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Trump-Harris, le due visioni dell’America e il ruolo dell’Europa

Kamala Harris

Poca politica estera nel confronto tra i due candidati, per i giornali ha vinto la democratica ma basterà per vincere anche il 5 novembre? E servono a poco gli endorsement delle celebrity, da George Clooney o Taylor Swift, perché è andato in scena uno scontro tra due visioni opposte dell’America

Con un giorno di ritardo, visto che il dibattito a Philadelphia è andato in scena alle due del mattino, i quotidiani decidono di dare ampio spazio al confronto tra Donald Trump e Kamala Harris. E la lettura è quasi unanime. “Harris meglio di Trump” titola il Corriere della Sera mentre il Sole24Ore scrive: “la candidata dem ha la meglio nel primo confronto tv: i siti di scommesse le danno il 53% di chance. A Wall Street Trump Media cede il 15%” e la Stampa sintetizza: “Harris domina Trump”.

HA VINTO HARRIS, MA SERVIRA’ IN VISTA DEL 5 NOVEMBRE?

Quello che appare evidente è che sono venute fuori due visioni dell’America completamente diverse, quasi opposte. Quella dell’America più tradizionale e profonda evocata da Trump e quella più aperta e progressista impersonata da Harris. “La domanda a cui resta da rispondere è se, avendo evitato in questo modo il disastro, i risultati positivi nel dibattito e le qualità positive emerse saranno sufficienti a convincere gli elettori americani il 5 novembre” scrive Bill Emmott, già direttore dell’Economist e oggi firma su la Stampa.  “Non si può dissentire dal fatto che Harris ha “vinto” il dibattito, in quanto è uscita da quei 90 minuti molto più forte e più sicura di sé rispetto a Trump. Che quest’ultimo sia andato a parlare di persona ai media, nella cosiddetta “spin room”, al termine del confronto televisivo, indica che Trump ha capito di essere andato male e i giornalisti presenti avranno compreso il significato della sua decisione”.

TRUMP SIA PIU’ UMILE SOLO COSI’ PUO’ RISALIRE

“E adesso? Cosa deve fare Donald Trump per rimediare a un duello televisivo che secondo gli osservatori — repubblicani inclusi — lo ha visto perdente?” Se lo domanda Federico Rampini nel suo fondo per il Corriere della Sera. “Una risalita di Trump richiede disciplina, autocontrollo, allenamento. E un pizzico di umiltà per parlare solo delle cose che interessano gli americani, tralasciando quelle che glorificano o feriscono il suo ego” annota l’editorialista di via Solferino mentre a questo punto “A Kamala basta non scivolare di nuovo nella bolla californiana, la presunzione che le masse popolari obbediscano ciecamente agli endorsement delle celebrity, si chiamino George Clooney o Taylor Swift. Per il resto sembra avere anche lei un percorso già tracciato. Però lei ascolta i consiglieri e segue le istruzioni”.

IL VERO NODO SARA’ LA POLITICA ESTERA E IL RUOLO DELL’EUROPA

Si è parlato molto di lavoro e immigrazione, che sono i due temi principali che interessano gli americani, come ha scritto Repubblica. Non è stata la politica estera il tema dominante dello scontro fra la democratica e il repubblicano. Di Europa, Ucraina, Israele e Gaza si è parlato poco. “Visto dall’Europa, il dibattito non ha regalato particolari novità o rassicurazioni sul ruolo globale degli Stati Uniti” ha sottolineato Andrea Lavazza su Avvenire. “Trump è troppo vicino a Netanyahu per dare garanzie di pace in Medio Oriente. Harris ha chiamato Putin “dittatore” e deve ancora costruirsi una visione e una squadra per la politica internazionale”.  E per Ugo Tramballi, nella sua analisi sul Sole24Ore appare chiaro che c’è una nuova generazione all’orizzonte, quella rappresentata dalla Harris che “vuole cambiare pagina”. “Da 75 anni, cullandosi nell’idea di un continente definitivamente in pace – scrive- l’Europa ha dato la sua sicurezza in appalto agli Stati Uniti. Harris continuerebbe a svolgere questo dispendioso ruolo? E come reagirebbe se Bibi Netanyahu continuasse anche con lei, come fa con Biden, a ignorare le esortazioni americane per un compromesso con i palestinesi?”

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