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Turchia: Istanbul torna al voto, accolto il ricorso di Erdoğan

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Accolto il ricorso dell’Akp, annullato per la sola città di Istanbul l’esito delle elezioni amministrative, tenutesi il 31 marzo scorso. L’articolo del Cesi

Il 7 maggio, la Commissione Elettorale Suprema della Turchia (YSK) ha deciso di annullare per la sola città di Istanbul l’esito delle elezioni amministrative, tenutesi il 31 marzo scorso. Dalle urne era uscito vincitore Ekrem Imamoğlu, candidato dell’Alleanza Nazionale formata dal Partito Popolare Repubblicano (CHP) e dal Partito Buono (IYI), Benché per soli 14.000 voti, Imamoğlu aveva sconfitto il rivale Binali Yildrim, candidato del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) del Presidente Erdoğan, ed era già stato nominato ufficialmente sindaco. Tuttavia, a 3 settimane di distanza, l’YSK ha infine accolto il ricorso dell’AKP che denunciava irregolarità procedurali e brogli.

IMPORTANZA DI ISTANBUL

Il ribaltamento della decisione dello YSK va letta sullo sfondo dell’importanza cruciale di Istanbul per gli equilibri di potere costruiti da Erdoğan negli ultimi due decenni. Infatti, l’ascesa al potere del Presidente è iniziata proprio da Istanbul. Lì, nel corso degli anni, Erdoğan ha coltivato gran parte delle sue clientele politiche, intrecciando rapporti con il mondo degli affari e dotandosi di un formidabile serbatoio di voti.

LA PERDITA DELLA CITTÀ UNA MINACCIA PER L’AKP

D’altronde Istanbul, con i suoi 15 milioni di abitanti e circa un terzo del PIL nazionale, risulta centrale per qualsiasi forza politica ambisca a governare il Paese. Da questo punto di vista, la perdita della città ha rappresentato per l’AKP la minaccia di una progressiva perdita di sintonia con una fetta non trascurabile dei propri elettori, nonché l’impossibilità di continuare a distribuire favori e privilegi. Il valore fondamentale di Istanbul per la continuazione del progetto politico di Erdoğan ha quindi indotto l’AKP ad aumentare la pressione sull’YSK, anche al costo di intaccare ulteriormente l’immagine democratica del Paese, già messa a dura prova dalla dura repressione seguita al fallito golpe del 2016 e dalla disgregazione dell’equilibrio dei poteri disegnata dalla nuova Costituzione approvata l’anno seguente.

 

Articolo pubblicato su cesi-italia.org

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