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Ue, ora o mai più: 10 e 11 dicembre decisivi per target clima 2030

Morti Riscaldamento Globale

L’approvazione della riduzione delle emissioni del 60% entro il 2030 ha dato avvio ai negoziati che hanno come data di scadenza gli inizi di dicembre. Riusciranno gli Stati Membri e il Parlamento Europeo a trovare un accordo durante questi mesi difficili che vedono l’Europa in prima linea nella lotta contro la Covid-19? L’articolo di Moira Mastrone

RIDUZIONE DELLE EMISSIONI

Lo scorso ottobre a Bruxelles è stato approvato l’emendamento alla legge per il clima con all’interno un nuovo obiettivo. Il Parlamento Europeo ha appoggiato con forza la riduzione delle emissioni di gas serra del 60% entro il 2030. La riduzione delle emissioni fa parte delle nuove disposizioni di bilancio volte al contrasto del riscaldamento globale. Durante la votazione degli emendamenti il Parlamento europeo aveva deciso di innalzare i target per i prossimi dieci anni rispetto a quanto deciso in precedenza (che era pari al 40%).

Molti Paesi membri però si sono opposti a un taglio così netto, difatti anche in Italia alcuni partiti si sono schierati contro. Le decisioni finali devono ancora essere prese, il 10 e l’11 dicembre saranno decisivi per la questione sul target per il clima 2030. L’emendamento alla legge per il clima approvato a Bruxelles era stato proposto dal Presidente della Commissione Ambiente dell’Europarlamento, Pascal Canfin che ha ricordato che la votazione finale accadrà un giorno prima del quinto anniversario dell’Accordo di Parigi. Molti degli Stati Membri sono d’accordo che sia necessario alzare l’attuale livello di ambizione climatica sia a livello europeo che globale, ma tutti concordano anche sul fatto che hanno bisogno di più tempo, essendo anche in corso la seconda ondata della pandemia da Covid-19 che vede i Paesi impegnati a contenere i casi.

VOCE AI GIOVANI

Nella sessione di ottobre il Parlamento Europeo, oltre a discutere sul da farsi per il 2030, ha esplorato anche gli obiettivi per il 2040 legalmente vincolante e per il 2050, quando si vorrebbe raggiungere la completa eliminazione delle emissioni di CO2 dall’atmosfera. Le decisioni discusse a livello europeo sono anche il frutto di proteste e proposte guidate dai giovani, che stanno spingendo i capi di Governo a “seguire la scienza” e ridurre drasticamente le emissioni.

Questa discussione in atto a livello europeo ha dato voce ai giovani e al movimento Fridays for Future, che sono rappresentati in Parlamento da dozzine di eurodeputati. Tra gli attori che portano alcuni partiti a essere contro il taglio delle emissioni del 60% c’è anche il mondo del lavoro. Peter Liese, parlamentare tedesco facente parte del Partito popolare europeo, ha affermato che un taglio così sostanzioso delle emissioni porterà con sé un taglio anche dei posti di lavoro.

I cambiamenti climatici sono una minaccia per il mondo intero, per questo si richiederà un impegno maggiore a tutta la cittadinanza e nello specifico al settore industriale e al sistema dei trasporti. In particolare tutti gli Stati Membri dovranno impegnarsi per un massiccio aumento delle energie rinnovabili, per misure di risparmio energetico, per più severi standard sulle emissioni sia per il settore industriale che automobilistico, nonché l’ampliamento dei requisiti climatici a settori che fino ad oggi erano esenti, come quello dell’aviazione e della navigazione.

NEGOZIATI DIFFICILI

Nel vertice dello scorso anno gli Stati Membri si erano accordati sull’obiettivo del 2050, cioè la neutralità climatica, in linea con il Green Deal. Il nuovo taglio delle emissioni del 60% è considerato quindi indispensabile per rispettare l’obiettivo stabilito per il 2050. Il 23 ottobre si è riunito a Lussemburgo il Consiglio dell’Ambiente per discutere l’intera legge sul clima e iniziare i negoziati in vista di dicembre, che rischiano di essere difficili.

Tra i principali motivi di scontro tra gli eurodeputati e il Consiglio c’è la richiesta da parte del Parlamento di considerare l’obiettivo per ogni singolo Stato e non come un obiettivo complessivo di tutta l’Unione. Il timore è che non tutti gli Stati possano sostenere un taglio delle emissioni così alto, poiché ogni Stato ha un mix energetico differente. Perciò se il taglio delle emissioni fosse a livello europeo, gli Stati che sono più avanti nella decarbonizzazione trascinerebbero anche quelli più lenti, ma se questi dovessero affrontare l’obiettivo da soli quest’ultimi non riuscirebbero nell’intento, anche perché dovrebbero sostenere alti costi per la riconversione economica.

Il Consiglio Europeo ha perciò affidato le conclusioni finali alla Commissione europea, che condurrà consultazioni approfondite con i singoli Stati e valuterà le diverse situazioni per fornire così maggiori informazioni sull’impatto a livello dei singoli Stati membri in vista della votazione decisiva di dicembre.

Articolo pubblicato su ilcaffegeopolitico.net

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