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Sette cose da sapere sul nuovo governo Sánchez

Sanchez

Pedro Sánchez premier per la terza volta in Spagna. Come si è arrivati alla fiducia confermata al leader socialista e quali accordi politici si nascondono

In Spagna il socialista Pedro Sánchez ha ottenuto la fiducia del parlamento per il suo nuovo governo. Alla base c’è un polemico accordo con il politico catalano (esule/latitante) Carles Puigdemont: amnistia per i reati connessi alla dichiarazione d’indipendenza della Catalogna.

Ecco sette cose da sapere.

Le elezioni di luglio si erano chiuse con un pareggio tra il blocco di destra e quello di sinistra. La destra credeva di stravincerle, sull’onda di un buon risultato alle amministrative: non è andata così per il voto dei giovani, delle donne, e delle regioni più autonome (Paesi Baschi e Catalogna), molto spostato a sinistra.

Nella variegata dinamica dei due blocchi, il partito più votato è stato comunque il PP (destra): per prassi costituzionale ha potuto tentare per primo di ottenere la fiducia della Camera. Non ci è riuscito.

E’ toccato poi al PSOE (sinistra) di Sánchez, insieme alla sinistra radicale, che ce la fa grazie all’accordo con partiti regionalisti-separatisti baschi e catalani. Un accordo non scontato, arrivato dopo mesi di trattative: la sua pietra angolare è l’amnistia per gli indipendentisti catalani.

Quella di Barcellona, il 27 ottobre 2017, non fu una dichiarazione unanime: soltanto poco più di metà del parlamento catalano partecipò: i partiti indipendentisti non avevano nemmeno la maggioranza dei voti (però sì dei seggi). E non ebbe alcun effetto pratico. Alcuni dei politici coinvolti andarono in carcere, altri fuggirono, come Puigdemont, riemerso a Waterloo. Madrid sospese di conseguenza il regime di autonomia catalana.

La pacificazione, oggi, fa polemica. I partiti di destra (c’è anche Vox, gli amici di Giorgia Meloni) protestano vivamente, denunciando “la fine della Spagna” e dello stato di diritto. La Fondazione FAES dell’ex premier conservatore José María Aznar ha chiamato chi può, a opporsi, con ogni mezzo. Oltre a grandi manifestazioni pacifiche, centinaia di dimostranti hanno tentato l’assalto alle sedi del PSOE e ci sono stati violenti scontri. Ma anche dei settori della magistratura hanno risposto, aprendo alcune inchieste contro indipendentisti catalani.

Anche a sinistra qualcuno ha criticato, ad esempio l’ex premier socialista Felipe González, e il suo numero due Alfonso Guerra. Entrambi sivigliani, testimoniano della tensione politica sempre attiva tra due poli fondamentali della politica spagnola: Andalusia e Catalogna. Ma gli iscritti al PSOE, consultati, hanno ratificato l’accordo all’87%; e Sánchez non ha tentennato nonostante l’enorme pressione politica e mediatica.

Hanno votato la fiducia: la sinistra radicale di Sumar e Podemos, i due partiti indipendentisti Insieme per la Catalogna (cdx) e Sinistra Repubblicana di Catalogna (csx). E poi: il Partito Nazionalista Basco, di centrodestra (autonomista), e l’altro basco Bildu (sinistra semi-indipendentista). C’è anche il Blocco Nazionalista Gallego e Coalizione Canaria. Per Sánchez a favore 179 voti. Contro, 171.

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