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Ucraina, le sfide del neo Presidente Zelensky

Zelensky

L’analisi di Giuseppe Di Luccia per Affarinternazionali sulle sfide che attendono il neo presidente Zelensky

Roman, un ingegnere navale di un piccolo villaggio della regione della Bessarabia, racconta di quanto sia diventato difficile, per sé e per la sua famiglia, riuscire ad arrivare alla fine del mese con una paga di 300 dollari. Prima della presidenza di Petro Poroshenko la sua retribuzione mensile ammontava a 1000 dollari, una cifra elevata per quelle zone. Conclude, poi, dicendo di non essere più disposto a tollerare un governo corrotto che non si occupi delle esigenze primarie del Paese e pensa, dunque, che sia giunto il tempo di voltare pagina.

Con questa spinta emotiva di protesta, domenica 21 aprile, il popolo ucraino, con un’affluenza del 61,37% – leggermente inferiore a quella del primo turno –  ha scelto di trasformare la fiction in realtà: Volodymyr Zelensky, che nella serie tv “Servitore del popolo” interpreta il ruolo di un insegnante di storia divenuto inaspettatamente presidente dell’Ucraina, ha sconfitto al ballottaggio il presidente in carica Poroshenko, divenendo il più giovane capo di stato che il Paese abbia mai avuto.

ll ballottaggio delle elezioni presidenziali non ha, dunque, riservato colpi di scena. Zelensky, candidato favorito, vincitore al primo turno con circa il doppio dei voti del secondo classificato Poroshenko, non ha deluso le aspettative, raccogliendo, questa volta, quasi il triplo dei consensi del suo concorrente.

Quando l’attore comico ha promesso che avrebbe ridipinto l’Ucraina di verde – Zelensky significa verde in ucraino – questa volta non scherzava. Con il 73,22% dei voti, l’attore comico è arrivato molto vicino a mantenere in pieno la sua promessa, vincendo in tutti gli oblast, le regioni del Paese, fatta eccezione per il distretto occidentale di Leopoli, l’unico in cui Poroshenko ha ottenuto la maggioranza dei consensi.

I COLPI BASSI DELLO SCONTRO POLITICO

La corsa al ballottaggio si è svolta in un contesto di generale correttezza, anche se in modo inusuale. I contendenti non hanno condotto, infatti, una tradizionale campagna politica mediante manifestazioni di piazza; hanno piuttosto focalizzato l’attenzione su media, social network e manifesti affissi. Come in occasione del primo turno, anche al secondo i programmi politici sono rimasti sullo sfondo, lasciando sotto i riflettori lo scambio reciproco di accuse che non hanno risparmiato colpi sotto la cintura.

Se da un lato Zelensky ha accusato il suo avversario, “il re del cioccolato”, di essere a capo di un establishment corrotto, di essere incapace di risollevare le sorti del Paese e di essere un alcolizzato, dall’altro Poroshenko ha definito Zelensky di essere una marionetta nelle mani dell’oligarca Igor Kolomoysky, incapace di far fronte alla minaccia russa e di essere un tossicodipendente e un corrotto. Poroshenko ha tra l’altro denunciato che Zelensky non aveva incluso nella dichiarazione dei propri averi una villa con 15 stanze vicino Forte dei Marmi, zona conosciuta anche come “provincia di Mosca” per la frequentazione da parte di oligarchi russi come Oleg Deripaska e Roman Abramovich).

Nonostante questo clima di forte opposizione, secondo le conclusioni preliminari della missione di osservazione elettorale dell’Osce – l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa – le elezioni sono state competitive e si sono svolte nel rispetto delle libertà fondamentali e, sebbene ci sia stato un limitato numero di irregolarità procedurali, è stato evidente un sensibile miglioramento rispetto al primo turno. Lontane dall’inficiare l’esito delle elezioni, le violazioni più rilevanti riscontrate sono state un uso improprio delle risorse pubbliche, sia a livello nazionale che locale, un uso strumentale delle televisioni private e il voto di scambio.

Lo stesso Poroshenko ha riconosciuto la propria sconfitta in un’apparizione televisiva di circa 30 minuti, dichiarando che non ostacolerà la transizione ma che, al contrario, la faciliterà mettendo a disposizione del suo avversario i propri contatti internazionali.

LA ROADMAP DEL NEOPRESIDENTE

“Non vi deluderò” ha dichiarato Zelensky. Il suo programma, sebbene non chiaramente definito, propone riforme ambiziose. Gli obiettivi primari individuati sono: (i) la lotta alla corruzione, mediante l’imposizione del divieto di ricoprire cariche governative ai condannati per corruzione, il divieto di rilascio su cauzione per gli accusati di corruzione, l’introduzione di procedure più trasparenti per l’assunzione di funzionari governativi oltre all’aumento delle retribuzioni nonché l’istituzione della carica di procuratore speciale e di agenzie anticorruzione indipendenti dall’influenza dell’esecutivo; (ii) porre fine al conflitto nel Donbass, garantendo il rispetto degli accordi di Minsk, anche mediante  il coinvolgimento di Stati Uniti e Regno Unito, l’invio di forze per il mantenimento della pace e, in un secondo momento, chiedere alla Russia le riparazioni di guerra dopo la liberazione di Donbass e Crimea; (iii) infine, realizzare un sistema di democrazia diretta, introducendo consultazioni popolari nei processi decisionali.

Tali riforme richiedono notevole capacità e impegno, in primis nello smantellare il sistema oligarchico su cui si regge lo Stato per ricostruirne uno pienamente democratico e funzionante, con il rischio di cadere nell’ingovernabilità e in un’instabilità che richiederebbe l’intervento delle potenze mondiali la cui sicurezza sarebbe così messa a repentaglio, ovvero Unione europea – sostenuta dagli Stati Uniti – e Russia. Per questo sarà fondamentale la costituzione di una squadra di governo credibile e di reputazione cristallina.

Sebbene Zelensky non abbia alle spalle alcun partito strutturato, il tempo gioca dalla sua parte poiché la transizione politica potrà realizzarsi in pieno solo nell’ottobre prossimo, quando le elezioni parlamentari in Ucraina permetteranno di rinnovare la legislatura e muovere verso l’auspicata fase di riforme. Nel frattempo Zelensky sarà messo alla prova perché dovrà dimostrare di essere indipendente dal corrotto sistema oligarchico da lui osteggiato e in grado di tenere in mano le redini di un Paese in guerra e preoccupato per le difficili condizioni economiche.

LE TENSIONI CON MOSCA

La sfida più grande per Zelensky resta quella di guadagnarsi una posizione sulla scena internazionale che permetta all’Ucraina di continuare a ottenere aiuti da parte degli alleati occidentali e di negoziare una pace con Mosca e i separatisti filorussi, garantendo la pace e la sicurezza nel Paese. Una posizione piuttosto scomoda considerando che, nonostante la guerra, la Russia resta il maggiore partner commerciale.

Vladimir Putin, intanto, non ha perso tempo e, a tre giorni dalle elezioni, ha gettato il guanto di sfida, firmando un decreto che permetterà ai residenti nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk di ottenere il passaporto russo. Al di là del fatto che Putin non si sia congratulato con il neo-eletto presidente ucraino, la questione dei passaporti rappresenta un elemento destabilizzante in quanto pone le basi giuridiche per un eventuale intervento della Federazione russa nelle zone occupate a tutela dei suoi nuovi cittadini.

Un déjà-vu che riporta alla mente quanto avvenuto in Abkahzia e Ossezia del Sud e che delude, per ora, le aspettative di un nuovo corso nei rapporti Ucraina – Russia e, di riflesso, Occidente – Russia.

 

Articolo pubblicato su Affarinternazionali.it

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