Da islamista a pragmatico, il profilo di al-Jolani che alla guida degli insorti ha dato…
Ucraina: cosa pensa Mosca della presidenza Zelensky
L’analisi di Paolo Calzini per Affarinternazionali sull’imbarazzo della Russia nei confronti della nuova leadership Zelensky di recente insediatasi a Kiev con elezioni libere e competitive
L’elezione di Volodymyr Zelensky alla presidenza con il 73% dei voti è il risultato di una performance elettorale plebiscitaria destinato ad assumere un rilievo politico e strategico che va oltre i confini dell’Ucraina. Svoltesi in un Paese cruciale nel contesto della contrapposizione tra Russia e Occidente, queste elezioni costituiscono un evento di novità nel panorama europeo.
Quali che possano essere le prospettive di successo del futuro governo ucraino nell’attuazione del suo programma, la sua evoluzione è destinata ad influire in misura significativa sul corso delle relazioni fra le grandi potenze rivali sul continente. Siamo all’inizio di una fase in cui l’Ucraina, uscita da un prolungato periodo di stasi, non mancherà di porre le grandi potenze di fronte alle proprie responsabilità, considerata la posizione nel delicato sistema degli equilibri continentali.
NUOVE COMPLESSITÀ IN UN RAPPORTO DIFFICILE
La Russia in particolare si troverà a gestire con Kiev un rapporto che, al di là delle implicazioni di natura strategica dovute alla prossimità geografica, risulta particolarmente complesso. L’Ucraina è infatti un Paese che per estensione territoriale, consistenza della popolazione, risorse industriali e agricole rappresenta l’attore di maggior rilievo nel gruppo degli Stati indipendenti non russi nati dal collasso dell’Unione sovietica. Un’entità riconosciuta pienamente sovrana dalla comunità internazionale che ha le potenzialità, se messa in grado di superare l’attuale condizione di arretratezza, di assumere il ruolo di una media potenza europea.
Nello sforzo per uscire definitivamente da una secolare condizione di soggezione all’egemonia russa basata su un intreccio di legami culturali, religiosi e economico-politici, Kiev ha di fronte a sé un compito molto impegnativo. La rottura nel 2014, per effetto della rivoluzione di Maidan, che ha portato al rovesciamento del governo vicino a Mosca e all’allineamento con Washington e Bruxelles, ha costituito un evento traumatico. Il mutamento intervenuto nei rapporti di forza nella regione ha provocato l’intervento militare russo con l’annessione della Crimea e la costituzione dell’enclave secessionista del Donbass.
I cinque anni che sono intercorsi da quella data hanno fatto dell’Ucraina, travagliata da un persistente conflitto civile tra forze governative e secessioniste, la posta cruciale dell’attuale versione della Guerra fredda. Da parte degli opposti schieramenti si sviluppa un’azione articolata su una varietà di strumenti di soft e hard power , tesa a condizionare l’atteggiamento del nuovo governo ucraino. All’azione di aperto sostegno fornita da Washington e Bruxelles fa il paio la politica di Mosca volta a tenere l’Ucraina sotto pressione. Ancorata ma non integrata all’Occidente, e sottoposta alle pesanti sollecitazioni da parte russa, il Paese si è così ritrovato allo stesso tempo nella posizione di causa e oggetto nel quadro della contrapposizione Est-Ovest .
FUORI L’ULTRANAZIONALISTA, NESSUNO SCONTO PER L’EX COMICO
L’imbarazzo della Russia impegnata in un complesso processo di adeguamento alle dinamiche internazionali, nei confronti della nuova leadership di recente insediatasi a Kiev con elezioni libere e competitive è evidente. Il rivolgimento del quadro politico ucraino provocato dalla rivolta della società ,insofferente ad uno uno status quo inquinato da una successione di amministrazioni corrotte e inefficienti riveste un rilievo simbolico. Non a caso è stato celebrato dal neo presidente Zelensky come un esempio rivolto agli Stati dello spazio post-sovietico dominati da regimi in misura più o meno pronunciata su posizioni autoritarie e incapaci di progresso. Si apre di conseguenza per l’Ucraina una prospettiva dinamica, fondata nelle intenzioni su un corso di radicali riforme che tutto porta a credere sarà segnata da contraddizioni e turbolenze, con inevitabili contraccolpi sulla conduzione dei rapporti con le grandi potenze esterne.
A questo punto si pongono per Mosca una serie di interrogativi circa le strategia da seguire per far fronte alla nuova situazione che si profila a ridosso dei propri confini nazionali. L’Ucraina torna ad essere come già in occasione delle elezioni del 2004 e 2014, ma con effetti più incisivi, considerato il mutato contesto domestico e internazionale ,un Paese e un vicino particolarmente problematico . La vittoriosa affermazione di Zelensky, l’attore passato alla politica con le perplessità che questa connotazione comporta, è un fatto compiuto .
A questo risultato corrisponde la sconfitta di Petro Poroshenko, il candidato rivale che facendosi interprete dei sentimenti più dichiaratamente antirussi di una parte della popolazione aveva portato a un grado estremo di tensione il rapporto con la Russia. A giudicare dalle prime iniziative, Mosca, obiettivamente alleggerita dell’uscita di scena dell’esponente ultranazionalista, non sembra disposta a fare concessioni sul piano politico-strategico e economico alla nuova leadership di Kiev. Quanto questo atteggiamento sia di carattere tattico per preparare un terreno favorevole nei confronti della controparte in vista di un negoziato a livello strategico è difficile dire. Tener alta la pressione , con un’iniziativa adeguata a una situazione di incertezza sembra essere per il momento l’opzione più conveniente.
I RISCHI DELLA MODERNIZZAZIONE, LE OPPORTUNITÀ DELLA NORMALIZZAZIONE
Le ragioni che spiegano questo atteggiamento sembrano chiare: se un governo ucraino si dimostrasse in grado di promuovere un effettivo rinnovamento delle strutture istituzionali del Paese, facendone un caso di riuscita modernizzazione Mosca si troverebbe di fronte a una sfida di prima grandezza. L’Ucraina verrebbe a costituire un problema destinato a influire sul piano della politica interna russa in misura anche maggiore che a livello internazionale. Anche se si tratta di una prospettiva ipotetica, è evidente il timore del Cremlino che un successo della politica di Zelensky, possa costituire la premessa di un processo di contaminazione fra gli sviluppi della situazione ucraina e quella russa .Con gravi conseguenze per l’élite dirigente ai vertici del sistema di potere che fa capo a Putin, e contraccolpi imprevedibili sugli equilibri nello spazio post-sovietico e più in generale europeo.
Le relazioni fra Russia e Ucraina, nella prospettiva di evoluzione del quadro politico interno di quest’ultima, vanno ovviamente considerate tenuto conto dell’andamento del rapporto fra i due Stati sul piano internazionale. Basti pensare al rilievo della questione del Donbass – il caso della Crimea è invece chiuso -, la cui soluzione rappresenta una condizione fondamentale per avviare una politica di normalizzazione con l’Occidente. Un capitolo a sua volta carico di interrogativi, di cui il corso delle relazioni fra Mosca e Kiev costituisce, come abbiamo sottolineato, uno degli elementi cruciali nella gestione dei rapporti fra le grandi potenze rivali nel Vecchio continente.
Articolo pubblicato su Affarinternazionali.it