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Meloni Trump

Tutte le domande sulla visita di Giorgia Meloni da Trump

Auspici, dubbi e preoccupazioni aleggiano intorno all’incontro della premier italiana il prossimo 17 aprile a Washington

Di cosa parleranno: dazi, Cina, armi, gas, Ucraina? Cosa chiederà il presidente Usa e cosa punta a strappare o a ottenere la premier italiana? A nome e per conto di chi interverrà: in linea con l’Ue o solo a difesa degli interessi nazionali? La stampa nazionale da giorni si interroga sulla visita della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Washington il prossimo 17 aprile, invitata – tengono a precisare dalle parti del Governo – da Donald Trump.

L’ex presidente Mario Monti, in un’editoriale sul Corriere della Sera sottolinea come “la visita della premier Meloni al presidente Trump sarà valutata in base al consenso che verrà registrato sul tema controverso dei dazi. Ma la posta in gioco è a mio parere ben più importante perché riguarda la posizione geopolitica e la scelta di civiltà dell’Italia e forse il futuro della presidenza Trump”.

COSA RISCHIA TRUMP E COSA RISCHIA MELONI. L’EDITORIALE DI MARIO MONTI SUL CORRIERE

“(…) Donald Trump e Giorgia Meloni sono amici – evidenzia il senatore a vita -. Non discutano tanto di dazi, materia sulla quale Meloni, a differenza di Trump, non ha poteri perché questi come è noto appartengono alla Commissione europea. Renda invece un servizio all’amico Donald, facendo al tempo stesso un favore a Ursula von der Leyen ed elevando così la sua credibilità di statista autorevole. Spieghi bene a Trump, lei che ai suoi occhi è attendibile, che sta rischiando di isolare gli Stati Uniti e di regalare il mondo agli autocrati, con un danno irrimediabile alla sua immagine nella storia. Gli spieghi anche, purché lei per prima ne sia convinta, che l’Unione europea non è affatto sorta per «fottere» gli Stati Uniti.

(…)  Se la premier dovesse concentrare gli sforzi su risultati immediati che non può ottenere (salvo qualche frase vaga in un comunicato); se per ingraziarsi Trump dovesse assumere una postura subordinata e non prendere in nessun modo le distanze da questo suo primo periodo di governo, rischierebbe grosso. Infatti agli occhi di molti, nel mondo e in Italia, il presidente Trump ha cominciato a dare vita ad un regime autoritario, travolgendo gli argini rappresentati dallo stato di diritto.

(…) Certo, su Trump così come sull’Unione europea sono evidenti le posizioni inconciliabili nel merito di Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini. E vero che questo non ha impedito al governo di barcamenarsi in occasione delle votazioni in Parla mento. Ma nei mesi e negli anni che ci attendono, che potranno esigere decisioni impegnative e gravi per il futuro dell’Europa e dell’Italia, in tema di difesa, di politica estera comune con o senza diritto di veto, ecc., sia gli italiani che gli altri europei avranno bisogno di sapere qual è la vera posizione, sulla quale l’Italia si impegna senza ambiguità”.

VIAGGIO “DRAMMATICO” O “IMPALPABILE”? LE VERSIONI DE LA STAMPA E DI AVVENIRE

Il direttore de La Stampa Malaguti delinea il contesto, ovvero “il fatto che Giorgia Meloni troverà a Washington un’America mai vista. Che piace sempre meno a tutti, persino a lei, ma con la quale è costretta a fare i conti, ben sapendo che, se le cose andranno bene (..) si dimenticherà di lei con lo stesso trasporto con cui la bacerà sulla guancia. Viaggio inutile, alla luce della sospensione di parte dei dazi per novanta giorni e della decisione dell’amministrazione Trump di trattare direttamente con Bruxelles e non con i singoli Paesi? Al contrario. Viaggio drammatico, in cui la premier dovrà definire una volta per tutte il posizionamento italiano. Si offre agli Stati Uniti come docile pedina sullo scacchiere del Vecchio Continente o fa l’europeista sul presupposto ovvio che non può esistere un’Italia First senza un’Europa First?”

Per Eugenio Fatigante su Avvenire invece, proprio con riferimento al “dietrofront parziale con la sospensione per 90 giorni dei super-dazi reciproci” e all’annuncio di Trump “di voler trattare con la Ue come «blocco unico» e non coi singoli stati europei”, si tratterà di “un viaggio più impalpabile, quindi. Proprio questa “leggerezza” inaspettata, tuttavia, potrebbe offrire nuovi margini alla presidente del Consiglio, che dell’abilità a costruire una narrazione superiore alla realtà ha fatto uno dei suoi punti di forza. Non c’è un livello tariffario agevolato da “strappare” in una strategia da suq, anche se va sempre ricordato che restano in vigore i primi dazi già varati (+ 10% per tutti, + 25% su acciaio, alluminio, auto e componenti). Così le basterà ottenere anche poco per poter parlare nell’immediato di «grande risultato», tipo un accenno quel vertice fra Stati Uniti e Ue che è stato un cavallo di battaglia melonIano dall’inizio di questa crisi”.

IL CONVITATO DI PIETRA: IL RAPPORTO CON LA CINA

E convitato di pietra all’incontro sarà poi il rapporto con la Cina, “indicato come vero avversario dagli States, che puntano ad arruolare i 27 nella sfida ai cinesi, e a cui forse con troppa facilità sembra invece rivolgersi ora l’Europa (vedi la visita del premier spagnolo Sanchez e il già evocato prossimo vertice Ue-Cina, mentre Von der Leyen ancora fatica a parlare direttamente con Trump).

Allo stesso tempo Giorgia Meloni potrà poi rivendicare, come del resto sta già facendo, l’attenzione accesa per prima in Italia (e questa è una lezione, invece, per il nostro centrosinistra) sulle barriere non tariffarie denunciate dal presidente Usa, cioè su quell’eccesso di regole che Trump denuncia come peso sulle aziende americane in Europa, ma che condizionano pure le nostre aziende attive nell’Ue”.

MELONI A WASHIGTON PER CONTO DELL’ITALIA O DELL’UE?

Uno dei principali interrogativi che circolano in queste ore, come a suo tempo per Macron, è se Meloni andrà a parlare “in nome” anche dell’Unione, come continua ad assicurare il vicepremier forzista Antonio Tajani. Ogni passo in tal senso sarebbe utile ad accreditarla come leader continentale”.

Scrive poi Ilario Lombardo su La Stampa: “Le telefonate con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sono continue. Perché, è vero che Meloni sta facendo circolare quale sarà il senso della missione alla Casa Bianca, sostenendo che si tratta di un bilaterale tra Italia e Usa, colmo di dossier, e che «non andrò come rappresentante dell’Unione europea», ma questa versione è anche un po’ un modo di cautelarsi di fronte all’imprevedibilità di Donald Trump”.

COSA VUOLE OTTENERE TRUMP?

Cosa vuole ottenere Trump con la strategia muscolare dei dazi? “Un’area a zero tariffe, una cooperazione a più livelli, che tenga fuori la Cina e garantisca una maggiore circolarità di prodotti e servizi americani. Questo sarà anche, domani, l’oggetto del confronto a Washington di Maros Sefcovic, il commissario al Commercio dell’Ue, lui sì con tanto di mandato ufficiale di Bruxelles a trattare”.

COSA PUO’ STRAPPARE MELONI E COSA PUO’ PROMETTERE IN CAMBIO?

“Meloni – prosegue Lombardo – sa di non aver uno spazio troppo ampio di negoziato, perché è consapevole di cosa difficilmente sarà in grado di offrire a Trump. Le linee rosse le ha fissate Von der Leyen nella sua intervista di due giorni fa al Financial Times: nessuna apertura sulla web tax e sull’Iva, tassazione sui consumi che l’americano si ostina a non concepire. Più facile invece aprire un ragionamento solido sull’energia. Trump vuole che gli europei diano una maggiore disponibilità all’acquisto del gas americano. Su questo, quasi certamente chiederà uno sforzo a Meloni, in qualità di leader di un Paese del Mediterraneo costretto a diversificare le fonti di approvvigionamento (per esempio in Algeria) per affrancarsi dalla dipendenza dalla Russia.

La premier italiana potrà far leva anche su un’altra aspettativa del repubblicano: aumentare le vendite delle auto made in Usa in Europa. Una maggiore reciprocità di ingresso è l’altro capitolo dove, secondo Palazzo Chigi, si possono fare dei passi in avanti. Infine, difficilmente Meloni si sottrarrà dal confronto con Trump sulle spese militari, vero nodo dolente per l’Italia che non ha ancora raggiunto l’obiettivo del 2%, previsto dagli accordi Nato”.

UN MERCATO SENZA TARIFFE?

La premier Meloni, argomenta infine Tommaso Ciriaco su Repubblica, “con il presidente americano spingerà al massimo sul progetto lanciato negli ultimi giorni anche da Ursula von der Leyen e Elon Musk: un’area a “dazi zero”, un mercato unico e di libero scambio tra Europa e Stati Uniti capace di rafforzare la cooperazione tra alleati. Ecco perché nelle ultime ore ha chiesto a Ursula von der Leyen di premere sul commissario al commercio Ue Maros Sefcovic, lunedì in visita nella capitale americana, affinché si spenda per avvicinare questo traguardo. […] Sono problemi che complicheranno il colloquio. Ma a pesare sarà soprattutto la richiesta americana sulle spese militari: Roma è tra i pochi partner Nato a non aver ancora raggiunto il target del 2%. La premier assicurerà che quell’asticella sarà superata entro il vertice dell’Alleanza di giugno all’Aia. E prometterà ulteriori sforzi nella prossima finanziaria, per avvicinare al massimo il 2,25%.

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