soluzioni personalizzate per i grandi clienti.
I GRANDI CLIENTI: BIG TECH E GOVERNI
Chi sono i clienti? Sono sempre le grandi aziende digitali statunitensi come Microsoft e Meta e, in misura minore, aziende cinesi. Da parte di NVIDIA, la tesi della “intelligenza artificiale sovrana”, esposta da Jensen Huang nel 2024, ha portato a un’attenzione crescente per clienti governativi, cioè – in estrema sintesi – i data center realizzati con soldi pubblici italiani, francesi, tedeschi, emiratini e così via. Nella filiera cinese, ovviamente, la questione fondamentale è il tentativo di realizzare un sistema alternativo, con capo-filiera Huawei e con diverse soluzioni personalizzate da parte di grandi clienti, come Alibaba o Bytedance.
LE INFRASTRUTTURE: I DATA CENTER
In questo mercato, dove le nuove generazioni dei prodotti di NVIDIA portano a pressioni di performance e innovazioni in tutta la filiera (si pensi alle memorie e ai vari sistemi di interconnessione), ci sono altri fattori da considerare. Tra di essi, il processo di costruzione dei data center, che coinvolge altri materiali e altre competenze. Dietro i dati sulla crescita della costruzione dei data center negli Stati Uniti, che ha ormai raggiunto quella degli spazi per uffici commerciali, ci sono attori specializzati nel real estate, nell’acquisizione dei terreni, nell’organizzazione della forza lavoro, nei rapporti con le utilities energetiche e idriche, nei sistemi di raffreddamento, nelle soluzioni di interconnessione e in tutto ciò che concretamente “serve” per il funzionamento del data center (o, per usare il gergo di Jensen Huang, della “fabbrica dell’intelligenza artificiale”).
UN TREND DA 1 TRILIONE DI DOLLARI
Allo stesso tempo, l’intelligenza artificiale è emersa come la principale tendenza che ha guidato il mercato dei semiconduttori, e quindi l’obiettivo generale dell’industria, più volte sbandierato, di giungere alla cifra di 1 trillion dollars (1.000 miliardi di dollari) nel 2030. Il mercato dell’intelligenza artificiale ha stabilito alcune scosse nei rapporti di forza.
Come si diceva, l’incentivo delle aziende cinesi a organizzare una loro filiera interna, tendenza già presente nel mercato, si è rafforzata, ma incontra ancora diverse difficoltà in alcune nicchie specifiche, come i macchinari per i processi produttivi dei semiconduttori, su cui in ogni caso la crescita cinese è in corso.
Le aziende europee tradizionali di semiconduttori, come Infineon, STM, NXP, sono state tra i perdenti del ciclo, perché non hanno un ruolo significativo nella filiera dell’intelligenza artificiale, e nell’automotive sono e saranno dipendenti dalla forza del mercato cinese, che nel mentre sviluppa i suoi giganti nelle loro nicchie di riferimento, come InnoScience sul nitruro di gallio. Le competenze europee nella chimica e nei macchinari sono però rilevanti anche in questo ciclo.
IL RUOLO DI COREA E TAIWAN
In Corea del Sud, l’investimento di SK Hynix nelle nuove generazioni di memorie ha portato quell’azienda a superare il gigante coreano per eccellenza, Samsung, nelle forniture relative al sistema di NVIDIA.
Nel ciclo dell’intelligenza artificiale, Taiwan conserva senz’altro un ruolo di primo piano. La produzione è tuttora concentrata su TSMC, così come i vari passaggi dell’assemblaggio dell’elettronica e dei server sono prerogativa di aziende taiwanesi, come si evince dai conti di Foxconn e degli altri attori della filiera. Ormai, il tentativo degli Stati Uniti in corso non è tanto quello di sostituire TSMC con Intel (visto che il divario tra le due aziende si è chiaramente allargato) ma di operare una ricollocazione della manifattura realizzata da aziende taiwanesi nel territorio degli Stati Uniti, e questo – soprattutto in Arizona e in Texas – sta effettivamente avvenendo.
TECNOLOGIE CRITICHE
Cosa è “critico” in questo percorso? Numerose liste di “tecnologie critiche” sono state compilate nel corso del tempo, dalla Repubblica Popolare Cinese, dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea. Con l’ascesa del capitalismo politico e gli scossoni ai rapporti tra Stati e mercati sulla base di un nuovo concetto di sicurezza nazionale, è naturale che queste liste vengano allargate, e che la filiera dell’intelligenza artificiale, in tutti i suoi aspetti di software e hardware, riceva una particolare attenzione in termini di sicurezza economica.
LE STARTUP
Non a caso, le stesse startup di intelligenza artificiale negli Stati Uniti proclamano la propria “criticità”, sempre in una dinamica che mischia la reale crescita dei ricavi (si pensi per esempio a Anthropic sulla programmazione) e formule di marketing più fumose (la promessa di costruire “una nazione di Einstein in un data center”), che sono legate all’esigenza per queste aziende di trovare uno spazio autonomo al di là dei giganti digitali che le finanziano. Nel caso di Google DeepMind, ciò è impossibile e non è nemmeno voluto, perché la britannica DeepMind è appunto parte del gruppo Google (poi Alphabet) dal 2014. Anche in spin-off, come Isomorphic Labs, Google continuerà a investire. La volontà di OpenAI è invece staccarsi il più possibile dalla dipendenza da Microsoft (anche attraverso Oracle e altri attori digitali statunitensi, oltre ai fondi giapponesi di SoftBank) e la volontà di Anthropic è ridurre la propria dipendenza da Amazon e da Google.
CHI DOMINERÀ LA GEOGRAFIA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE?
In tutti gli ambiti che abbiano descritto e che danno forma alla filiera, fattori essenziali sono il capitale umano, la capacità manifatturiera, il dinamismo imprenditoriale e la disponibilità di risorse finanziarie. Per questo, come ho proposto anche nel mio libro “La Cina ha vinto”, bisogna prestare particolare attenzione alla strategia cinese sulla ricerca di base, sulla ricerca applicata e sulla formazione dei talenti, e dall’altra parte valutare se il potere, per ora ineguagliato nel mondo, di attrazione dei talenti internazionali da parte del sistema degli Stati Uniti resterà intatto nel medio periodo.
Saranno questi vari fattori, nella loro interazione, a stabilire i rapporti di forza e la geografia dell’intelligenza artificiale nei prossimi anni, nella capacità di dominare non solo il ciclo dei data center ma anche gli sviluppi presenti e futuri sulle biotecnologie, la farmaceutica, la robotica e l’automazione.

